Amatevi! Selezione di POESIE D’AMORE

         

Per questo San Valentino 2021, propongo, in ordine sparso, un’ampia selezione di poesie d’amore e sull’amore di:
Dante Alighieri, Luca Ariano, Franco Arminio, Wystan Hugh Auden, Chiara Baldini, Daniele Barbieri, Elizabeth Barrett Browning, Charles Bukowski, Sonia Caporossi, Gaio Valerio Catullo, Patrizia Cavalli, Julio Cortazàr, Milo De Angelis, Francesca Del Moro, Elisabetta Destasio, Virginia Farina, Mariangela Gualtieri, Nazim Hikmet, Ksenja Laginja, Vivian Lamarque, Eduardo Lizalde, Paola Loreto, Alda Merini, Eugenio Montale, Giorgia Monti, Pablo Neruda, Elio Pagliarani, Sandro Pecchiari, Paolo Polvani, Emanuela Rambaldi, Saffo, Elisabetta Sancino, Francesco Sassetto, Silvia Secco, Manlio Sgalambro e Franco Battiato, Gaspara Stampa, Francesco Tomada, Patrizia Valduga, Idea Vilariño, Claudia Zironi.
Rifuggendo, in questa occasione alquanto pop, qualsiasi tecnicismo, appositamente non inserisco riferimenti editoriali, bibliografici e cronologici. Molto del materiale qui riportato è presente anche altrove in rete. Godetevi questi miei Jump![1] e

    

Amatevi!

    


Saffo:

 

Tramontata è la luna (trad. Quasimodo)

 

Tramontata è la luna

e le Pleiadi a mezzo della notte

anche giovinezza già dilegua,

e ora nel mio letto resto sola.

 

Scuote l’anima mia Eros,

come vento sul monte

che irrompe entro le querce;

e scioglie le membra e le agita,

dolce amara indomabile belva.

 

Ma a me non ape, non miele;

e soffro e desidero.

*


Gaio Valerio Catullo:

 

Vivamus mea Lesbia (trad. Canali)

 

Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci,

e le dicerie dei vecchi severi

consideriamole tutte di valore pari a un soldo.

I soli possono tramontare e risorgere;

noi, quando una buona volta finirà questa breve luce,

dobbiamo dormire un’unica notte eterna.

Dammi mille baci, poi cento,

poi ancora mille, poi di nuovo cento,

poi senza smettere altri mille, poi cento;

poi, quando ce ne saremo dati molte migliaia,

li confonderemo anzi no, per non sapere (il loro numero)

e perché nessun malvagio ci possa guardare male,

sapendo che ci siamo dati tanti baci.

*


Pablo Neruda:

 

Yo no te quiero sino porque te quiero

 

Io non ti amo se non perché ti amo

e dall’amarti al non amarti giungo

e attenderti quando non ti attendo

passa il mio cuore dal freddo al fuoco.

 

Ti amo solo perché amo te,

ti odio senza fine, e odiandoti ti prego,

e la misura del mio amore nomade

è non vederti e amarti come un cieco.

 

Forse si esaurirà la luce di Gennaio,

il suo bagliore crudele, tutto il mio cuore,

rubandomi la chiave della quiete.

 

In questa storia sono solo io a morire

e morirò d’amore perché ti amo,

perché ti amo, amore, a sangue e fuoco.

*


Idea Vilariño:

 

Te estoy llamando (trad. Canfield)

 

Amore

dall’ombra

dal dolore

amore

ti sto chiamando

dal pozzo asfissiante del ricordo

senza che nulla giovi

né ti attenda.

Ti sto chiamando

amore

come il destino

come il sonno

come la pace

ti sto chiamando

con la voce

con il corpo

con la vita

con tutto ciò che ho

e che non ho

con disperazione

con sete

con pianto

come se tu fossi aria

e io affogassi

come se tu fossi luce

e io morissi.

