Il pensiero emotivo di Carlo Giacobbi | Postille su Anita Piscazzi (L’erranza), Daìta Martinez (nell’ora dell’aurora), Luca Pizzolitto (Getsemani)

 

ANITA PISCAZZI

poeta, pianista e ricercatrice. Si occupa di studi etnomusicologici e didattico-musicali. Ha pubblicato: Amal (Palomar, 2007), Maremàje (Campanotto,2012), Alba che non so (CartaCanta, 2018) Ferma l’Ali, cd poetico-musicale (desuonatori, 2020) e il romanzo Canto a silenzio. Anna Magdalena Bach (Florestano, 2022).  Ha curato Sotto traccia, antologia poetica di autori vari (Latitudine 41, 2022). Tradotta in diverse lingue, è in “OssigenoNascente” (Atlante dei poeti contemporanei italiani – Università di Bologna), in Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea (Raffaelli, 2018) e in RaiPoesia. Impegnata in festival poetico- musicali sia in Italia che all’estero è stata pubblicata in antologie e in riviste italiane ed internazionali. Ha collaborato ai progetti poetico-musicali: “Alda e il soldato rock” con Eugenio Finardi; “Ferma l’Ali” con MichelGodard e al progetto teatrale: “Miss Kilimangiaro” in Kenya per “Avis for Children”. Collabora con diverse riviste culturali.

Testi tratti da <<L’erranza>>, di Anita Piscazzi (peQuod, collana portosepolto, 2023)

Multiforme è la menzogna del mondo

tutto ritornerà a quell’uno che rigenera e
purifica,

il sottile ritornerà
spesso e il buio si farà luce.

*

Il mio smarrimento somiglia
ad una luce mattutina,

illumina ogni gesto, ogni parola.
Le scorie di questa dimensione

non sono state capaci di spegnermi.
Illumino. Illumino qualsiasi viso

sono tesa agli influssi dello spirito,
ho voluto che si risvegliasse.

Svegliati! Svegliati! Non perdere
questo fuoco ustorio e la sua immortalità,

perché immortale è l’anima
che si unisce all’uno, alla luce originaria.

Erranza; in uno: errore e pellegrinaggio. L’endecasillabo incipitario del primo testo enuncia, in forma assertiva, l’erronea interpretazione del reale cui si potrebbe essere soggetti; ciò che, visibile, inganna. Dietro la forma delle cose, oltre il velo di Maya del loro apparire illusorio, la poetessa intravede un senso segreto. La realtà, pur mostrandosi plurale e poliedrica è informata – nell’intentio lirico-filosofica della Nostra – alla reductio ad unum. L’io-lirico, seppure in una condizione di disorientamento, è teso <<agli influssi dello spirito>>, chiama se stesso al risveglio (<<Svegliati! Svegliati!>>), alla presa d’atto dell’immortalità dell’anima, dunque alla sua eternità. V’è nei versi della poetessa ciò che ci pare identificabile con l’henosis neo-platonica, anche in termini di unione mistica o di indagine soteriologica, misterica. Poesia oracolare o forse neo-orfica quella della Piscazzi. Il dettato è intriso d’un misiticismo paganeggiante, d’un panteismo diffuso, dove la deità non si assume – o così ci sembra – rivelata o già incarnata, ma sempre <<nella distanza>> (p. 30).

 

