Lanterna Magica di Antonella Sica | Dentro una pozza di cielo… di Silvia Rosa
La videopoesia è un oggetto controverso soprattutto quando si realizza utilizzando testi scritti per essere solo letti, ossia testi che non nascono già in fase progettuale per essere messi in relazione con un tessuto video-sonoro dal poeta che li ha composti. Dico “controverso” perché spesso la videopoesia è intesa oggi come una sorta di oggetto promozionale per il poeta e non una creazione artistica che mette in relazione il testo con le immagini creando nuovi spiragli di senso.
Le videopoesie che realizzo mirano a creare nuove suggestioni rispetto al testo di partenza, lavorando con le immagini sui versi per analogia. Per realizzare i video utilizzo immagini di alta qualità libere da diritti che scarico da internet e rielaboro in fase di montaggio e post produzione. Ho scelto la strada della banca dati perché mi interessa sperimentare con immagini già girate per un altro uso e piegarle a un nuovo senso, come accade alle parole nella scrittura poetica. AS
In questa undicesima puntata propongo un lavoro su testo di Silvia Rosa:
Dentro una pozza di cielo
i pendagli degli alberi tremolano
in questo giorno che un calendario
ha nominato Primavera,
e risucchia in uno slargo acceso
tutta la terra che ci resta
Dove siamo, mentre la notte
entra sicura sulla destra e vira
al chiaro che svanisce? Dove vanno
le cose che si illuminano,
quando lasciamo un punto piccolo
di fuga per non dimenticare
di fiorire lungo la strada
del ritorno?
poesia tratta da “Tutta la terra che ci resta” (Vydia Editore, 2022)
DICHIARAZIONE DI POETICA
di Silvia Rosa
Questo testo apre la prima sezione di “Tutta la terra che ci resta” (Vydia Editore 2022) e contiene anche il verso che dà il titolo alla raccolta: è la poesia da cui prende avvio la narrazione, la storia che con questo libro mi sono proposta di raccontare. Credo che evidenzi anche ciò che per me è importante quanto scrivo testi poetici, cioè la possibilità di definire, in particolare con l’uso di similitudini e metafore, immagini che prendano forma e sostanza, che si possano quasi toccare, che coinvolgano i sensi e suscitino così emozioni e
sentimenti. Credo che una poesia sia davvero potente quando riesce a far vedere una scena, quando usa parole-immagini che rendono assolutamente reale, concreto quello che evocano o a cui alludono.
Per me lo sguardo è sempre stato centrale, e la mia scrittura fin dagli esordi si è coagulata intorno a immagini vivide, tratteggiate con metafore che ho coltivato come i semi più fertili della mia poetica. In questo libro, però, la vista è messa al centro anche in un altro senso. Nella prima e nell’ultima poesia, volutamente poste a margine del racconto, fuori dalle sezioni che lo compongono, è chiamato direttamente in causa chi legge, attraverso l’imperativo “guarda”: è un invito diretto a orientare lo sguardo sulla vicenda che ho tentato di descrivere nel modo più oggettivo possibile, utilizzando un linguaggio preciso, specialistico, asettico. Il mio intento è stato quello di consegnare
questo materiale visivo alle lettrici e ai lettori perché potessero progressivamente rispecchiarsi in quel “Noi” che popola lo scenario evocato e all’improvviso sentirsene parte, ritrovarsi protagonisti dell’universo dalle sfumature grigie e dalle atmosfere apparentemente surreali che prende forma nei versi, chiedendosi se si sentono a proprio agio oppure no. Uno dei fulcri tematici di questo libro è l’impatto della rivoluzione digitale sulle nostre vite: il discorso è incentrato su un cambiamento di prospettiva, che vede l’essere umano andare in direzione di una trasformazione radicale. Questo stravolgimento è raccontato anche attraverso i numerosi riferimenti alle patologie della vista e alla
scienza ottica, che ho disseminato tra i testi, un fil rouge che attraversa tutta la raccolta, come focus della trama.
Penso che in questo tempo la parola poetica sia più che mai necessaria, così come il ruolo del poeta, che dovrebbe riacquistare centralità, partecipando con gli strumenti che ha a disposizione al dibattito sulle innovazioni tecnologiche, dando forma a interpretazioni del reale alternative. Affrontare questo argomento per quanto mi riguarda ha implicato anche raggiungere un certo livello di esattezza e di precisione nell’utilizzo di terminologie di ambito scientifico. Le scelte lessicali in “Tutta la terra che ci resta” hanno richiesto minuziose ricerche, perché mi sono confrontata con alcune microlingue settoriali, in particolare quelle relative all’ottica, all’oculistica, all’informatica, per meglio aderire alla realtà che volevo descrivere. Ho sentito la necessità di ricorrere a un linguaggio ibrido, in cui le scienze esatte fanno capolino accanto a un linguaggio più consueto: a volte ho persino chiamato in causa oggetti svelandone la composizione chimica, volevo che diventassero reali, affinché ogni verso acquisisse quella materica consistenza che rende nitida l’immagine, presente, vera. E si ritorna nuovamente al concetto di parola-immagine, che per me è il perno intorno al quale si disvelano i significati e i versi prendono senso.
Silvia Rosa nasce a Torino, dove vive e insegna. Laureata in Scienze dell’Educazione, con una specializzazione in educazione e formazione degli adulti e un master in didattica dell’italiano L2, ha frequentato il corso di storytelling della Scuola Holden. Suoi testi poetici e in prosa sono presenti in diversi volumi antologici, sono apparsi in riviste, siti e blog letterari e sono stati tradotti in spagnolo, serbo, romeno e turco. Tra le sue pubblicazioni: le raccolte poetiche “Tutta la terra che ci resta” (Vydia Editore 2022), “Tempo di riserva” (Giuliano Ladolfi Editore 2018), “Genealogia imperfetta” (La Vita Felice 2014), “SoloMinuscolaScrittura” (La vita Felice 2012), “Di sole voci” (LietoColle Editore 2010 – II ediz. 2012); il volume antologico “Confine donna: poesie e storie di emigrazione” (Vita Activa Nuova 2022), di cui è ideatrice e curatrice; l’antologia foto-poetica “Maternità marina” (Terra d’ulivi 2020), di cui è curatrice e autrice delle foto; il saggio di storia contemporanea “Italiane d’Argentina. Storia e memorie di un secolo d’emigrazione al femminile” (1860-1960) (Ananke Edizioni 2013); il libro di racconti “Del suo essere un corpo” (Montedit Edizioni 2010). È vicedirettrice della rivista digitale “Poesia del nostro tempo”, redattrice della testata online “NiedernGasse”, collabora con la rivista “Margutte”, con l’annuario di poesia «Argo» e con il quotidiano «il manifesto». Si è occupata del progetto di traduzione poetica e interviste di alcuni autori argentini, dal titolo “Italia Argentina ida y vuelta: incontri poetici”, pubblicato nel 2017 in e-book (edizioni Versante Ripido e La Recherche). È tra le ideatrici del progetto “Medicamenta – lingua di donna e altre scritture”, che propone una serie di letture, eventi e laboratori rivolti a donne italiane e straniere, lavorando in un’ottica psicopedagogica e di genere con le loro narrazioni e le loro storie di vita. Conduce laboratori utilizzando le metodologie autobiografiche, apprese nei corsi tenuti da Lucia Portis della Libera Università di Anghiari, insieme alla poesia terapia, di cui ha scritto per la rivista “Poetry Therapy Italia”. La sua attività completa, qui: Biografia Silvia Rosa “La Recherche”
Lascia un commento