Una “Mission impossible” di Anna Zoli: l’Arborea donna di Maria Grazia Brunetti
I parte
(già apparsa nel lit-blog Carte sensibili https://cartesensibili.wordpress.com/2018/08/28/questo-non-passa-anna-zoli/)
Bologna, Marzo 2018
Tutto è incominciato guardando in basso, al pavimento, invece di guardare alle pareti dove erano in mostra i quadri dei futuristi francesi. Quel pomeriggio di aprile 2013, alla Manica Lunga, lo spazio espositivo della Biblioteca Classense di Ravenna, avevo le mie buone ragioni per essere più interessata al pavimento che alla mostra, anche se ben allestita e interessante.
Sapevo che quello strano pavimento a mosaico e sassi di fiume su cui poggiavo i piedi era opera della mia cara amica mosaicista, Maria Grazia Brunetti, da poco deceduta e cercavo una targa o qualcosa che la ricordasse. Lo sapevo con certezza che era opera sua per averla vista coi suoi allievi sul cantiere dirigere le operazioni: le tessere azzurre per alludere a Ravenna città d’acqua con le sue pozzanghere attorno alle colonne e, nel mezzo, volute di sassi provenienti da tutti i fiumi d’Italia per ricordare che la città era stata in passato capitale della penisola.
Ma niente targa. Chiedo a un’inserviente che, un po’ meravigliata, si stringe nelle spalle poi, su mia insistenza, avanza l’ipotesi più probabile, che il pavimento sia opera dell’architetto fiorentino che anni prima aveva ristrutturato l’intero l’edificio. Plausibile, ma io sapevo che non era la verità.
Sento salire frustrazione e rabbia insieme. È così che nel corso dei secoli sono stati cancellati i nomi di artiste e donne importanti!
Metto in conto che la mia amica mosaicista, con l’assoluta mancanza di praticità che la distingueva, finito il lavoro, non si era preoccupata minimamente che comparisse il suo nome. Ma la struttura museale, no, quella non era scusabile – quella era tenuta a dare la giusta attribuzione all’opera.
Così decido di scrivere una lettera di protesta al direttore, facendola firmare da amici che avevano conosciuto la mosaicista, costituendo così il primo nucleo di quello che in seguito, un po’ scherzosamente, sarebbe stato chiamato il “comitato pro Brunetti (Graziella per gli amici)” Allora ancora nessuno prevedeva quanto il comitato sarebbe stato utile in futuro per una causa ancora più significativa.
Ma tornando al pavimento, il direttore risponde subito riconoscendo in pieno l’attribuzione e promettendo che avrebbe provveduto al più presto a mettere una targa.
Passa un anno. Io sto assente dall’Italia per molti mesi. Al mio ritorno gli amici mi riferiscono che tutto è come prima e niente è stato fatto.
Che fare? Scrivo un’altra lettera alla direzione e, questa volta, con mia grande sorpresa, non solo viene riconosciuta la necessità di rimediare al più presto, ma viene addirittura prospettata una data per una cerimonia di commemorazione con posizionamento della targa. Guardo la firma e… vedo che il direttore è cambiato e che adesso a dirigere la biblioteca è una donna. Sono incoraggiata a telefonare al numero in calce e quando sento profferire la frase “questo non passa!” capisco che quella donna è sensibile al problema e che siamo sulla stessa lunghezza d’onda.
Detto fatto, il 14 aprile 2014 avviene tutto come programmato: cerimonia con autorità ed esperti di mosaico, sistemazione della targa sul famoso pavimento, amici e amiche del “comitato” presenti alla cerimonia e anche una certa commozione da parte dei nipoti dell’artista.
La storia col lieto fine poteva finire qui. Invece è stata solo l’inizio di un’altra storia.
Dev’essere stata la frase “questo non passa!” a innescare in me un pensiero che non mi ha più lasciato. Sapevo che il capolavoro di Graziella, l’ “Arborea Donna”, detta anche “Sfinge di Ravenna” o “Teodora 2000”, un mosaico a tessere d’oro di grandi dimensioni, era custodito imballato nelle cantine di una vecchia casa nelle Marche. Dimenticato.
Anche in questo caso l’autrice, come era sua abitudine, dopo averlo eseguito per un’occasione importante come la Biennale del mosaico di Ravenna del 1976, l’aveva fatto imballare in sei cartoni e, ingombrante com’era, l’aveva abbandonato nelle cantine di una casa ormai disabitata, per poi disinteressarsene. Niente da fare. Lei era così. Grande genialità e prorompente creatività, ma zero spirito pratico.
Non c’era dubbio: toccava a me salvare l’opera dall’oblio. Ero io la persona giusta, non solo per l’affetto che mi legava a questa donna strampalata, mia concittadina, amica di una vita, ma per una motivazione più profonda, se vogliamo ‘politica’. La stessa che aveva fatto dire alla direttrice “questo non passa!”, per non permettere una volta di più che la genialità espressa dal genere femminile venisse cancellata, dimenticate oscurata, come è successo molto spesso nel corso della storia.
Se a questo si aggiunge che Graziella mi aveva nominata scherzosamente sua biografa ufficiale per avere saltuariamente fissato sulla carta aneddoti divertenti di cui lei era stata spesso involontaria protagonista, non avevo scampo.