Da una cieca notte

da oblio

da ore chiuse

in solitudine

senza lacrime né amore

ti sto chiamando

come la morte

amore

come la morte.

*


Julio Cortazár:

 

Si he de vivir (trad. Toti)

 

Se devo vivere senza di te, che sia duro e cruento,

la minestra fredda, le scarpe rotte, o che a metà dell’opulenza

si alzi il secco ramo della tosse, che latra

il tuo nome deformato, le vocali di spuma, e nelle dita

mi si incollino le lenzuola, e niente mi dia pace.

Non imparerò per questo a meglio amarti,

però sloggiato dalla felicità

saprò quanta me ne davi a volte soltanto standomi nei pressi.

Questo voglio capirlo, ma mi inganno:

sarà necessaria la brina dell’architrave

perché colui che si ripari sotto il portale comprenda

la luce della sala da pranzo, le tovaglie di latte, e l’aroma

del pane che passa la sua mano bruna per la fessura.

 

Tanto lontano ormai da te

come un occhio dall’altro,

da questa avversità che assumo nascerà adesso

lo sguardo che alla fine ti meriti.

*


Nazim Hikmet:

 

I tuoi occhi (trad. Lussu – Mucci)

 

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi

che tu venga all’ospedale o in prigione

nei tuoi occhi porti sempre il sole.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi

questa fine di maggio, dalle parti d’Antalya,

sono così, le spighe, di primo mattino;

i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi

quante volte hanno pianto davanti a me

son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,

nudi e immensi come gli occhi di un bimbo

ma non un giorno han perso il loro sole;

i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi

che s’illanguidiscano un poco, i tuoi occhi

gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:

allora saprò far echeggiare il mondo

del mio amore.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi

così sono d’autunno i castagneti di Bursa

le foglie dopo la pioggia

e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi

verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno

che gli uomini si guarderanno l’un l’altro

fraternamente

con i tuoi occhi, amor mio,

si guarderanno con i tuoi occhi.

*


Dante Alighieri:

 

Tanto gentile e tanto onesta pare

 

Tanto gentile e tanto onesta pare

la donna mia quand’ella altrui saluta,

ch’ogne lingua deven tremando muta,

e li occhi no l’ardiscon di guardare.

 

Ella si va, sentendosi laudare,

benignamente d’umiltà vestuta;

e par che sia una cosa venuta

da cielo in terra a miracol mostrare.

 

Mostrasi sì piacente a chi la mira,

che dà per li occhi una dolcezza al core,

che ’ntender no la può chi no la prova:

 

e par che de la sua labbia si mova

un spirito soave pien d’amore,

che va dicendo a l’anima: sospira

*


Gaspara Stampa:

 

Chi vuol conoscer, donne, il mio signore

 

Chi vuol conoscer, donne, il mio signore,

miri un signor di vago e dolce aspetto,

giovane d’anni e vecchio d’intelletto,

imagin de la gloria e del valore:

di pelo biondo, e di vivo colore,

di persona alta e spazioso petto,

e finalmente in ogni opra perfetto,

fuor ch’un poco (oimè lassa! ) empio in amore.

E chi vuol poi conoscer me, rimiri

una donna in effetti ed in sembiante

imagin de la morte e dè martiri,

un albergo di fé salda e costante,

una, che, perché pianga, arda e sospiri,

non fa pietoso il suo crudel amante.

*


Eugenio Montale:

 

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

 

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono

le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

 

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.

Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue.

*


Charles Bukowski:

 

Quando Dio creò l’amore

 

Quando Dio creò l’amore non ci ha aiutato molto

quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani

quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma

quando Dio creò l’odio ci ha dato una normale cosa utile

quando Dio creò Me creò Me

quando Dio creò la scimmia stava dormendo

quando creò la giraffa era ubriaco

quando creò i narcotici era su di giri

e quando creò il suicidio era a terra

 

Quando creò te distesa a letto

sapeva cosa stava facendo

era ubriaco e su di giri

e creò le montagne e il mare e il fuoco

allo stesso tempo

Ha fatto qualche errore

ma quando creò te distesa a letto

fece tutto il Suo Sacro Universo.

