This is us: Elisabetta Sancino, Sandro Pecchiari, Claudia Zironi, Silvia Secco, Luca Ariano, Emanuela Rambaldi, Sonia Caporossi, Paolo Polvani, Virginia Farina, Giorgia Monti, Elisabetta Destasio

 

This is us: Versante ripido il 7 maggio 2021 alle ore 21:00 si è presentato in una diretta online di tutti i suoi redattori con la conduzione dell’amica e collaboratrice Elisabetta Destasio.
Raccogliamo qui le parole e le poesie con cui Silvia Secco ha presentato ognuno di noi nei giorni precedenti l’evento (e le parole con cui Claudia Zironi ha presentato Silvia) e proponiamo il video della diretta per chi volesse ascoltarci in differita.

 

 

Aranquez, mix di Massimo Ferraresi, feat. Monsieur Blumenberg

 

 

Cominciamo da chi ha condotto la diretta: una amica, una poetessa, una voce caratteristica della contemporaneità poetica, che la redazione di Versante ripido ringrazia di cuore, e propone qui con il suo bel volto e le sue parole. Lei è Elisabetta Destasio Vettori.

Rimetti insieme le cose cadute,
traducile in capelli lunghissimi
– ore a guardare un ventre non più asciutto

il tempo sopra alle cose,
la polvere da scostare,
abiti più comodi da abitare

mia fede perduta tra le zolle umide,
lucido uccello che voli tra le mie gambe
non più giovani

fallo, fammi sentire
dove giungono urgenti
le questioni intellettive
che si spostano al centro del petto

e poi, infine dove sai

fallo, non guardarmi più femmina
ma umilmente donna,
con questo nome scritto a due mani
in un letto pulito
e vergine

fallo, fai quest’unico destino di attendere
e attendere questo incompiuto destino,
insieme

nel luogo esatto dove il buio
non può più nulla – ma la luce
che si staglia su noi,

*

 

Versante ripido è stato, in origine, un sogno. Il sogno delle tre persone in questa foto. Cosa fanno i sognatori? Nulla di misurabile, niente che si possa toccare. Cosa fanno i sognatori? Loro immaginano. Immaginano un mondo nuovo. E la loro immaginazione è così grande che, alla fine, questo mondo nuovo esiste, un giorno, all’improvviso.
Ecco i fondatori di Versante ripido, in una fotografia di qualche anno fa: Paolo Polvani, Claudia Zironi, Emanuela Rambaldi. Ecco alcune delle loro parole, buonissimo seme nei prati del tempo.

Paolo Polvani:

Questa campagna esatta e laboriosa tenere tra le braccia,
masticarla piano, assaporare tra i denti una gioia
assoluta e senza credi, diventare lo sguardo fisso delle vigne,
essere i sentieri che corrono a perdifiato tra gli ulivi, vene
che ingurgitano i verbi della luce, la grammatica breve
degli insetti, le vite infinite e sconosciute, le chiome
nebulose dove si frange il volo della gazza, le aperte
geometrie, se potessi questa terra ingoiarla, digerirne
le masserie lucide di calce e di silenzi, essere il brusio
delle finestre, il richiamo misterioso dei pozzi, se potessi
essere la memoria di tutti i fili d’erba, essere io lo sguardo
il suono, il confine del vento.

 

Claudia Zironi:

Ti potrei parlare della vita, di quella volta
che sono stata Dio nella mia pancia, ti potrei dire
di come sia facile confondere
ragnatele con amore e di come fa paura
solo ciò che non si conosce. Sulla morte
ho scritto un libro, forse lo leggerai,
ma non è un tema importante. Potrei anche
valutare qualcosa di artistico
o di formale: che tempo fa da te, oggi? Poi,
potrei mandarti una canzone
di Cohen, con dentro tutto quello
che una donna desidera sentire.
Se conoscessi la risposta, potrei spiegarti
perché corro, della fretta che ho
di arrivare in fondo. O potrei anche
smettere di parlare e rimanere a lungo
in ascolto della tua voce, senza respirare.

 

Emanuela Rambaldi:

Eccomi qui. Di fronte al mare, finalmente.
Ti chiederai cosa faccio, tutto il giorno, ora che sono qui.
Dormo molto. Sto alla finestra. Guardo il mare, gli ultimi turisti che si attardano cercando di prolungare l’estate, strappando prezzi migliori.
Un caldo tenue, che invita all’indolenza.
Non è più la riviera chiassosa, luminosa, sempre sveglia, sempre pronta.
Non c’è un altro posto così, in tutto il mondo. Si potrà dire questo di tutti i luoghi?
Se ne vanno, i turisti, dopo la grande estate. Dopo l’ubriacatura. Le luci sempre accese. Le voci sempre urlate. A malincuore. Non ancora il freddo. Non ancora.

*

 

Silvia Secco vive a Bologna in una casa di ringhiera colma di amicizia e di soprese: gatti, piante, vini degli abissi, persone belle, amore. Silvia è uno dei soci fondatori dell’Associazione Versante ripido nonché redattrice del blog. Silvia scrive e ha il dono innato della poesia, di far suonare le parole. Ecco alcuni suoi versi, ancora inediti:

Occorrerebbe dire, a volte, le promesse delle mani,
il cerchio d’oro della fede e l’anulare nudo, la parola dio
che l’uomo ha disegnato, la scrittura dell’istituzione
– quanto abbiamo rovesciato: quanto abbiamo perso amore mio,
quanto umanamente senza averlo mantenuto –
un odore d’erba e di cucina, la stagione appena prima della neve
neve benedetta che dovrà,
che prima o poi dovrà arrivare.

