Circles di Virginia Farina | Piccole pietre per non smarrirsi: un editore sulla via della poesia per l’infanzia. Dialogo con Antonio Lillo

 

 

Virginia: Partiamo da una domanda, un po’ scontata, forse, ma necessaria: come sei arrivato a maturare l’idea de Le Pietroline, una collana interamente dedicata alla poesia per bambini e ragazzi?

Antonio: L’idea è nata in una libreria, in maniera spontanea e corale, parlandone con Annalisa Colucci, la libraia, e con Ignazio Fabio Mazzola, un artista nostro amico che si trovava lì con noi per un caffè. Annalisa mi diceva che se voglio proporre poesia come editore devo anche muovermi per creare un pubblico che ormai, va ammesso, va sempre più assottigliandosi, e una buona cosa era secondo lei ripartire dai ragazzi che sono lettori curiosi, onnivori e meno guardinghi degli adulti nell’avventurarsi in nuovi generi. È nata così l’idea della collana, mentre il titolo è stata un’illuminazione di Mazzola. Io ho preso queste loro suggestioni e le ho messe in moto selezionando alcuni testi che mi sono sembrati validi, e avviando un crowdfunding che ci è servito a trovare i fondi necessari a coprire i costi dei primi tre titoli della collana.

Virginia: Entrando più nel merito della vostra linea editoriale ho visto che le vostre proposte abbracciano tutta l’età cosiddetta dello sviluppo: dalla primissima infanzia, ricca di rime e musicalità, fino all’adolescenza dove proporre poesia richiede una maggiore sperimentazione. Puoi dirci qualcosa in più su come state lavorando alle scelte dei libri?

Antonio: Considerato che la nostra è principalmente una casa editrice di poesia per adulti, l’idea di fondo della collana era quella di alternare le pubblicazioni per riferirci a diverse fasce di età, senza troppi steccati.

Il primo titolo considerato è stato “L’arte di allacciarsi le scarpe” di Alessandro Silva Ferrari che mi era stato proposto già due anni prima con questa idea molto sperimentale di mettere insieme versi suoi e fumetti di Federico Galeotti. Era già di per sé un’opera molto particolare da inquadrare, e anche costosa da realizzare, quindi stavo cercando di capire come muovermi per coprire i costi quando è scoppiata l’epidemia e l’ho messo in un cassetto in attesa; quando poi è nata l’idea della collana mi è sembrata perfetta per essere inserita al suo interno ed è stato quasi naturale farlo.

“Il ciclo del lupo” di Anna Correale, invece, viene da un gruppo di poesie più ampio che mi è stato proposto insieme a un romanzo che avevamo in mente di pubblicare: all’interno del gruppo di poesie c’era una sezione riguardante il lupo e ho pensato che questo tema era interessante da sviluppare, per cui abbiamo messo momentaneamente da lato il romanzo e abbiamo abbinato a quei versi del lupo – proposti anche in francese per una bella idea di Anna – le illustrazioni di Valeria Puzzovio con la quale avevamo già realizzato un libro per uno spettacolo teatrale dedicato ai bambini, il “Barbablues” di Lucia Zotti, prodotto dal Teatro Kismet di Bari.

Mentre “Agostino” di Michele Paoletti mi è stato proposto con un altro gruppo di “Storie in rima” che lo stesso Michele aveva scritto durante il lockdown per i suoi figli e che mi ha inviato in lettura quando ha saputo che avevo in mente di avviare la collana. Avevo in mente di pubblicare insieme le tre storie, ma lui ha insistito che venissero sviluppate una alla volta, soprattutto perché indirizzate a bambini, per cui il mio contributo maggiore è stato quello di abbinare ai versi i disegni di Lucia Lodeserto, con cui avevamo già lavorato in precedenza ad altri due libri; uno dei quali, “Diario Pendolare” di Rossella Tempesta, probabilmente recupereremo in questa nuova collana. Ovviamente Lucia illustrerà anche il prossimo di Paoletti, “Semino”.

Questo è stato fatto per cominciare, e lo descrivo per dire come a volte il lavoro editoriale proceda più per caso, fortuna e intuizioni che non necessariamente per stretta progettazione tesa alla “commercializzazione” del prodotto. Una volta messa in moto la macchina editoriale sui primi titoli, altre proposte hanno cominciato ad arrivarci. Per ora non abbiamo troppe preclusioni nella scelta, intanto perché siamo così piccoli, e il nostro pubblico di riferimento resta un altro, che non abbiamo ansie da pianificazione editoriale; e poi perché alla fine la parola magica rimane sempre quella: innamoramento.

Virginia: La poesia per l’infanzia e l’adolescenza non è mai poesia nuda, ma in qualche modo si “acconcia” accompagnandosi (quasi) sempre all’immagine. Tra le vostre proposte ci sono albi illustrati ma anche fumetti, per la tua esperienza come si fa a “disegnare” la poesia?