*


Alda Merini:

 

Accarezzami

 

Accarezzami, amore

ma come il sole

che tocca la dolce fronte della luna.

Non venirmi a molestare anche tu

con quelle sciocche ricerche

sulle tracce del divino.

Dio arriverà all’alba

se io sarò tra le tue braccia.

*


Elio Pagliarani:

 

Acrostico

 

Cara, cerco un acrostico

E m’adopro per questo,

Tolgo dal canestro

Tre genziane

Assetate

 

Aspetta che non ho finito

Mi resta il più ora

Ora è il più che mi resta da fare

Restituita stagione propizia

Estate di San Martino indeclinabile

 

Ma se quando l’inverno ibernasse

Indeclinabile resterà l’amore

O l’errore l’errore del vivere

*


Elizabeth Barrett Browning:

 

Sonetto XLIII (trad. Ricci)

 

Come ti amo? Lascia che i modi conti. Ti amo

fino alla profondità, al respiro, all’altezza

che l’anima mia sa raggiungere, quando anela

ai confini dell’Essere e dell’ideale Grazia.

Ti amo nella quieta necessità di ogni giorno,

alla fiamma del sole e della candela. Ti amo

nella libertà, come chi lotta per la Giustizia;

nella purità, come chi dal Plauso rifugge.

Ti amo con la passione che consumavo

nei miei antichi affanni, con fede di bambina.

Ti amo con quell’amore che perduto credevo

con i miei perduti santi – Ti amo col respiro,

i sorrisi, le lacrime di una vita intera! – e

se vorrà Dio, meglio dopo la morte ti amerò.

*


Mario Sgalambro e Franco Battiato:

 

La cura

 

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie

Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo

Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

 

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore

Dalle ossessioni delle tue manie

Supererò le correnti gravitazionali

Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

 

E guarirai da tutte le malattie

Perché sei un essere speciale

Ed io, avrò cura di te

 

Vagavo per i campi del Tennessee

Come vi ero arrivato, chissà

Non hai fiori bianchi per me?

Più veloci di aquile i miei sogni

Attraversano il mare

 

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza

Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza

I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi

La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi

 

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto

Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono

Supererò le correnti gravitazionali

Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

 

Ti salverò da ogni malinconia

Perché sei un essere speciale

Ed io avrò cura di te

Io sì, che avrò cura di te

*


Chiara Baldini:

 

Buccia

 

 
Mi squami le pretese, come si fa

col pesce. Mi rendi commestibile

donna, pacata che si dona in corpo

al corpo da lei altro.

Mano perfetta, che non mi affatica

l’occhio mentre orchestra il moto

sul mio seno. Poi lingua

d’acqua che arrotonda il sasso mio

spinale, corso in cima.

Di ogni pensiero nato pesante

tu, ala coraggiosa

al pendio ci abbandoni

e così mi porti aria alle narici.

Il fiato dello stare e dell’essere.

L’umanità che caparbia ho schifato

l’imperfetto che ora in me più amo.

Il neo petulante, la linea del naso

incline alla puzza, il giro vita

che fa gli anelli di Saturno.

Sei tu il pianeta nascosto in cui

credi se io non so farlo.

La rotondità perfetta (detta di scienza)

scarica la forza e l’annulla.

Fa calma, punto zero, Terra pronta

per il germoglio. Sfera: è tutto il buono

con la sostanza e tu ne sei la polpa.

Allora lascia che io

sia nel mio essere diritta, buccia

almeno, tuo scudo. Ruvida al vento

fuori. Solo per te dentro rivolta.

*


Vivian Lamarque:

 

Il signore di fronte

Era un signore seduto di fronte a una signora seduta di fronte a lui.

Alla loro destra/sinistra c’era una finestra, alla loro sinistra/destra c’era una porta.