DAÌTA MARTINEZ

palermitana, ha pubblicato con LietoColle (dietro l’una), 2011, segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”, e nel 2013 la bottega di via alloro. Vincitrice – sezione dialetto – del 7° Concorso Nazionale di Poesia Città di Chiaramonte Gulfi, è stata finalista, per l’inedito in dialetto, della 44° edizione del Premio Internazionale di Poesia Città di Marineo. Inserita nell’Almanacco di poesia italiana al femminile “Secolo Donna 2018”, edizioni Macabor, nel 2019 ha pubblicato la finestra dei mirtilli, suite poetica scritta a quattro mani con il poeta comisano Fernando Lena, Edizioni Salarchi Immagini, il rumore del latte, Spazio Cultura Edizioni, e nutrica, LietoColle. È vincitrice del Premio Macabor 2019 – sezione raccolta inedita di poesia – con pubblicazione, ‘a varca di zagara in dialetto siciliano. È presente in Anni di Poesia di Elio Grasso, puntoacapo Editrice, 2020. È stata finalista – sezione raccolta inedita – della 34° edizione del Premio Lorenzo Montano. Nel 2021 ha pubblicato Liturgia dell’acqua, Anterem Edizioni, Le madri, raccolta di haiku accompagnati dalle acqueforti di Vincenzo Piazza, Edizioni dell’Angelo, e nel 2023 Miros de mure – Odore di More, con traduzione in romeno di Eliza Macadan, Cosmopoli Edizioni. È tradotta in francese, spagnolo, inglese e tedesco. Suoi testi sono inseriti in Contemporary Sicilian Poetry: A Multilingual Anthology, Italica Press, 2023.

Testi tratti da <<nell’ora dell’aurora>> di Daìta Martinez (peQuod, collana portosepolto, 2023)

il silenzio dell’amore
le scarpe sul tetto della casa
pane nel pane
da bere una piccola fetta di vino
per tutta la tenerezza
lascia un segno di vita sulla terra
bagnata e di palermo la bocca
l’ovale dell’aurora

cade ancora una guerra
i mercati scomposti
fanno suono di campane
tremando a noi lo sguardo
la stessa stanza e la luce sempre
uguale della lampada arancione

la mia parte del discorso
tu che mi dormi sul seno

*

entrare piano e pianissimo innamorare
il canto dell’ora breve sulla bocca quasi
armonica distanza dal bosco alla sua
stanza di pioggia sia leggera e resa sia
l’attesa sull’altare della donna ascesa d’
un solo autunno ché il primo caffè ha il
palmo del giglio la premura del mattino

La cifra stilistica di Daìta Martinez assume a referente la modalità compositiva del trobar clus. I nuclei tematici, la semantica dei testi, si manifestano – volutamente – resistenti alla parafrasi, sicché la pronuncia predilige l’evocazione del reale, tratteggiato, quest’ultimo, per brevi cenni immaginifici. La poetica della Martinez sembra appartenere ad un lirismo neo ermetico, denso di epifanie improvvise, visioni, veggenze, originate dall’imus delle regioni inconsce, da un onirismo che trasfigura gli aneddoti per renderli nella loro dimensione di sfumata e labile consistenza. Il dettato procede per stream of consciousness, spesso connotato dalla figura dell’enumerazione per asindeto (come nel caso della prima strofa della lirica <<il silenzio dell’amore>>) e sovente aperto a diverse soluzioni interpretative. I versi della prima lirica appaiono come arrestati in aposiopesi, reticenti, quasi seguiti da immaginari – ma nel testo non indicati – punti di sospensione (<<il silenzio dell’amore […] / le scarpe sul tetto della casa […]>>). Anzi, i testi si presentano privi di ogni segno interpuntivo, senza alcuna maiuscola, segno d’un lirismo che vuole coagularsi in significanze prestabilite ma che chiede al lettore di seguirne il flusso, spesso eruttivo e debordante e la cui forma è spesso esogena, cioè data – specie per i componimenti a blocchi – entro linee confinarie o limiti assegnati ex post. Entrambi i componimenti sono incentrati sul topic dell’amore (<<il silenzio dell’amore>>;  <<piano e pianissimo innamorare>>; ma il tema informa di sé l’intera silloge, tutta effusa di un’aura sacrale – insieme lunare e aurorale – dove l’alterità è sempre incontrata nelle calde atmosfere d’una grazia e tenerezza diffuse.

