Imparando a pregare, poesie di Kaveh Akbar in traduzione di Alessandro Brusa.

    

Il poeta e traduttore italiano Alessandro Brusa si è imbattuto quasi per caso nella poesia del giovane iraniano, residente in USA, Aveh Akbar e si è dedicato con passione e competenza, per primo, alla traduzione in italiano dei suoi testi, dando modo ai lettori italiani di apprezzarli.
Qui vi presentiamo tre poesie in versione inglese e italiana ancora non pubblicate né apparse in rete in Italia.
Akbar si muove in tensione tra il dialogo con Dio-padre e il proprio padre fisico, cercando un varco dal quale elevarsi oltre le proprie pulsioni umane, comprendendole e accettandole. Un percorso giovanile di ricerca di se stesso, figlio di due culture, in versi estremamente attuali, maturi e solidi.
Abbiamo assistito al dialogo col padre anche nella poesia di Alessandro Brusa, figlio dell’ “imponente” Maurizio, e forse proprio in questo troviamo il punto di contatto che ha avvicinato immediatamente Brusa alla poesia di Akbar.
Claudia Zironi

    

Learning to Pray

    

          My father moved patiently
cupping his hands beneath his chin,
          kneeling on a janamaz

then pressing his forehead to a circle
          of Karbala clay. Occasionally
he’d glance over at my clumsy mirroring,

          my too-big Packers T-shirt
and pebble-red shorts,
          and smile a little, despite himself.

Bending there with his whole form
          marbled in light, he looked like
a photograph of a famous ghost.

          I ached to be so beautiful.
I hardly knew anything yet—
          not the boiling point of water

or the capital of Iran,
          not the five pillars of Islam
or the Verse of the Sword—

          I knew only that I wanted
to be like him,
          that twilit stripe of father

mesmerizing as the bluewhite Iznik tile
          hanging in our kitchen, worshipped
as the long faultless tongue of God.

      

Imparando a pregare

    

          Mio padre si muoveva con pazienza
prendendosi il mento tra le mani,
          inginocchiato sul suo Janamaz

appoggiando la fronte su di una tavola
          di terra del Karbala. Di tanto in tanto
guardava in avanti al mio goffo imitarlo,

          la maglietta dei Packers troppo larga
e i miei pantaloncini rossi,
          e sorrideva, senza accorgersi.

Inginocchiato lì, con tutto il corpo
          inciso nella luce, sembrava l’immagine
di un’anima importante.

          Desideravo tanto essere così bello.
Non conoscevo molte cose all’epoca:
          non la temperatura di ebollizione dell’acqua

o la capitale dell’ Iran,
          non i cinque pilastri dell’Islam
o il Versetto della Spada —

          Sapevo solo che volevo
essere come lui,
          quel tipo oscuro di padre

ipnotico come le ceramiche di Iznik
          sulle pareti della cucina, adorato
come l’infallibile lunga lingua di Dio.

***

    

Despite My Efforts Even My Prayers Have Turned into Threats

Holy father I can’t pretend
I’m not afraid to see you again
but I’ll say that when the time
comes I believe my courage
will expand like a sponge
cowboy in water. My earth-
father was far braver than me — 
coming to America he knew
no English save Rolling Stones
lyrics and how to say thanks
God. Will his goodness roll
over to my tab and if yes, how
soon? I’m sorry for neglecting
your myriad signs, which seem
obvious now as a hawk’s head
on an empty plate. I keep waking
up at the bottom of swimming
pools, the water reflecting
whatever I miss most: whiskey-
glass, pill bottles, my mother’s
oleander, which was sweet
and evergreen but toxic in all
its parts. I know it was silly
to keep what I kept from you;
you’ve always been so charmed
by my weaknesses. I just figured
you were becoming fed up with
all your making, like a virtuoso
trying not to smash apart her
flute onstage. Plus, my sins
were practically devotional:
two peaches stolen from
a bodega, which were so sweet
I savored even the bits I flossed
out my teeth. I know it’s
no excuse, but even thinking
about them now I’m drooling.
Consider the night I spent reading
another man’s lover the Dream
Songs in bed — we made it to
“a green living / drops
limply” before we were
tangled into each other, cat
still sleeping at our feet. Allow
me these treasures, Lord.
Time will break what doesn’t
bend — even time. Even you.