Non c’erano specchi, eppure in quella stanza, profondamente, ci si specchiava.

 

Il signore nel cuore

Le era entrato nel cuore.

Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie

le era entrato nel cuore.

E lì cosa faceva?

Stava.

Abitava il suo cuore come una casa.

*


Francesco Tomada:

 

Viene buio presto

 

Il tavolo con i piatti sporchi della cena

una bottiglia di vino bevuta a metà

per darci un po’ di svagatezza

e io penso a quando ci promettevamo

di restare insieme per sempre

abbiamo mentito

l’eternità non esiste

amare è un verbo che ha senso soltanto al presente

così prima che tu possa sparecchiare

allungo la mano per stringere la tua

come i bambini che non vogliono dormire

perché hanno paura

di non svegliarsi più

*


Giorgia Monti:

 

Assiettate

 

Quando l’ho visto aveva i pantaloni bianchi

e una fame gialla.

Il suo petto fibrillava di poco

sotto la pompa di un cuore distratto.

Incerto ingenuo inadatto inconsapevole.

Gli dissi: non avere paura del tuo stesso sangue.

E così, crollando dalle gambe, si raccattò fra le sue lacrime.

 

Quando l’ho visto aveva i pantaloni bianchi.

I muscoli bianchi, le vene bianche, un ghigno bianco

e mani nere.

Le sue narici spruzzavano chiodi

e dalle orecchie gli cadevano parole orizzontali.

Ansante angosciato annaspante anoressico.

Non pensai ci fosse qualcosa da dire.

Non aveva bisogno di niente.

 

Quando l’ho visto aveva i pantaloni bianchi

e una tuba di cera.

Una vestaglia di pecora

e un rossetto rosso.

Vaporoso vaticinante vagheggiante valente.

Parlava francese e napoletano.

Mi disse: assiettate e assayez vous!

E io, su un piede solo, seminai viole e tulipani.

*


Virginia Farina:

 

Rifugio

 

Darei l’aria d’oro della sera

e queste mani colme di destino

per il tuo abbraccio saldo

in cui farmi ricovero, asilo, tana

in cui farmi riparo, tettoia, scudo

radice del giardino, chiostro, casa

a cui tornare, nido, porto, letto

porta e soglia tra l’esserci

e l’andare

 

ma anche tu tremi

e forse è notte

 

ed è già tempo di tornare.

*


Milo De Angelis:

 

A Viviana Nicodemo

 

Ho saputo, amica mia,

che sei stata in un limite. Anch’io

negli intervalli di una sola e grande morte

dormivo tra i casolari

dove si raccolgono d’inverno

con la parola disunita e il fitto

delle idee: entrava

un profumo di uva passa e la neve

dell’incontro ha percepito

la mia notte nella tua.

*


Elisabetta Destasio:

 

Via dei Bibiena (Bologna)

 

Ci sono luoghi, vie,

corti protette

dalla penombra

e presagi di temporali.

Fa silenzio l’aria,

prima della pioggia

e dopo il tuo arrivo.

Proprio prima dell’amore.

*


Franco Arminio:

 

La prima volta

 

La prima volta non fu quando ci spogliammo

ma qualche giorno prima,

mentre parlavi sotto un albero.

Sentivo zone lontane del mio corpo

che tornavano a casa.

*


Ksenja Laginja:

 

Una ad una

 

Una ad una

sgrano sulle tue ossa

le mie verità

[una dopo l’altra]

con i muscoli tesi

la bocca annodata

e contratta,

i denti appuntiti

[affilati sulle labbra]

sul tuo corpo

nero e cavernoso.

 

La tua bocca

insanguinata

[sulla mia]

preme con forza

lasciandomi debole

ed esanime

fra le tue braccia

di china.

