Frammenti di Francisco Soriano (Eretica edizioni, 2022), nota di Nadia Agustoni
Scandiscono un tempo disordinato, un tempo senza misura, questi frammenti di Francisco Soriano. Una voce, la sua, che si affida al lettore, lo vuole testimone e insieme lo ragguaglia non tanto sulla mancanza, ma sul marcarsi di un’umanità smarrita e lo fa parlando dal vuoto che la poesia a volte produce, facendo spazio intorno a noi, perché si possa finalmente vedere.
“ma le vite degli altri?/occhi e mani e vento/ tra schiume che si sciolgono/e cancellano le tracce del dunque:/ il tempo è quel cerchio bianco/ nel paesino diroccato…/ …”
Cosa racchiude questo tempo se non l’attesa di una speranza, un evento, forse anche solo di una parola? C’è la viva impressione che Soriano coltivi il suo “alfabeto del dissidio” come la sola possibilità di guardare al futuro. Futuro difficile da immaginare, proprio perché l’immaginazione è stata imbrigliata dal conformismo totale in cui siamo caduti. E si badi bene, è così fin dai lontani anni 80, da alcuni tanto rimpianti, da altri vissuti nel più totale sgomento, proprio perché questi ultimi intuivano la sciagurata ideologia che quel decennio sdoganava.
“Non si deve essere di nessuno se non di quel dio sconosciuto/ e già vinto che si tiene chiuso dentro il torace”
Consegnarsi a se stessi è un’impresa titanica, ne sapeva qualcosa Majakovskij, e Soriano parla di se stesso parlando di molto altro, non con economia di parole, tutt’altro, ma usando versi e prosa, annodando l’una all’altra come se cercasse l’uscita da un labirinto.
Resta una sola certezza, e non è poco:
“e la bellezza distoglie da ogni senso di fine”.
Francisco Soriano Frammenti, Eretica edizioni 2022
Introduzione di Claudia Valsania e nota di lettura di Marcello Carlino
18
quanto tempo ci vorrà per levigare questa pietra, quante volte in avanti
e poi indietro,
a rotolare nella schiuma sabbiosa
fra alghe amaranto
19
è così che si levigano le cicatrici anche quelle insolite,
furtive,
insaccate
nello sterno del corpo, inabissate,
invisibili
48
e intanto cerchiamo il nome delle piante, quel destino apparso dal nulla dalle foglie verdi e gialle e il colore del- le bacche.
50
sono solo versi
lettere e virgole e punti e ancora virgole. quasi sfuma un orizzonte di soli canti, vortici e ombre che si scambiano luoghi.
*
Lascia un commento