Antonio:Confesso che io personalmente non credo si possa disegnare la poesia, quanto piuttosto metterla a dialogo con qualcosa di affine, tradurla nel senso di tradirla in qualcosa che si avvicina ma sta anche dicendo altro. So che molti autori bisticciano spesso con gli illustratori dei loro libri perché il disegno non è aderente a ciò che avevano immaginato. Ma i libri più belli per me sono quelli in cui testo e illustrazione camminano affiancati, ma non si fondono del tutto perché l’uno dice dell’altro qualcosa che non sapeva. Ad esempio, e senza nulla togliere agli altri, io ho un amore particolare per il libro di Silva e Galeotti, perché i loro due linguaggi spesso non comunicano, non in maniera immediata o didascalica, procedono paralleli, anzi a volte si avvicinano e altre si allontanano (e non dico del lavoro che ci è voluto per editare il tutto), eppure proprio per questo motivo, quei due riescono a creare dei cortocircuiti di senso che creano un’opera d’arte proprio perché si muove su più livelli di significato.

Virginia:  Il mercato dell’editoria per l’infanzia sembra conoscere nella poesia una fortuna maggiore rispetto alla poesia per gli adulti, che spesso finisce per destinarsi a un pubblico di specialisti. Cosa ne pensi? Come editore, ma anche come poeta, cosa facilita secondo te l’avvicinamento dei bambini, o dei ragazzi, alla poesia?

Antonio: Beh, penso che a perderci maggiormente sono gli adulti, la fregatura è tutta loro, ma ben gli sta.
Per quanto riguarda l’avvicinamento dei ragazzi alla poesia, sarà forse una mia deformazione ma la rima, la misura e il verso per me restano imprescindibili, almeno per i più piccoli. Non a caso, quelli che ci ricordiamo meglio, per tutta la vita, sono i testi in rima, le filastrocche che ci recitavano da piccoli così come i testi delle canzoni che non facciamo troppa fatica a mandare a memoria, ma mi vengono in mente adesso i fumetti in rima baciata pubblicati dal Corriere dei Piccoli, che avevano una loro bellezza, tipo il Signor Bonaventura di Tofano; la rima è un’arma potentissima, è la forma del gioco, e in tal senso, devo dire, mi fa sempre molta specie la diffidenza che suscita in tanti poeti adulti, come se fosse uno svilimento, quando una rima è una cosa così bella, luminosa e naturale.

Quanto ai ragazzi più grandi credo che le esigenze siano diverse e tutte connaturate alla scoperta di sé e del mondo con cui ci si rapporta, le parole d’ordine sono urgenza e sincerità. I ragazzi cercano dei complici con cui confrontarsi su questioni fondamentali, e spesso nei poeti li trovano. Peccato che la scuola, per inadeguatezza di fondo dei programmi e talvolta degli insegnanti, invece di incentivarli faccia di tutto per limitare gli incontri.

Virginia: Ma poi ci sono poeti per bambini? Credi che una letteratura possa definirsi davvero per l’infanzia?

Questa è una domanda complessa devo dire, che mette dei dubbi anche a me. Credo che i grandi scrittori non abbiamo molti limiti nell’arrivare agli altri, se apri bene le orecchie e il cuore, però il linguaggio pone dei limiti all’età, quello sì, e alcuni temi vanno trattati con un certo tatto non perché i bambini non possono capire certi discorsi, tutt’altro, ma perché al contrario sono come spugne, assorbono tutto, e un libro inadatto nel linguaggio può creare delle ansie. Infatti, due poeti senza nessun limite di età credo siano Vivian Lamarque, in particolare i suoi versi per il gatto Ignazio, adorabili, e Toti Scialoja le cui filastrocche di hanno una loro scanzonata, matta e misteriosa bellezza. Mentre, se ci spostiamo su un piano ibrido, visto che parliamo di commistioni di linguaggio fra parola e immagine, mi piace ricordare Altan con la sua delicatissima Pimpa.  

Virginia: Prima di salutarci vorresti lasciarci qualche assaggio da alcune delle vostre Pietroline? Mi piace immaginarle come i sassi di Pollicino, piccoli e da nascondere in tasca, e proprio per questo preziosi e capaci di farci ritrovare la strada di casa.

Per rispondervi vi invito a guardare alcune tavole prese dai libri che abbiamo recentemente pubblicato, dove testi e disegni dialogano intensamente, tanto da essere una cosa sola.

In “Agostino”, di Michele Paoletti e Lucia Lodeserto, si parla di una creatura magica che non venendo accettata/riconosciuta dalla propria comunità di appartenenza, a causa della sua unicità (è celestino dove tutti gli altri sono verdini), si mette in cammino per trovare degli amici e una famiglia;

Nel “Ciclo del lupo”, di Anna Correale e Valeria Puzzovio, si parla dell’incontro con un’altra figura, in parte reale in parte mitica, immaginaria perché è filtrata dalla nostra letteratura o legata all’inconscio, quindi ricca di sfaccettature, che ci chiede di essere conosciuta e riconosciuta, di aprire un dialogo con essa;

Ne “L’Arte di allacciarsi le scarpe” di Alessandro Silva Ferrari e Federico Galeotti, invece, il confronto si fa addirittura storico, cioè il rapporto instaurato prima con noi stessi e poi con l’altro, anche attraverso una fortissima valenza onirica (perché il sogno è sempre una forma di conoscenza e talvolta di difesa) prende atto di muoversi in un contesto più ampio, sfuggente e non sempre risolto, nel mondo che ci ingloba.