 

Amo il desiderio

pungente

e insanguinato

dei nostri corpi riflessi

l’uno sull’altro,

specchio degli occhi

[lingua sul cuore]

 

L’odore di sesso

sulle nostre spalle

distende languide

ossessioni,

incisioni profonde

fra i nostri odori

pungenti,

delicate sofferenze

luminose.

 

Una ad una

conto le costole

soprapposte

l’una sull’altra

un percorso ossuto

di acqua lunare

su cui affondare

le dita increspate

e inflessibili.

Mani nodose

e appuntite

[uncini di ferro]

pronte a strappare

la carne del cuore

a sospendere nel tempo

i respiri tesi

e irregolari

sulle nostre lingue.

 

Una ad una

conto le parole

che scivolano

dalle mie labbra

verso le tue,

per ritornare ancora

sulle mie,

come ferite

languide

all’incrocio

dei nostri sessi

lividi e accesi

l’uno sull’altro.

*


Mariangela Gualtieri:

 

Alcesti

 

Ma solo pensare a te.

Non è una figura che viene

una nitida traccia.

È come cadere in posto

con un po’ di dolore.

Tu sei il mio tu più esteso

deposto sul fondo mio. Tu. Non c’è

un’altra forma del mondo

che si appoggi al mio cuore

con quel tocco, quell’orma.

Tu. Tu sei del mondo la più cara

forma, figura, tu sei il mio essere a casa

sei casa, letto dove

questo mio corpo inquieto riposa.

E senza di te io sono lontana

non so dire da cosa ma

lontana, scomoda un poco

perduta, come malata,

un po’ sporco il mondo lontano da te,

più nemico, che punge, che

graffia, sta fuori misura.

 

Mio vero tu, mio altro corpo

mio corpo fra tutti mio

più vicino corpo, mio corpo destino

ch’eri fatto

per l’incastro con questo mio

essere qui in forma di femmina

umana. Mio tu. Antico suono

riverberante, antico

sentirti destino intrecciato

sentire che sei sempre stato

promesso da ere lontane

da distanze così spaventose

così avventurose distanze da

lontananze sacre.

 

Tu sei sacro al mio cuore.

Il mio fuoco

brucia da sempre col tuo

il mio fiato.

 

Io parlo delle forze –

di correnti sul fondo del mio lago

sul fondo del tuo, oscure e potenti,

più del tempo dure più dello

spazio larghe, ma sottili

al nostro sentire,

afferrate appena

e poi perdute, nel loro gioco.

 

Che cosa siamo io e te? Che cosa eravamo

prima di questo nome? E ancora

saremo qualcosa, lo sappiamo e non

lo sappiamo, con un sentire

che non è intelligente lavorio cerebrale.

 

Nessuna parte di corpo che muore

nessun pezzo umano, nessun arto,

nessun flusso di sangue, nessun

cuore, nessuno, niente che sia

stretto nel giro del sole, niente

che sia solo terrestre umano muove

il tuo cuore al mio, il mio al tuo,

come fossero due parti di un uno.

 

Allora tu sei la mia lezione più grande

l’insegnamento supremo.

Esiste solo l’uno, solo l’uno esiste

l’uno solamente, senza il due.

*


Luca Ariano:

 

Quasi non credevi ai tuoi occhi

 

Quasi non credevi ai tuoi occhi Enrico,

confuso dai suoi seni, non cambi mai.

Ricominci a sperare… sognare… illuderti

e tornando a notte fonda canzoni di tuo padre:

«Solo, camminerò solo…»

Ripensi a Marina… quelle parole:

«Alla sera solo Netflix!

Non lo facciamo da mesi»

La domenica al centro commerciale:

«Ne costruiranno uno immenso…

C’era quella fabbrica… duecento negozi!»

Quegli operai mai più tornati.

Rosa rifletti guardando il mare,

quello delle passeggiate di Sbarbaro

che rileggi Fiulin rigirandoti nel letto

tra ossa doloranti… forse strappi del tempo.

