Inediti di Annarita Rendina
Annarita Rendina, dopo l’esordio con la raccolta Nasse (Interno Poesia, 2017) in cui il mare era il protagonista principale di ogni componimento, in queste poesie, tratte dalla raccolta inedita Tonnara per bestie di mare, ci offre uno sguardo differente. Il mare è sempre sullo sfondo, ma non è il tema dominante bensì un’ombra costante presente fisicamente e metaforicamente nella vita della poetessa e di altri personaggi come ben evidenziato nella prima poesia che potrebbe essere una dichiarazione di poetica: “Nacqui su un istmo che stenti a chiamare soglia / Femmina di costa / Creatura da scoglio o sala d’attesa. / Cantante di acque morte e senza uccelli / Di abusi a terrazzamenti / Pietra viva e incuria vegetale.” In Nasse numerosi erano i termini tecnici legati al mare e alla vita dei pescatori (si pensi solo al titolo) e talvolta ritornano in queste poesie, però lo sguardo, come scritto all’inizio, va oltre la distesa marina soffermandosi sugli esseri umani, su chi vive come in una tonnara, in una condizione non sempre felice in quanto in lotta perenne con la vita. Qui il mare diviene metafora di esistenze non sempre domabili e plasmate secondo i nostri voleri: “Le madri sono le uniche rimaste / Mentre deste / Tengono i morti in ordine sul comodino / Lumini come lampare e preghiere come fiocine. / Le loro mani d’ulivo trattengono il tempo.” La figura delle madri del Sud in perenne lotta tra la vita e la morte, in una società che spesso le emargina, è uno dei topos di tanta poesia meridionale, presente in poeti classici come Sinisgalli o Alfonso Gatto, ma qui naturalmente la poetessa campana lo attualizza nel periodo odierno in cui certe dinamiche non sono poi così tanto mutate. La vita è una sfida perenne ad essere felici, in una società patinata e finta che omologa e illude gli uomini, dove troppo spesso l’attenzione per chi soffre viene meno: “Fummo sfidati ad essere felici / E non ci tirammo indietro. / Neppure ora ci riesco e poco importa […]. Alla fine all’uomo non resta che sperare di trovare un appiglio che spesso viene tranciato: “Una spinta cieca di rematori / Mi tira e trancia ormai ogni gomena.” In questa raccolta inedita Annarita Rendina, pur sempre nel solco del mare, sta virando verso nuove rotte che forse un giorno la porteranno a superarne gli scogli dandoci quindi nuove visioni e prospettive.
Da Tonnara per bestie di mare
Nacqui su un istmo che stenti a chiamare soglia
Femmina di costa
Creatura da scoglio o sala d’attesa.
Cantante di acque morte e senza uccelli
Di abusi a terrazzamenti
Pietra viva e incuria vegetale.
Nacqui su un istmo che stenti a chiamare soglia
Su cui solo un momento il mare s’imbriglia.
Mi abbagliarono i sogni senza voglia
Di un’ultim’ora stanca.
La breve danza del mattino quando affanna
E arranca l’ansia di andare.
Senza attendere vorrei varcare l’ansa
Mi sfrena e frana una mancanza
Mentre incede un’eco
Di mattanza che a poco a poco
Riempie ormai la stanza.
*
Quando anche gli ultimi bagnanti
Se ne vanno
La spiaggia torna dell’acqua
Che si rimangia i sassi
E i metri stesi a seccare
Delle api e dei topi
Avventurieri tra i resti disabitati
Di fortezze di carapaci e gusci.
È loro e di tutte le creature
Che aspettano nascoste
Che il sole si ritiri
Le madri sono le uniche rimaste
Mentre deste
Tengono i morti in ordine sul comodino
Lumini come lampare e preghiere come fiocine.
Le loro mani d’ulivo trattengono il tempo.
Con pazienza muta d’animale
E occhi sgranati e buoni
Ti mangiano nella mano
Pronte a farsi pasto
Coi suoni di tenerezza della bestia.
*
Fummo sfidati ad essere felici
E non ci tirammo indietro.
Neppure ora ci riesco e poco importa
Se sei tu la remora che trattiene
Ad Azio la mia galera.
Una spinta cieca di rematori
Mi tira e trancia ormai ogni gomena.
Annarita Rendina è nata a Napoli nel 1988. Ha conseguito la laurea specialistica in Filologia Moderna. Il suo saggio Il Fantomas di Cortazár. La dis-attesa del supereroe è presente nel volume Le Attese. Opificio di letteratura reale/2, Ad Est dell’Equatore, Napoli, 2016. Si è occupata per anni di immigrazione e ha insegnato italiano come lingua seconda in Italia e per l’Istituto Italiano di Cultura di Dublino. È docente di materie letterarie nelle scuole superiori. Nasse, Interno Poesia, Brindisi, 2017, è la sua opera prima. La raccolta è stata finalista al premio Elena Violani Landi nel 2018 e nel 2019 ha vinto il primo premio al Premio Prato Poesia. Suoi testi sono comparsi su numerosi blog e riviste in Italia e all’estero.
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