“Ai piedi del faro” di Maria Lenti, La vita felice Ed., 2016, recensione di Elina Miticocchio.

      

Dopo attenta lettura e rilettura di un “disegno poetico” quale è quello delineato con le parole poetiche da Maria Lenti, mi accingo a portare sul foglio la mia breve goccia d’inchiostro.
Il primo, essenziale, incontro con l’opera accade attraverso il titolo, scelto sapientemente dall’autrice che vuole porgere il suo messaggio di parola e, oltre la parola, vuole creare una condivisione di sguardo, di attenzione.
Come il faro è un locale angusto, chiuso, delineato, eppure pulsante luce, anche a lunga distanza, così la poesia è luogo di osservazione, estensione, ispirazione, infine ritrovamento.
L’osservazione poetica parte dallo scrutare le proprie radici, il proprio “occhio interiore”, e si espande, si dipana oltrepassando il dato reale per spostarsi verso il lettore, inondandolo di segnali (come il faro appunto).
L’incipit della raccolta è “Torna a trovarmi/ cuore fedele”, cuore-corpo-poesia dunque per scoprirsi nuovi viventi.
Poi il cambio di sguardo nel secondo testo dove il cuore si pone come “oltre”, “verso”, “orizzonte” e sconfina poiché “Gli Stati, stolti, hanno confini, non il cuore” 

Gli Stati, stolti, hanno confini,
non il cuore 
tenero in tutte le persone del mondo,
il cuore, che va oltre le montagne
e al di là del mare e degli oceani
e da ogni orizzonte vola 
verso qualsiasi orizzonte.

(A Siamak Goudarzi, settembre 2013 – Shiraz ( Iran), p. 12)

Colpisce il candore dei versi, la leggerezza da far rifiorire, da incontrare, da presentare ai giovani lettori.
Immagino, con la mia mente spesso fantasiosa, che Maria Lenti abbia composto la poesia volendo rivolgersi ai suoi alunni. L’esperienza dell’insegnamento appare quasi tangibile in Due tempi…perfetti, dove la descrizione dell’azione didattica lascia intuire come il contesto scolastico sia stato vitale per la poetessa.
Nella silloge colpisce la presenza di alti contenuti (parliamo di poesia civile) portati con ironia, con giocosità, attraverso la sperimentazione di formule linguistiche originali. Inoltre, oserei dire, il poco senso dell’individualità e il grande senso di appartenenza alla terra. Infine, il gioco come superamento della parola, la filastrocca che ingentilisce e spiega la realtà a grandi e piccini.
Ai piedi del faro è un forte invito al recupero della memoria, delle emozioni, della verità del reale attraverso il verso libero da regole metriche ad aprire, a dilatare lo sguardo del lettore che mai si stancherà di ri-guardare, inondato dalla luce della parola.