Fuori odore di erba tagliata, tosate le siepi

immagini un bacio tra la fragranza dei fiori,

volo di api in un vento secco.

*


Elisabetta Sancino:

 

Miracolo

 

Siamo ancora insieme

indenni

mentre la pioggia s’addensa come una carezza

che scivola dalla nuca alle vertebre

genera brividi

poi cade a terra

a moltiplicare

il catalogo dei fiori.

Ti parlo una lingua blu

oceanica e impaziente

tempestata di ciottoli e foreste:

se a volte non mi comprendi

lo sai

che non è per poco amore

ma per quelle due sillabe infisse nella glottide

-nel punto sonoro le trattengo

insieme a quel che so di noi

quando l’alba ti sguscia fuori dalla bocca

e come spina di cardo si radica

nel miracolo della mia schiena.

*


Paola Loreto:

 

Nella prossima vita

 

Nella prossima vita

avremo una casa: io e te.

Un orto, un giardino.

(Il fico nero, l’acero rosso.)

Mani nella terra, sul nostro

corpo. Dentro sarà il fuoco

di legna, il legno su cui

camminiamo. Bianco

ma non di smalto.

Nella vita che viene

avremo un bambino

ispido e nero

selvatico, ardente.

Non avremo paura.

Lasceremo la fine

agli altri. Inizieremo.

*


Paolo Polvani:

 

I segni del tempo

 

I segni del tempo si depositano

sulla tua pelle come una polvere dorata.

Specchiano l’adesione dei miei autunni.

Li accompagno con la punta delle dita

e non posso che amarli

come si ama l’aria.

*


Silvia Secco:

 

Come faranno i figli a imparare a vivere

 

Come faranno i figli a imparare a vivere

le madri a scordarlo, a fare largo

se madri e padri non sanno la vastità

bianca dei campi fatti oceani dalla neve.

Né sanno immaginare di contarle: due

le sillabe nella neve, due nella luna

e nelle due il chiarore. All’amore

occorre tacere, come alla neve cadere.

Occorre accarezzare, se brucia soffiare.

Placare se serve, lenire.

*


Daniele Barbieri:

 

Sedersi a una tavola a mangiare la luce

 

sedersi a una tavola a mangiare la luce perché, dicono,

ora è primavera, vedere il tempo come fanno gli altri,

 

essere con chi ci parla, non importa se è davvero

primavera, quello che importa è sentire come senti

tu, sentire insieme questa cosa che tu chiami risveglio,

 

che tanto mi piace che la chiami così, io non lo so,

non mi importa molto, sedersi a una tavola a mangiare

la luce perché tu la vedi, perché tu hai sentito

che così l’avrei sentito anch’io

*


Francesca Del Moro:

 

A te stella salivo

 

A te stella salivo

salivo a te sogno a te angelo custode

a te dio incarnato per me atea salivo

col corpo spalancato, col cuore impazzito,

un incendio negli occhi, al ceppo sull’altare salivo

– ché di sangue si nutre ogni amore divino –

in attesa di sentire la tua mano sul viso.

*


Patrizia Cavalli:

 

Il cuore non è mai al sicuro

 

Il cuore non è mai al sicuro e dunque,

fosse pure in silenzio, non vantarti

della vittoria o dell’indifferenza.

Rendi comunque onore a ciò che hai amato

anche quando ti sembra di non amarlo piú.

Te ne stai lí tranquilla? Ti senti soddisfatta?

Potresti finalmente dopo anni

d’ingloriosa incertezza, di smanie e umiliazioni,

rovesciare le parti, essere tu che umili e che comandi? No, non farlo,

fingi piuttosto, fingi l’amore che sentivi

vero, fingi perfettamente e vinci

la natura. L’amore stanco

forse è l’unico perfetto.

*


Sandro Pecchiari:

 

Partenze

 

Le due tazze vicine, due bicchieri,

la caffettiera lustra e le posate

ormai asciutte nello scolapiatti,

nella casa in silenzio da quel giorno.