    

Nonostante i miei forzi le mie preghiere si sono trasformate in minacce

Padre divino non posso fingere
di non avere paura di rivederti
ma credo che quando sarà l’ora
il mio coraggio si gonfierà 
come un cowboy di spugna 
immerso nell’acqua. Il mio padre 
terreno era molto più coraggioso di me –
è venuto in America e non conosceva 
l’inglese se non i testi dei 
Rolling Stones e come dire grazie a 
Dio. La sua bontà finirà sul
mio conto e se sì, quanto presto?
Mi dispiace aver ignorato la
miriade di segni, che ora sembra
evidente come la testa di un falco
su di un piatto vuoto. Io continuo
a svegliarmi sul fondo di piscine
il pelo dell’acqua a riflettere tutto ciò 
che mi manca di più: i bicchieri di 
whisky, le pillole, l’oleandro di
mia madre, che era dolce e 
sempre verde, ma tossico in ogni 
sua parte. So che è stato stupido
nasconderti ciò che ti nascosi;
ti hanno sempre incantato
le mie debolezze. Immagino
ti sia stancato di tutto quel
tuo fare, come un virtuoso
che cerca di non distruggere il 
proprio flauto sulla scena. E in
fondo i miei peccati erano religiosi:
due pesche rubate da un 
banchetto, così dolci che ho
assaggiato anche i pezzi rimasti
tra i denti. So che non è una
ragione, ma il solo pensiero di quelle 
pesche ora mi fa venire l’acquolina.
Penso alla notte che passai a letto 
leggendo Dream Songs all’amante di
un altro uomo – arrivammo fino a
“a green living / drops
limply” prima di ritrovarci 
tra noi avvinghiati, il gatto
ancora addormentato ai nostri piedi. 
Concedimi questi tesori, Signore.
Il tempo distruggerà ciò che non 
si piega – anche il tempo, anche te.

***

     

An Apology

Lord, I meant to be helpless, sex-
less as a comma, quiet as
cotton floating on a pond. Instead,
I charged into desire like a
tiger sprinting off the edge of
the world. My ancestors shot bones
out of cannons and built homes where
they landed. This is to say, I
was born the king of nothing, pulled
out from nothing like a carrot
slipped from soil. I am still learning
the local law: don’t hurt something
that can smile, don’t hold any grief
except your own. My first time—brown
arms, purple lips, lush as a gun—-
we slumped into each other’s thighs.
She said duset daram, mano
tanha bezar—I love you, leave
me alone. See? There I go scab-
picking again. You should just hang
me in a museum. I’ll pose
as a nasty historical
facet, wave at the cameras, lecture
only in the rhetoric of
a victim. As a boy I tore out
the one-hundred-and-nine pages
about Hell in my first Qur’an.
Bountiful bloomscattering Lord,
I could feel you behind my eyes
and under my tongue, shocking me
nightly like an old battery.
What did I need with Hell? Now that
I’ve sucked you wrinkly like a thumb,
I can barely be bothered to
check in. Will I ever even know
when my work is done? I’m almost
ready to show you the mess I’ve made.

