Sui quadri di Franco Corradini, poesie di Luigi Paraboschi.

     

     

Da “l’estiva arsura“  pag. 20 del catalogo di Franco Corradini

     

In basso a destra una macchia d’azzurro

sembra cielo inchiodato  al suolo

– forse è acqua nella valle – e se osservi

sotto il giallo dell’estate scopri la trama

del terreno e i suoi canali secchi

le ferite e le feritoie aperte dagli aratri,

    

e poi al centro verso il basso

i pali rugginosi delle viti

velati da quell’aria che ti sfiora

quando siedi e godi il bello del riposo

l’estate che ti esplode attorno, il bianco

delle nuvole che scavallano la collina

     

tu le corteggi  e godi di quel silenzio

che non sai se è conquista o dono

ma ti accoglie ora dopo ora

e ti distende quando scopri

quanto Amore c’è dentro quel colore

che pare sparso senza adesione

a ciò che osservi , eppure tu sai che sta

dentro il non detto il senso

più profondo del tuo vissuto.

     

31.5. 2019

*

     

pag. 26  Winterrise   guardato in orizzontale

     

Forse è un pesce oppure un drago

assopito nella pianura a destra

ciò che serra nel ghiaccio la pianura.

     

Alto, il profilo della collina chiude il cielo

e il verde del tempo estivo sfuma nell’azzurro

sopra il giallo chiaro che non stride

accanto all’acqua dal blu profondo

     

la vita muore dentro un viaggio

d’inverno che mi rimanda al libro

di Bertolucci e non consola

il cuore quel baffo rosso sangue

ferita della neve dove s’ottunde il profilo

della casa ai piedi della collina

     

31.5. 2019

*

     

pag, 26 Winterrise  (guardato in verticale)

 

Sono tardive rose nei vigneti

le macchie rosse che insanguinano

il bianco verticale in cui galleggia

lo scheletro di un albero attorcigliato

per protezione dentro la bufera.

     

S’apre uno schiarore sulla sinistra

ove l’azzurro impasta il giallo

spento dei campi in lontananza.

      

Ombre fucsia in alto, residui

forse di foglie che sembrano

librarsi aride in volo dentro

una bufera che non lascia pace.

     

31.5. 2019

*

   

Da “marginare il vento“ pag. 13 e 23

     

L’acidulo del tuo giallo a primavera

_non  caldo come quello dell’estate

quando lo fai esplodere nei vigneti_

lo scopro  nel tuo occhio attento

all’ inizio della stagione e il movimento

è sempre verticale mentre

lo accompagni con volo d’uccelli

dentro bianche nuvole che ascendono.

      

E’ incontenibile l’evanescenza

dell’onda dello Pneuma _ metafora

di quel Verbo che nessuno ascolta_

tu la pieghi e la disperdi dentro

l’accostamento dei colori

di un paesaggio che non c’è

per lo sguardo cieco che poi vede

quando è in sosta davanti alla tua tela.

      

Allora ci appaiono tracce

di un inconscio che balugina

in fondo ai corridoi e dentro

i labirinti del sentire dove

scopriamo il palpito di quel vento

che attraversa il mondo

     

e tutto è descritto con colpi d’ala

verso l’alto, fiamme appena d’ un rosso

rapido e guizzante di un sospetto

     

e si commuove il cuore di chi osserva

mentre spera di afferrare il senso

di quel vento al quale nessuno

può o vuole mettere confini o argini.

*