 

E i loro riflessi di ricordo

si sospingono avanti sgomitando

parlando urlando tutti assieme:

sfilze di frasi, qualche abbraccio,

quel tuo sereno possedermi,

un cincin al futuro senza crederci,

quel nostro sghembo complice sorriso,

il caffè che amo al cardamomo,

che mi hai portato da lontano

e che lontano ti riporta…

*


Sonia Caporossi:

 

Tu aggiungi forma all’informe

 

                                        Tu aggiungi forma all’informe

Come il calco di un riflesso diamantato che rivela accecando

E quando sorridi

Il ventre sacrificato dell’ultima delle api fa sanguinare il dito di un angelo

 

                                         Tu aggiungi parole ai pensieri

Modelli le onde proteiformi delle maree cerebrali

E quando esplosioni di luce riverberano il ritmo emozionale

E nella spirale Sufi della tua grazia ovattata vortichi e danzi

                                     Tu aggiungi senso alle sensazioni

 

                                                              Amore mi hai rapita

Ma per ridarmi la libertà hai chiesto solo cento lire

E tutte le monetine del mondo volano sul tuo grembo

 

E questo è un po’ triste, ma sappi che sempre

Nella presenza dell’assenza

Come il sacro pneuma fluttuante che regola i battiti

Del nostro cuore esausto e intorpidito

                                              Tu aggiungi vita alla vita

                                          Tu aggiungi amore all’amore

*


Francesco Sassetto:

 

Forse l’amor

 

Forse l’amor xe davéro

’na volta sola.

Quei oci che te va in fondo

al cuor xe un lampo

– nàssar e morìr –

che brusa e sparisse

 

Trad. dal dialetto veneziano:
Forse l’amore è davvero / una volta sola. // Quegli occhi che ti vanno in fondo / al cuore sono un lampo / – nascere e morire – // che brucia e scompare

*


Emanuela Rambaldi:

   

E io so

 

E io so

quando ti sento parlare

come un pazzo

come un veggente

come un ragazzo

e io so

quando tu

lasci scorrere le parole

gli occhi chiarissimi

troppo pieni di vino

e io so

quando tu sogni del viaggio

e del Perito Moreno

e io forse sono

e tu brilli gli occhi

e il fiato

e brinderemo

io forse

al Perito Moreno

perché poi solo dopo

dopo

io sono e tu

e quindi

ti ho sentito parlare

di un domani

un forse

ma vero

ora che detto

così

tra il vino e

il fiato perplesso sì

siamo

saremo non so

cosa

e tu hai chiamato

un sogno

e il sogno ha risposto

e il sudamerica

avrà il nostro aspetto

e ci avrà atteso

forse

e poi tu hai detto

della poderosa

e gli occhi mi si

riempiono di lacrime

ora

al pensiero

perché qui

ora

la notte è quasi mattino

e io

amore

ti ho sentito parlare

*


Claudia Zironi:

   

Ti cercherò

 

Ti cercherò tra le spighe e i papaveri

imbiancati, nelle tane lasciate vuote

dalle pietre, nonostante il frastuono

dei gabbiani ti cercherò tra i vescovi

in conclave, tra le sabbie delle mie parole e

tra le rose senza nome, tra tutti gli uomini

mancati nel millesettecento, tra le madri

che non hanno avuto figli.

Se c’è una possibilità di ritrovarci

non la lascerò intentata, il giorno

della fine del mondo

*


Patrizia Valduga:

 

Preghiera erotica

 

Vieni, entra e coglimi, saggiami provami …

comprimimi discioglimi tormentami …

infiammami programmami rinnovami.

Accelera … rallenta … disorientami.

Cuocimi bollimi addentami … covami.

Poi fondimi e confondimi … spaventami …

nuocimi, perdimi e trovami, giovami.

Scovami … ardimi bruciami arroventami.

Stringimi e allentami, calami e aumentami.

