Recensione al libro di racconti “Tappeto mobile” di Loris Maria Marchetti, Puntoacapo Ed., 2018, di Giuseppe Piazza.

    

In tutto il libro, tramato dal monologo di una voce esterna, corre una briosa e suadente forza narrativa, che avvolge e puntualizza l’agire morale dei protagonisti, sempre ben caratterizzati nelle loro qualità umane, su cui il narratore può anche avanzare, a volte, delle ipotesi di suggestiva enigmaticità, come singolarmente avviene nelle pagine di Una famiglia.

Per le sue raffinate preferenze estetiche e culturali potrebbe essere un Andrea Sperelli il nostro narratore  de Il pianoforte di Rah’el Ornstein, sulla cui vita può solo riferire congetture esterne, ma di tale rilievo psicologico e umano che gli consentono di costruirvi delle ragioni esistenziali plausibili, in virtù di uno stile disteso e sereno capace di darci il ritratto esemplare di Rah’el Ornstein, che ci giunge come evocato da un luogo e un tempo imprecisati e misteriosi, a cui di certo la storiella dell’ebreo che scappa con il pianoforte sotto il braccio e non il violino, non può che aggiungere solo un mesto e pensoso sorriso sul dramma di quel popolo. La felice invenzione di poi introdurre nel racconto principale di Brividi neri l’episodio del gatto nero, che ci fa pensare all’uso classico dell’epilio che serviva ai poeti per rivestire di fascino mitologico anche una narrazione di eventi quotidiani, rende surreale il viaggio notturno dei due giovani verso Monte Carlo, tra assurde superstizioni e propositi di ritornare indietro, in cui però si potrebbe umoristicamente dire che a vincere la paura del gatto nero sia stata la fame che li attanagliava.

Quanto a Colonna sonora, non solo per l’ampiezza supera ogni altro racconto-monologo del libro, ma soprattutto per l’analisi psicologica ben calcolata con cui i due protagonisti sono virtuosamente caratterizzati nel filo di un sogno erotico svelato dall’autore della lettera alla donna per coinvolgerla nella rinascita di una sua antica e tardiva passione sentimentale, tra due anime singolari per finezza spirituale  e signorilità di comportamenti, che tuttavia non impediscono all’uomo di vivere le sue molteplici e fatue esperienze amorose, dalla cui pratica ci dice che non ha mai conseguito quella serenità e ottimismo di affetti, che ora sente di poter veramente vivere in virtù del suo sogno svelato a quella donna che è stata a lui vicina per lunghi anni nel lavoro e nel pensiero. Tirando le ultime riflessioni si può di certo affermare che il testo appare come un formidabile e seducente manuale di “ipocrisia” erotico-sentimentale, condotto da un abile e fine argomentatore stringente ed ossessivo che non vuole lasciare scampo né spazio alle riflessioni della sua cara Lavinia, destinataria della lettera e protagonista del sogno erotico, dalla quale però non sapremo mai se abbia creduto o no all’artificio di tale sogno, forse simulato per spingerla a vivere e a completare quel “beato sogno”, circuendola ora con le più raffinate lodi alla sua intelligenza e alla sua femminilità, che, seppure tardiva, egli vuole egoisticamente risvegliare per farne un felice e fortunato compimento del suo sogno erotico, per viverlo carnalmente nel tappeto mobile della vita.