 

LUCA PIZZOLITTO

nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale. Da più di vent’anni si interessa ed occupa di poesia. Tra i suoi libri, figurano: Dove non sono mai stato (Campanotto), Il tempo fertile della solitudine (Campanotto), Tornando a casa (Puntoacapo). Con la casa editrice peQuod ha pubblicato, nella collana Rive: La ragione della polvere (2020), Crocevia dei cammini (2022), Getsemani (2023, prefazione di Roberto Deidier). Nel 2023, è stato inserito all’interno dell’antologia Nord i poeti, vol. II, edita da Macabor. Da fine 2021 dirige la collana di poesia Portosepolto, sempre per conto della casa editrice peQuod. È ideatore e redattore del blog poetico “Bottega Portosepolto”. Cura la rubrica Discreto sguardo per la rivista on line “Poesia del nostro tempo” e Polaroid – istantanee di poesia per “FaraPoesia”.

 

Testi tratti da <<Getsemani>> di Luca Pizzolitto (peQuod, collana rive, 2023)

Dio di misericordia e dei ruvidi
affanni, Dio delle reti divelte
e della pesca mancata,
Dio dei crolli improvvisi, delle rovine

tu che abiti il vuoto di cieli divisi,
tu che ti fai permanenza, stasi, dimora

– io attendo, e di me ancora non so.

*

Chi getta il tuo nome nell’abisso
per trenta denari?
Chi dorme durante la veglia?
Chi stringe i polsi e ti spinge
in catene?

Si spegne il canto
perdono e rovina
– gocce di sangue
dal volto di Dio –

Nessuno torna innocente
da questo Getsemani,
nessuno è mai stato
fedele davvero.

Passio Christi e passio hominis. La <<sete>> di cui Pizzolitto tratteggia la <<geografia>> è insieme divina ed umana, privazione tanto dell’uomo quanto del Dio incarnato che, da uomo, sulla croce, poco prima di morire, proferì appunto <<Ho sete> (Gv 19,28). Con versi improntati a ciò che potremmo definire minimalismo compositivo, il poeta, tratteggia per idilli – nel senso etimologico di “piccoli quadri” – il suo personale percorso di attraversamento del dolore e allo stesso tempo di <<resa>>, di abbandono fiducioso al Padre, per quanto – con rimando alle erbe amare della Pasqua ebraica – l’<<Erba [sia appunto] amara [e] fatica è la resa / incondizionata a Dio>> (p. 23). L’uomo contemporaneo – sembra dirci Pizzolitto – vive in una condizione mortale (<<la nostra terra è terra / di fame e rovina>>, p. 43). <<Sete>>, dunque; e <<fame>>, che al di là del loro essere certo bisogni primari da soddisfare, simboleggiano la penuria di senso che si ravvisa nel mondo attuale, il non sentirsi amati, il senso d’orfanità e di esilio percepiti da chi è affamato e assetato d’eternità, di casa, d’amore. Ma per entrare nella dimensione della fede – che dev’essere scelta e non ereditata per tradizione – il poeta ci dice che occorre passare per <<la soglia stretta / della contemplazione>> (p. 57) (anche qui con rimando alla metafora evangelica della porta stretta); che se si vuole guarire dalla disperazione Kierkegaardiana è necessario fare silenzio in sé e cogliere lo stupore del mondo (p. 58, <<Ama il silenzio che precede / la cura – ama l’umano stupore>>). Le liriche sopra indicate si articolano in invocazione e domanda. Tono vocativo della prima poesia i cui versi potrebbero essere preceduti dall’interiezione <<Oh>> vòlto ad interpellare direttamente il Dio che entra nella Storia facendosi <<permanenza, stasi, dimora>>, dunque incarnandosi, pur sempre in un atteggiamento d’attesa (<<io attendo, e di me ancora non so>>). Domanda sul <<Chi>> consegna il Cristo: l’indefinitività del pronome utilizzato trascende i soggetti cui si allude nella storicità degli eventi (Giuda, i discepoli, le guardie) per generalizzarsi in una sorta di <<chiunque>> potenzialmente inclusivo di ogni soggetto, stante il fatto che – ex adverso – <<Nessuno torna innocente / da questo Getsemani, / nessuno è mai stato / fedele davvero>>.