A tentoni nel buio di Paolo Polvani |Alla ricerca dell’albero che regge il cosmo (note di lettura a Dall’altra parte di una cicatrice – Al otro lado de una cicatríz, di Lucia Cupertino, Seri Editore, 2024)

 

Qual è il significato della parola cicatrice? Il vocabolario riporta, tra le altre, questa definizione: “Segno lasciato nell’animo da un’esperienza dolorosa: di ogni dolore rimane una cicatrice”.
Leggendo le poesie che compongono la raccolta, si ha la netta sensazione che la cicatrice che attraversa il mondo riguardi i segni lasciati nell’animo da un’esperienza dolorosa che investe tanto l’intera umanità quanto l’autrice. E più in particolare nei versi circola il vento della distanza. Leggo che la parola distanza deriva dal protoindoeuropeo dwi– che significa sia “separatamente” sia “due”.
Penso che la prima distanza riguardi quello che si vorrebbe fosse il mondo e che invece non è, la lontananza tra il desiderio di tranquillità, di creatività, di bellezza cui il cuore anela e il tumulto della realtà che contraddice il senso di questi desideri e viaggia in direzione opposta, s’incardina nelle diseguaglianze, nelle ingiustizie, nelle atrocità dei conflitti, nella distruzione dell’ambiente e del pianeta in nome di un profitto che è appannaggio di pochi e maledizione per il resto dell’umanità.
In questo senso mi pare illuminante la dedica iniziale alla figlia Aurora: “Luce che cresceva nel mio ventre mentre il sole declinava così vicino, così lontano”. Il mondo appariva saldamente scisso, ci avverte nella prima poesia Lucia Cupertino, da una parte cuore e saggezza, dall’altra apparenza e frivolezza. Così, pensando a quella luce che cresceva nel suo ventre e che adesso illumina le sue giornate, viene spontanea una terribile domanda: “Un picchio becca i confini del mondo: crollerà?”. È il quesito che le persone più avvedute, accorte, sempre in ascolto dei suoni che arrivano da fuori, continuamente si pongono.
È l’angoscia che nasce dalle minacce di guerra nucleare, dalla constatazione che il pianeta si avvia verso un’ingloriosissima fine, che lo squilibrio degli ecosistemi è la realtà più evidente davanti ai nostri occhi, negata soltanto dalla stupidità di certi governanti che mostrano di considerare più utile continuare a spingere sull’acceleratore del profitto piuttosto che sulla salvezza del pianeta. E dalla catastrofe annunciata, ormai tangibile e netta, nasce questa consapevolezza:
“L’impotenza scavava / l’abisso di questo mondo / che non riesce a guarire”. Questa è la prima ferita aperta e sanguinante, la consapevolezza che l’abisso è ormai spalancato e questo mondo si avvia a precipitarvi dentro. La prima distanza attiene al senso etico.
 

Gabriel Figueroa

 
Probabilmente la distanza attiene anche al senso geografico. Lucia Cupertino nonostante la giovane età ha percorso in lungo e in largo una buona porzione di pianeta, ha vissuto la pienezza degli anni più significativi in America Latina, ha attraversato vari continenti, per desiderio di conoscenza e per lavoro, e la conoscenza del mondo, la dimestichezza con la bellezza e vastità dei luoghi genera quasi in automatico quel sentimento di mancanza di chi è rimasto soggiogato dal fascino dei luoghi e poi se ne allontana, genera un desiderio di ubiquità. La poesia non è soltanto celebrazione della lingua, è anche celebrazione dei luoghi che sono rimasti conficcati dentro il cuore.
Anche la lingua ha a che fare con la cicatrice: alcune poesie sono nate in italiano, altre in spagnolo, e tutte sono state tradotte nell’altra lingua. Quando si possiedono due lingue, esistono due mondi che a volte si sovrappongono, a volte marciano appaiati, a volte entrano in conflitto. Anche le lingue costituiscono una frontiera.
Nella nota dell’autrice viene chiarito bene il potenziale conflitto: “Dal punto di vista linguistico si tratta di un esperimento, visto che mescola poesie che ho scritto in italiano o in spagnolo e poi auto tradotto nell’altra lingua. Le poesie confluite in questa raccolta stentavano a volersi dissociare da quel magma che le ha viste nascere e crescere insieme, al crinale di due lingue”. Ora anche la scelta della lingua da utilizzare è una frontiera da attraversare, e ogni scelta comporta un’esclusione, una ferita.
Tuttavia la cicatrice, le cicatrici, rappresentano in modo tangibile l’esperienza di una lotta, di un cammino percorso contro vento, di quella battaglia ancora in corso che accomuna l’autrice e l’umanità intera e così consente di tenere aperto uno spiraglio di speranza: “Collassava quel mondo, / lo attraversava ormai solo / il volo diseguale di
uccelli / dal petto pieno di canto”. Quel petto pieno di canto si erge contro le correnti delle difficoltà, contrasta il
sentimento della separazione, quella distanza, lascia aperta una possibilità, dunque prima o poi bisognerà ricominciare a porre fondamenta nuove, “Bisognerà ricominciare / a camminare ai bordi del tempo / di questo sogno che non prende corpo”.
 
 
 
 
DALL’ALTRA PARTE
 
Cosa c’è dall’altra parte di una cicatrice?
I due lembi del tempo?
La crepa di un non ritorno?
La distanza tra le zolle?
Sistemi a uno a uno i libri
di una biblioteca che non è tua,
apri le finestre e sbatti porte
di una casa che non ti appartiene,
raccogli tra le dita la rugiada.
Lì, nella trasparenza di una traccia
qualcuno cuce un tamburo
un abisso, una danza,
Cosa c’è dall’altra parte di una cicatrice?
 