Dopo la sua morte mi misi d’impegno a raccogliere le annotazioni e a dare una forma accettabile alla sua biografia, intrecciata inevitabilmente con la mia. Ne è venuto fuori “Il Tao del Mosaico – Vite intrecciate” (Anna Zoli, Il Tao del Mosaico – Vite intrecciate, Bologna, Edizioni Pendragon, 2013) che in copertina riporta proprio la foto dell’ opera in questione, l’ “Arborea Donna Libera Aurea”. Questo il suo nome per intero.
Della donna riporta i tratti essenziali: due occhi ipnotici, ai lati cascate di capelli, al centro una vulva, fessura specchiante misteriosa e oscura. Tutto in tessere dorate, cioè ricoperte da una pellicola d’oro. Un omaggio alla sacralità femminile, verrebbe da pensare. Il tramite: mosaico moderno che suggerisce, più che rappresentare.
Ora si trattava di trovare il modo di fare arrivare questo imponente mosaico moderno a Ravenna, possibilmente al museo dove era nato.
Da dove incominciare? Naturalmente dagli eredi, giovani bravi e colti, ma troppo impegnati in loro faccende familiari e di lavoro per occuparsene direttamente. Dopo un primo momento di resistenza non è stato difficile convincerli a fare una donazione. La cosa più difficile invece è stato convincere il museo ad accettare l’opera per una esposizione permanente. Incredibile, ma vero. I musei italiani sono così strapieni di opere da non avere lo spazio per esporle tutte. Poi le pastoie burocratiche: fogli su fogli e schede da riempire, pratiche estenuanti da espletare e intoppi vari. E’ stato come adottare un bambino orfano, trascurato da tutti.
Ma alla fine gliel’ho fatta. Ci ho messo quattro anni, ma ora la mia ‘mission impossible’ si è compiuta. Tre mesi fa il mosaico è stato prelevato con un grosso camion e al momento dovrebbe essere al sicuro, custodito da qualche parte al MAR di Ravenna, in attesa di restauro.
Per assurdo ora sento come un senso di vuoto, come avere un parente in ospedale in attesa di operazione.
Riconosco che senza il supporto e l’incoraggiamento degli amici e delle amiche del ‘comitato pro Graziella’ forse non sarei riuscita a tenere duro, forse ci avrei rinunciato.
Dopo il restauro mi aspetto un epilogo trionfale: il momento in cui questa monumentale vulva specchiante e dorata sarà esposta al pubblico e noi del ‘comitato’ saremo là a rendere omaggio alla bellezza dell’opera e alla genialità dell’artista.
A sorpresa, non sarà il Museo del mosaico a ospitare l’opera, ma la Biblioteca Classense, proprio la Manica Lunga, dove tutto è nato, dove già esiste il famoso pavimento con targa.
E qui si chiude il cerchio delle due storie. Il lieto fine pare assicurato.
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II parte
Bologna, 20 giugno 2020
Questa foto dell’ “Arborea Donna”, splendente e restaurata (per uno strano riflesso sembra d’argento invece che di oro), è stata scattata all’inaugurazione del Festival Internazionale del Mosaico di Ravenna nello scorso ottobre ed è la prova indiscussa del buon esito finale della mia ‘mission impossible’. La mia genuflessione è più per dare l’idea delle dimensioni dell’opera che per un rituale di adorazione.
Ma, guardandola con occhio retroattivo, dimostra anche quanto spazio temporale è passato da quella cerimonia in presenza di tutte le autorità, con un fitto di pubblico ammassato sotto il chiostro della Biblioteca Classense, con gli eredi infine soddisfatti e grati che mi abbracciavano a turno e la curatrice del settore mosaico che si rivolgeva a me come la biografa ufficiale dell’artista, grazie al libretto “Il Tao del Mosaico” citato sopra.
Sono passati appena otto mesi e sembra un secolo fa. I previsti festeggiamenti, le presentazioni programmate non si sono realizzate. Tutto bloccato.
Questo per colpa di un microscopico, inqualificabile, aggressivo agglomerato di particelle virali che ha terrorizzato l’umanità facendone suo terreno di conquista per la propria sopravvivenza.
Ora lo sguardo enigmatico dell’Arborea Donna sembra alludere a un futuro greve di incognite o, forse, a una superiore indifferenza nei confronti delle cose del mondo.
In fondo adesso lei c’è. Questo è quello che conta. E, se in un prossimo futuro quei chiostri si rianimeranno di turisti in cerca di bellezza o di studenti di mosaico desiderosi di conoscenza, lei, con la sua imponente presenza, sarà lì a farsi ammirare e a dare il contributo per cui è stata creata.
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NOTA BIOGRAFICA
Maria Grazia Brunetti si forma all’Accademia del Mosaico di Ravenna sotto la guida dei professori Orselli e Signorini.
Nel ‘59 inizia l’attività di insegnamento all’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna e parallelamente porta avanti una sua personale ricerca con l’intento di riprodurre il mosaico in versione moderna.
Collabora per più di un decennio con il pittore Andrea Raccagni realizzando opere pubbliche e private in Italia (una anche a Bologna nell’atrio della scuola media Irnerio) e all’estero.
A metà degli anni Settanta si trasferisce a Firenze all’Istituto d’Arte di Porta Romana dove crea un laboratorio per la ricerca sul mosaico moderno.
Sono degli anni Ottanta e Novanta i grandi mosaici pavimentali dove affronta contemporaneamente l’esperienza didattica e il cantiere.
Per avere un’idea delle sue opere si può visitare il sito: www.mosaicomoderno.it – L’arte di Maria Grazia Brunetti.
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