     

Scuse 

Signore, desideravo essere impotente,
senza sesso come una virgola, tranquillo come
cotone che galleggia in uno stagno. Invece,
mi sono lanciato nelle passioni come una 
tigre spicca il balzo dall’orlo 
del mondo. I miei antenati lanciavano ossa 
dai cannoni e dove atterravano avrebbero 
costruito casa. Questo per dire che sono nato 
re del nulla, tirato fuori dal nulla come una carota 
sgusciata dal terreno. Sto ancora imparando 
le regole di casa: non ferire qualcosa che 
possa sorridere, non trattenere dolore che non 
sia il tuo. La mia prima volta – braccia 
scure, labbra carnose, intensa come uno sparo-
ci abbandonammo l’uno nelle cosce dell’altra.
Lei disse duset daram, mano
tanta bezar – Ti amo, lasciami
sola. Vedi? Così torno di nuovo a
riaprire ferite. Dovreste espormi
in un museo. Starei lì in posa
come un brutto evento storico,
sorridendo alle macchine fotografiche,
come monito nella sola retorica della
vittima. Da bambino strappai via
dal mio primo Qu’ran le cento e
nove pagine sull’Inferno.
Signore generoso e rigoglioso,
potrei sentirti dietro i miei occhi
e sotto la mia lingua, darmi la scossa
ogni notte come una vecchia batteria.
Cosa mi sarebbe mancato senza l’Inferno? Ora
che ti ho succhiato a fondo come un pollice,
a malapena mi prenderei il disturbo di 
presentarmi. Saprò mai quando 
il mio lavoro sarà finito? Ora sono quasi 
pronto per mostrarti il casino che ho fatto.

 


    

Kaveh Akbar è un poeta e studioso iraniano-americano nato a Teheran, in Iran, nel 1989. Suoi testi compaiono su numerose riviste tra le quali The New Yorker, Poetry, The New York Times, Paris Review, The Nation, Best American Poetry, The New Republic, The Guardian, American Poetry Review, The Poetry Review, PBS NewsHour. Ha esordito con la plaquette Portrait of the Alcoholic (Sibling Rivalry Press 2016) seguito da Calling a Wolf a Wolf (Alice James 2017 – Penguin 2017). In uscita nel 2021 Pilgrim Bell per i tipi di Graywolf. 
Insieme a Ocean Wong ha scritto i testi poetici per il film The Kindergarten Teacher del 2018.
Vincitore di numerosi premi tra i quali vari Premi Pushcart, Levis Reading ed il Lucille Medwick Memorial dalla Poetry Society of America e la borsa di studio Ruth Lilly and Dorothy Sargent Rosenberg della Poetry Foundation.
Ha fondato e dirige DivideAppear e tiene una rubrica settimanale per la Paris Review.
Sta attualmente curando un’antologia di poesia dello spirito per Penguin Classic.

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Alessandro Brusa, classe 1972, esordisce con il romanzo Il Cobra e la Farfalla (Pendragon – Bologna 2004), cui sono suguite due raccolte di poesia La Raccolta del Sale (Perrone – Roma 2013, premio Orlando) e In Tagli Ripidi (nel corpo che abitiamo in punta) (Perrone – Roma 2017). Nel 2015 insieme a Martina Campi e Valerio Grutt si è fatto promotore di un progetto sulla scena poetica bolognese che ha portato alla pubblicazione di Centrale di Transito (ceci n’est pas une anthologie) (Perrone – Roma 2016). Il suo ultimo lavoro è il romanzo L’Essenza Stessa (L’Erudita – Roma 2019)
Suoi testi poetici ed in prosa sono apparsi su antologie e riviste, cartacee ed online, sia in Italia sia, in traduzione, negli Stati Uniti, Francia, Belgio, Romania, Spagna ed America Latina.
Accompagna il lavoro di scrittura a quello di traduzione dall’inglese con testi pubblicati su riviste online e cartacee (Testo a Fronte e Le Voci della Luna). Con rare eccezioni gli autori scelti sono giovani poeti rintracciati non attraverso le linee ufficiali dell’accademia, ma attraverso un lavoro di ricerca soprattutto nelle librerie del territorio tra Stati Uniti, Gran Bretagna ed India. Tra gli autori tradotti: Brian Borland, Kayo Chingonyi, Kamala Das, Jemima Foxtrot, Colin Herd, William Letford, Stephen Mills, Seth Pennington.
Fin dalla prima edizione del 2013 fa parte del comitato organizzatore del Festival Letterario a prevalenza poetica Bologna In Lettere.