Domami, sgominami poi sgomentami …

dissociami divorami … comprovami.

Legami annegami e infine annientami.

Addormentami e ancora entra … riprovami.

Incoronami. Eternami. Inargentami.

*


Eduardo Lizalde:

 

L’amore è un’altra cosa (trad. Coco)

 

L’amore è un’altra cosa, signori

Ci si abitua all’idea

fin dall’infanzia,

che l’amore è una cosa favorevole

messa in endecasillabi, signori.

Però l’amore è tutto l’opposto dell’amore

con i seni di rana

e ali di porco.

Si misuri l’amore solo attraverso l’odio.

Tra le righe è leggibile.

Si misuri dalle banalità,

si misuri l’amore con il metro d’ordinaria follia.

Tutto l’amore è sogno

‒ il miglior aureo sogno dell’argento ‒.

Sogno di uno che muore,

è un albero l’amore che dà frutti

dorati solamente quando dorme.

*


Wystan Hugh Auden:

 

La verità, vi prego, sull’amore

 

Ditemi la verità, vi prego, sull’amore

Alcuni dicono che l’amore è un bambino

e alcuni che è un uccello

alcuni dicono che fa girare il mondo

e altri che è solo un’assurdità,

e quando ho chiesto cosa fosse al mio vicino

sua moglie si è seccata e ha detto

che non era il caso di fare queste domande.

Può assomigliare a un pigiama

o a del salame piccante dove non c’è da bere?

Per l’odore può ricordare un lama

o avrà un profumo consolante?

È pungente a toccarlo, come un pruno,

o lieve come morbido piumino?

È tagliente o ha gli orli lisci e soffici?

Ditemi la verità, vi prego, sull’amore.

 

I libri di storia ne parlano

solo in piccole note a fondo pagina,

ma è un argomento molto comune

a bordo delle navi da crociera;

ho trovato che vi si accenna nelle

cronache dei suicidi,

e l’ho visto persino scribacchiato

sulle copertine degli orari ferroviari.

 

Ha il latrato di un cane affamato

o fa il fracasso di una banda militare?

Si può farne una buona imitazione

con una sega o con un pianoforte Steinway da concerto?

Quando canta alle feste, è un finimondo?

O apprezzerà soltanto musica classica?

La smetterà quando si vuole un po’ di pace?

Ditemi la verità, vi prego, sull’amore.

 

L’ho cercato nei chioschi del giardino

ma lì non c’era mai stato:

ho anche esplorato le rive del Tamigi

e l’aria balsamica delle terme.

Non so cosa cantasse il merlo

o che cosa dicesse il tulipano,

ma certo non era nel pollaio

e nemmeno sotto il letto.

 

Sa fare delle smorfie straordinarie?

Sull’altalena soffre di vertigini?

Passerà tutto il suo tempo alle corse,

o strimpellando corde sbrindellate?

Avrà idee personali sul denaro?

È un buon cittadino o mica tanto?

Ne racconta di allegre, anche se un po’ audaci?

Ditemi la verità, vi prego, sull’amore.

 

Quando viene, verrà senza avvisare,

proprio mentre mi sto grattando il naso?

Busserà la mattina alla mia porta,

o là sull’autobus mi pesterà un piede?

Arriverà come il cambiamento improvviso del tempo?

Sarà cortese o spiccio il suo saluto?

Darà una svolta a tutta la mia vita?

Ditemi la verità, vi prego, sull’amore.

*


Gallery di immagini di dipinti di Pablo Picasso, Ron Hicks, Edvard Munch, Egon Schiele, Ryner Fetting, Max Beckmann, Henri de Toulouse Lautrec 


 

[1] Jump! Le poesie che mi hanno fatto saltare sulla sedia è il titolo di un’antologia curata da Claudia Zironi uscita nel 2017 nella collana di ebook liberi Versante ripido / La.recherche, tutt’oggi reperibile al link https://www.larecherche.it/librolibero_ebook.asp?Id=225