Note Psicopoetiche di Valeria Bianchi Mian | Edith Sitwell

 

Messer Belzebub

di Edith Sitwell

*

Quando

Messer

Belzebub chiese il suo sillabub nell’hotel dell’Inferno

Dove Proserpina cadde primamente,

Azzurre come la gendarmeria erano l’onde del mare,

(Cullavano e scuotevano la ragazza del bar).

Non viene nessuno a servirgli il suo rum

Ma il limite del cielo ippopotamo-arcigno

Aumenta le occasioni per benedire con una benedizione

Alfred Lord Tennyson che attraversa il limite,

apparecchiato

Con fredda vegetazione offerta da pallide delegazioni

Per la difesa della temperanza (tutte assegnate

In Memoriam)

Sperando con la gloria di fare lo sgambetto al Laureato,

(Piedi che muovono in metrica classica)…

 

Come a Balaclava, la lava scendeva dal tetto,

E la legnosa e azzurra gendarmeria del mare

Li assunse in carica, mentre Belzebub chiedeva rum 

ruggendo.

… Ma nessuno di loro sta arrivando!

*

When 

Sir

Beelzebub called for his syllabub in the hotel in Hell

Where Proserpine first fell,

Blue as gendarmerie where the waves of the sea,

(Rocking and shocking the bar-maid).

Nobody comes to give him his rum but the

Rim of the sky hippopotamus-glum

Enhances the chances to bless with a benison

Alfred Lord Tennyson crossing the bar laid

With cold vegetation from pale deputations 

Of temperance workers (all signed In Memoriam)

Hoping with glory to trip up the Laureate’s feet,

(Moving in classical metres)…

 

Like Balaclava, the lava came down from the

Roof, and the sea’s blue wooden gendarmerie 

Took them in charge with Beelzebub roared for his rum.

… None of them come!

(Trad. Roberto Sanesi, Bompiani)

 

Sulphur | Illustrazione di VBM

Sulphur | Illustrazione di VBM

Un dipinto onirico, un testo oscuro, versi che partono col botto e materializzano all’istante Sulphur, il Diavolo, l’arcano numero quindici dei Tarocchi.

Beelzebub/Belzebù emerge dal mazzo di carte ed entra, vascello ebbro, nel bar dell’Inferno, un luogo che ricorda Balaclava – città al confine tra Russia e Ucraina, già scenario di dispute diabàllo. Non è nuovo alla poesia, lui; nei secoli dei secoli è stato spesso ospite della psiche dei cantori. “Messer Belzebù tira per la cravatta/ i suoi piccoli neri fantocci che fan smorfie al cielo/ e picchiandoli in fronte con la ciabatta/ li fa danzare sulle note d’un vecchio Natale!” – così suona La Ballata degli Impiccati di Arthur Rimbaud che chiama in pista il nostro e, con lui, il dondolio dell’Appeso (dodicesimo arcano), che da Villon a De Andrè è un altro tema forte.

Non posso fare a meno di osservare, scovare, ammirare i Trionfi nascosti nei poemi, le Lame che si infilano qua e là nei racconti, nelle opere d’arte; non riesco a farne a meno perché il mio mestiere si articola ormai tra Psicoterapia e scrittura e si intreccia al meglio grazie all’amore folle che nutro per la simbologia archetipica. Quella del Tarot, in primis.

Zolfo Belzebù travalica volentieri le rime, cola simboli magici tra i versi e altera la nostra percezione del testo. Non importa quel che la poetessa intendeva dire, perché il Diavolo cattura i nostri occhi e adesso lo vediamo seduto lì, estrapolato da tutte le altre parole, enorme e lucente, ruggente in attesa del suo rum.

Ma il rum non arriva e il cielo è grigio – un originalissimo vasto grigio ippopotamo arcigno, tonalità che va ben oltre le note cinquanta sfumature. L’azione è sospesa. Persino la faccenda di Proserpina sembra acqua passata, come una notizia resettata dalla memoria: ci fu, là e allora, una Core che cadde dal prato tra le braccia di Ade, una che, così dicono, divenne Regina degli Inferi. Io mi sento come la ragazza del bar, cara Edith Sitwell, cullata e sospesa in eterno, ipnotizzata dal rumore delle onde. 

Nel 1930, William Butler Yeats descrisse l’opera della Sitwell (Gold Coast Customs) come una novità fino ad allora ignota in letteratura, passione nobilitata dall’intensità, dalla saggezza. Di lei disse: “Crea, guidata dalla necessità del contrasto”. (Reviewed Work: Edith Sitwell, The Symbolist Order by James Brophy. By: Wallace Martin). 

Il poeta e critico canadese Richard Greene – * – scrive, a proposito di Sir Beelzebub’s Syllabub: “Nella sua poesia d’esordio, Sitwell ingaggia una elaborata e spesso violenta sperimentazione di ritmo, coinvolta in finali tronchi, rime interne, rime all’inizio delle line, modificando versi tra assonanze e dissonanze, allitterazioni (…)” creando effetti dirompenti, dissacranti, rotture di versi. Si comporta, potremmo osare, come una diavolessa. 

“Come i satirici Scribleriani (potremmo dire “alla Swift“), Edith costantemente espone la trivialità e la vacuità della morale sotto moltissime versioni sociali del Sé” dentro i ruoli che quotidianamente esponiamo. “Eccita il vizio con vigore e concentrazione”, suggerisce il biografo, “il suo linguaggio è il tradizionale linguaggio della letteratura, ma ora si contorce, si trasforma, si complica (…) ora è sforzato dal terrore o dal violento battito del suo sangue, qualche primitiva ossessione che la civilizzazione non può esorcizzare.”. 

(*Richard Greene è autore di Edith Sitwell: Avant Garde Poet, English Genius e Mary Leapor: A Study in Eighteenth-Century Women’s Poetry, e ha curato Selected Letters of Edith Sitwell e Graham Greene: A Life in Letters. Per gli estratti in questo articolo: traduzione mia, ndr.)

Per contro, il Poeta Laureato, il vittoriano per eccellenza, Lord Alfred Tennyson, classe 1809, non può che diventare, nel testo onirico della Sitwell, il devoto rappresentante della Temperanza (quattordicesimo arcano), acerrima nemica del nostro Belzebù, soprattutto quando, in presenza del demonio, la virtù cardinale non riesce a rimescolare i rapporti di forza rendendo giustizia agli equilibri della vita. Mentre le immagini potenti della poetessa inglese aprono mondi di lava che scende dal tetto, il profondo attaccamento alle tradizioni, l’arte nutrita di morale, l’attaccamento alla fede della poesia inglese a lei ben nota potrebbero rimescolarsi come ghiaccio nel rum.

Cara ragazza del bar, è giunta l’ora di dar da bere a Belzebù. 


 
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Nata da Sir George e Lady Ida Sitwell a Scarborough, Yorkshire, nel 1887, Edith Sitwell è la rappresentante più polemica e valida di una notevole famiglia letteraria. Nel 1916 diresse la rivista letteraria Wheels e non cessò di difendere le forme più avanzate della poesia inglese, fino alla morte (1961). Tra le sue opere: The Mother, The Wooden Pegasus, The Sleeping Beauty, Rustic Elegies, Goald Coast Customs, The Song of the Cold, The Shadow of Cain, Camera Three. Per una biografia completa:  (https://www.bookdepository.com/Edith-Sitwell-Richard-Greene/9781860499685)