° ° ° ° °
 
 
AL OTRO LADO
¿Qué hay al otro lado de una cicatríz?
¿Las dos orillas del tiempo?
¿La grieta del no regreso?
¿La distancia entre terrones?
Vas acomodando de a uno los libros
en una biblioteca que no es tuya,
abres ventanas y golpeas puertas
en una casa que no te pertenece,
recoges el rocío entre tus dedos.
Allí, en la trasparencia de un rastro
alguien cose un tambor
un abismo, una danza.
¿Qué hay al otro lado de una cicatriz?
 
 
° ° ° ° °

Dos-mujeres-frente-al-mar–La-Perla foto di Gabriel Figueroa

 
LOS LÍMITES DEL MUNDO
 
Un pájaro carpintero picotea los límites del mundo:
¿se vendrá abajo? Preguntas inquieto.
Borrados apenas por la niebla
que contagia este bosque,
te contesto segura: ¡claro que no!
Por dentro los ecos:
¿se vendrá abajo? ¿Se vendrá abajo?
Todo parece tranquilo aunque
la valla del área restringida
para la caza empiece aquí
aunque los aviones vuelen bajos
hasta donde tú y yo
nos metimos en búsqueda
del árbol que rige el cosmos
con la intención de subirnos
hasta la constelación de tu papá.
El silencio nuestra linterna,
sólo el crujido de hojas secas
nos acompaña en el camino.
Mira: ¡de ese hoyo salió una serpiente!
Y el embate de verde y rojo
destapa el odre del mundo.
Allá vienen las almas dolidas
con sus nenias selladas por siglos,
allá vienen a cobrarlo caro.
Un pájaro carpintero picotea los límites del mundo
y un sonido de tambor se vierte.
Se viene abajo todo, corramos.
Pero no digo nada, solo te abrazo.
 
 
 
° ° ° ° °
 
 
I CONFINI DEL MONDO
 
Un picchio becca i confini del mondo:
crollerà? Mi chiedi irrequieto.
Cancellati appena dalla nebbia
che contagia questo bosco,
ti rispondo sicura: ma no!
All’interno echi:
crollerà? Crollerà?
Pare tutto tranquillo nonostante
la recinzione dell’area riservata
alla caccia cominci qui
nonostante gli aerei volino bassi
fin dove tu ed io
ci siamo spinti alla ricerca
dell’albero che regge il cosmo
con l’intenzione di salire
fino alla costellazione di tuo padre.
Il silenzio la nostra lanterna,
solo il fruscio di foglie secche
ci accompagna lungo il sentiero.
Guarda: da quel buco è spuntato un serpente!
E la furia di verde e rosso
scoperchia l’otre del mondo.
Eccole arrivare le anime addolorate
con le loro nenie sigillate da secoli,
eccole arrivare per farla pagare cara.
Un picchio becca i confini del mondo
e un suono di tamburo si versa.
Crolla tutto, corriamo.
Ma non lo dico, solo ti abbraccio.
 
 
° ° ° ° °
 
 
RÍO CAUCA
 
Yo te vi desde lo alto de un puente
río Cauca que surcas esta tierra dorada,
per fue en un sueño de pájaro que vi
los cuerpos hinchados a ras del agua
los chulos desenredar sus entrañas
las faldas rasgadas de tanto olvido.
Cuando la verdad hace nido en mi boca,
irrumpen balsas y todo un pueblo las habita.
Son los ojos sin justicia a asomarse:
tus propios ojos, río Cauca, todavía arden.
 
 
 
° ° ° ° °
 
 
IL CAUCA
 
Io t’ho visto dall’alto di un ponte
fiume Cauca che solchi questa terra dorata,
ma fu in un sogno d’uccello che vidi
i corpi gonfi a pelo d’acqua
gli avvoltoi sbrogliarne le viscere
le gonne logore di tanto oblio.
Quando la verità fa nido sulla mia bocca,
irrompono zattere e un intero popolo le abita.
Sono gli occhi senza giustizia ad affacciarsi:
i tuoi stessi occhi, fiume Cauca, bruciano ancora.
 
 
 
LUCIA CUPERTINO (1986).
Scrittrice, traduttrice e antropologa culturale. Ha vissuto per più di dieci anni in diversi Paesi dell’America latina. Scrive in italiano e in spagnolo. Ha pubblicato: Mar di Tasman (Collana Isola, Bologna, 2014), l’antologia bilingue
Non ha tetto la mia casa / No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016), il libro di racconti I rituali dell’addio (L’Erudita, Giulio Perrone Editore, Roma, 2023) con nota introduttiva di A. Bravi e la silloge Dall’altra parte di una cicatrice (Seri editore, Macerata, 2024) con una nota introduttiva di Prisca Agustoni. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, bengalese, polacco e albanese. Cofondatrice della rivista online La macchina sognante, inserita come iniziativa culturale d’impatto nel libro Conversations on Utopia: Cultural and Linguistic
Practices , Peter Lang, Berlino, 2020. Curatrice della collana Picaflor Scritture latinoamericane (Les Flâneurs edizioni) riguardante poesia, narrativa e saggio dall’America Latina. Traduttrice di più di 10 opere latinoamericane, tra libri ed antologie.