Angoli di poesia di Luca Ariano | Luigi Medri, Poesie (Edizioni del Foglio Clandestino, 2022)

 

Le Edizioni del Foglio Clandestino, da sempre attente all’opera del poeta lombardo Luigi Medri, hanno raccolto le sue poesie dal 1939 al 2017. Il volume è curato da Athos Geminiani e Gilberto Gavioli (editore delle Edizioni del Foglio Clandestino) e vede numerosi interventi di persone che l’hanno conosciuto e hanno potuto apprezzarne l’opera: Simonetta Medri, Giulio Franceschi, Paolo Lezziero, Roberto Marchi, Giorgio Oldrini, Cinzia Polino e Vasco Pasqualini. Luigi Medri, nato nel 1922 a Sesto San Giovanni e ivi scomparso nel 2018, oltre che poeta è stato animatore culturale della realtà sestese dal dopoguerra fino agli Anni Settanta del secolo scorso. In particolare, è stato condirettore, con Pietro Lincoln Cadioli, del primo giornale “L’Incontro” e tra i fondatori della Biblioteca Civica di Sesto San Giovanni. Questo volume raccoglie le poesie sulla base dell’ultima revisione, fino al 2017, delle seguenti raccolte: La solitudine del giorno, Le ultime mosche, Nell’impero del vento, Arcane voci e parole, Millennio e Frammenti. Vasco Pasqualini, nel suo saggio finale Luigi Medri: una scoperta tardiva, spiega i tratti salienti della poetica di questo autore. Spesso si tratta di componimenti lirici dove il poeta si lascia trascinare dalle emozioni e dal proprio vissuto e, in queste oltre cento poesie, ripercorriamo tutta l’esistenza di poeta sempre molto attento ad osservare il mondo circostante: “E ci svegliammo in quel mattino chiaro / ad abbracciare il sole nelle strade. / Come passeri nati dopo il gelo / o cavallini appena sciolti al prato / noi quel mattino conoscemmo il cielo. […]” (Ad un antico 25 Aprile). La poesia di Medri è di chiaro stampo novecentesco e risente delle influenze di tante letture e passioni letterarie riferite a Pascoli e d’Annunzio, ma anche a poeti crepuscolari come Moretti, Corazzini o Gozzano: “Morirò un giorno, così, come tutti, / ma perché ancor mi sorprendo / d’ognuno che muore, non so; / né so perché un bimbo in giardino / dà agli alberi un nome e gli parla / come ad amici nel gioco, / mentre più in là nelle strade / o lungo il fiume tra gli orti / soldati in eterno cammino / gettano un telo sui morti. […]” (Insonnia). In questi versi sono evidenti le influenze crepuscolari poco sopra segnalate, ma non va dimenticata la “lezione” di Quasimodo e di Alfonso Gatto nell’opera di Medri. Il poeta sestese non è certo un virtuoso della parola e le sue poesie (poche se si pensa al percorso di una vita) non sono mai fini a se stesse o ricercate dal punto di vista stilistico, bensì seguono un dettato interiore che coglie il fluire dei propri sentimenti che vanno dallo stupore per le meraviglie dell’esistenza alle sofferenze, agli amori e ai lutti: “S’io vedevo mio padre, / anni lontani, / le spalle curve, silenziosamente / da una finestra all’altra camminare / – dietro la schiena tutt’e due le mani / e l’occhio assente, immemore, profondo, / mi domandavo: cosa sta a pensare? […]” (Ricordo del padre). Numerosi gli omaggi ai classici come Omero o a poeti amati come Montale o Evtušenko. Come detto in precedenza, Medri non è uno sperimentatore della parola, ma la sua attenzione alla metrica non è mai casuale e la sua poesia ha sempre una cura formale e una pulizia del verso che rendono le sue liriche molto efficaci e dense come in Endecasillabi sotto l’albero di ciliege: “Acceca il sole l’onda del frumento, / l’attimo vola dove vola il vento / ma rare son le cose che non scordo / ove m’attira l’ombra del ricordo:/ una cantina sporca di carbone, / l’acrobata del circo sul pennone, / una ballata che s’annoda piano / in una chioma d’aria colorata. […]”. Ci auguriamo che questa stampa dell’opera omnia di Luigi Medri sia un’occasione per far scoprire il poeta sestese oltre la sua città natale e fuori dai confini regionali.

 

MADRIGALE

Con più assai cortesia
cantare vorrei
la folta notte dei tuoi
neri capelli ove dormono
i sogni del vento.
Con più assai cortesia
raccontare vorrei
i tuoi grandi occhi ove pare
trascolorare
buia acqua di mare.

 

A UN GIGOLÓ IN RIVIERA

Il mio nome è Valié, sì ma per anni
ebbi altro nome, il vero
non lo potevo dire: ero un attore
del cinema alto biondo
dalle donne adorato
ma stroncato
dalla critica colta dei giornali.
La verità è che mai
a patti m’adattai
con questa
società disonesta.
Preferivo
farmi gli affari miei: portarmi a letto
donne senza pretese:
stringere sul mio petto
ragazze di paese
ebbre di dolce vino
con nere calze a rete
in camere segrete
a Portofino:
antilopi e gazzelle affusolate e snelle,
docili al mio piacere
senza la spocchia e l’arie
di nobildonne altere.
Detti a ciascuna il dono
di un trepido abbandono.
Quando ci penso adesso
e parlo col cipresso
o mi confido al vento
di nulla mi pento.
M’hanno sepolto, vedi, qui in riviera…
era un mattino spento,
quasi sembrava sera

 

 


Luigi Medri (Gigi) nato nel 1922 a Sesto San Giovanni e qui scomparso il 3 agosto 2018. È stato tra gli animatori della cultura sestese nell’immediato dopoguerra e fino agli anni ’70. In particolare è stato condirettore, con Pietro Lincoln Cadioli, del primo giornale “L’Incontro” e tra i fondatori, dimenticato, della Biblioteca Civica di Sesto San Giovanni. Aggiunge alle raccolte di poesia (La solitudine del giorno; Intermezzo; Le ultime mosche; L’impero del vento; E arcane voci e parole) due opere in prosa: Una storia piccola (1983) e L’ipicì (1988). Nel 1999, a cura della redazione dell’aperiodico «Il Foglio Clandestino», è stata pubblicata la raccolta poetica Antologia personale, seguita nel 2004 dalla Seconda antologia personale, in occasione degli ottant’anni del poeta. L’opera omnia ora realizzata è stata condotta dai curatori sulla base delle ultime revisioni dei testi curate dall’autore fino al 2017.