*

 

Ecco la tigre, il “furore” (come qualcuno ha definito la sua poesia), il fuoco. Ecco il color pervinca, la prima delle fragole della stagione, l’erba matta all’argine del naviglio, la collana con le pietre colorate, il sorriso esploso degli occhi. Qui presentiamo Elisabetta Sancino:

 

“Così vive l’uomo selvatico” (DJUNA BARNES)

 

DJUNA (COSI’ HO SCRITTO)                                                                       

La sciagura è profanare il giorno
chini sulle tastiere (ustioni e verità
fasulle e occhi secchi che piangono)
ho un sorriso slabbrato e un livido
sotto l’occhio che a malapena apro
per leggere libri
Perché ne ho bisogno
Così ho scritto
sutra raccattando mutande
cadute in giardino cuocendo cuori
come pesche enormi sbagliando
sempre scrivendo sempre
con il fuoco nel trentatreesimo anello
tutto il midollo della mente ho riversato
su carta riciclata con l’unto che colava
sul mio corpo ridicolo
La sciagura più grande è rinchiudersi
Al buio e non scriverlo.

*

 

Un giovane uomo di grande spessore culturale e morale, che però non manca mai della sua caratteristica ironia: Luca Ariano. Luca, il nostro parmense quasi-“milanese”, ci porterà certamente la sua grande conoscenza della poesia contemporanea, dal novecento ai giorni nostri, ci porterà il suo sorriso e la sua capacità di discorrerne in modo divulgativo e, soprattutto, ci porterà la sua parola poetica, Civile nel suo significato più forte, di testimonianza e memoria.

Fu forse con lei
l’ultima volta tra la folla
prima di vedere viali deserti
e botteghe serrate.
Lì mesi dopo come un turista
ancora cercando una guida
di antiche storie… vite accantonate,
quasi in quelle strade
scoprissi il segreto del tuo tempo.
Lamenti la stagione come un vecchio
di ricordi e la porti in una pasticceria
storica… un regalo tardivo,
fuori epoca eppure ancora immagini
una festa classica;
la volevi da bambino
– sempre corso troppo di fantasia –
eppure rimasto fermo
a scorrere le esistenze altrui.
Attonito come quando predicava
San Bernardino in quelle chiese,
sagrati stipati ma per taluni
un impostore… un eretico.
Anche lui scampò a quella peste
come il pittore devoto a San Rocco
tra tele e preghiere in laguna.

*

 

La poesia che presentiamo qui è la parola come segno, traccia e grafia, ed è, insieme, una voce che chiama forte l’attenzione, che pretende un ascolto partecipe da parte del lettore. Ecco Sonia Caporossi, ecco il tentativo del contatto, nel duplice e vicendevole impegno ad uscire dal proprio mondo/linguaggio per entrare in un altro, o in molteplici altri sorprendenti e vastissimi.

*

 

Nella luce bellissima del tardo pomeriggio presentiamo l’anima e la parola di Giorgia Monti. Se la parola avesse un colore, la parola poetica di Giorgia avrebbe questo tono caldo, di sole maturo, e sarebbe arancio, rosso, vivo. Giorgia ci parlerà della sua rubrica e della sua poesia, dell’importanza di portare “fuori”, verso gli altri, la fiaccola della lingua e del significato (cosa che da tempo realizza anche per gli altri).

Mi realizzo nell’eclissi,
nelle variazioni di grado
fra gli specchi,
nell’approssimazione
delle distanze
calcolate con gli occhi.
Sono il mondo obliquo
dei segni contrari.
Il finimento regio
del regno dei sogni
mancanti

*

 

Ora che inizia il “nostro giorno”, nel silenzio quieto che precede le cose, da qualche parte nell’isola grande, certamente fiorisce il ‘giglio del cielo’. Virginia Farina, la poetessa che oggi presentiamo, conosce bene l’Asfodelo: ci sono prati e prati di grazia e colore nei suoi testi, e comune a questo fiore è il senso profondo della sua scrittura – forza e resistenza, perdurare al tempo, terra vicina al mare -. Gli antichi credevano che i cari mancati camminassero su prati di asfodeli. È questo continuare che succede davvero, se se ne coltiva la memoria.

Frontiera

Ai nostri occhi chiusi sul Mediterraneo

Il giorno in cui chiusero i porti
Si rivoltò il mare negato alla sua riva
L’onda si ritorse sul fondale
E il vento spezzò gli alberi alle navi.
Le nuvole si chiusero sul sole.
La sabbia rovesciò in oltremare.

Intorno alla banchina chi rimase
Fissò il vuoto di un azzurro che si faceva muro
Poi proseguì senza pensare
Nel solco quotidiano delle rese
Mentre stringeva addosso l’orizzonte
E s’adattava il nome
Alla frontiera.

*

 

A concludere questa carrellata di presentazioni è Sandro Pecchiari. Le parole che scegliamo, fra le sue meravigliose, sono di un libro particolare, di qualche anno fa: L’imperfezione del diluvio. L’imperfezione, l’incerto, il filo di disequilibrio sul quale muove l’inquietudine, appartengono agli elementi nobili e mobili del cosmo e dello spirito, come l’acqua. E quale elemento se non questo trasparente mobile e mutevole, potrebbe rappresentare meglio la voce poetica di Sandro? Trieste, la sua città imperiale, dal respiro grande d’Europa, d’altronde, ne custodisce il segreto e il riverbero di luce. E Sandro è maestro nel disegno della luce sull’acqua: sopra il blu d’Isonzo o del mare, sotto il neroblu delle tempeste (anche furiose del vivere) e del diluvio.

l’essere privato di un passaggio
tra il vivere che resta
e te
mi fa immobile nella diminuzione

siamo conseguenze di una impossibilità

non perdóno i cuculi
dischiusi per la distruzione
si cade
per mancanza

*

 

Il video della serata:




 

 

Chi siamo