Il pensiero emotivo di Carlo Giacobbi | Nota di lettura su <<Credere nell’attesa>> di Miriam Bruni (Terra d’ulivi, 2017)

L’opera in commento – Credere nell’attesa – preannuncia già dal titolo il leitmotiv delle liriche di cui si compone.

L’atto del credere postula – per definizione – la sensazione di possibilità, la spes che induce ad attendere con convinzione, l’avverarsi d’un mutamento in melius della propria condizione esistenziale.

Tale affidamento, che si sostanzia per la poetessa nell’abbracciare la fides cristiana, è già enucleato nella poesia incipitaria che, a guisa di prologo anteposto alle sezioni del testo, apre la silloge: <<Solo Tu, solo tu mi vedi intera e sai / lenire l’incomprensione amara, che ci / rode e a tratti ci sbrana>>; ib. <<(…) sei tu l’Oltre che vado cercando>>.

Tutte le sette sezioni – e forse il numero non è casuale stante la significanza biblica dello stesso – hanno in comune la preposizione in (<<In ascolto>>; <<In cammino>>, etc.) che assume qui la valenza di stato in luogo, ad evidenziare un esser-ci – quello dell’Autrice – che sperimenta <<praterie sconfinate / di miserie e allegrie>> (cfr. <<Sono io lo specchio magico: guardami>>), entrambe contestualizzate nell’ottica dell’<<esperienza del divino>> (cfr. <<La Bellezza è tale>>).

Il dettato sviluppa i topics della delizia del vivere quanto della croce sempre incombente che si è chiamati a portare. Già nella sezione In ascolto e segnatamente nella lirica Spoliazione, l’io-lirico è pervaso da <<una pena>> che lo <<assale>>, dal <<dolore / per le miriadi di cellule / programmate a morire>>, da un senso di finitudine solo parzialmente bilanciato dall’invocazione al Cristo: <<Yeshua, (…) / Riposami, / ti prego, solleva / per un poco / la mia croce>> (cfr. <<Stendersi qui>>).

Se quanto sopra è vero non può tacersi – in ogni caso – la fiducia della Nostra nel potere dell’amore, nella sua – per così dire – auto-evidente potenza vitale: <<L’amore è concezione / che non si può abortire>> (cfr. <<L’amore ha sempre>>). Il cammino, per quanto doloroso, conosce la patientia, la sopportazione che rinnova nel fedele la passio Christi: <<Amandoti ha imparato / (…) ad essere paziente>> (cfr. <<Amandoti ha imparato>>).

C’è non poca gratitudine nei versi di Miriam Bruni. Una gratitudine che scaturisce dalla percezione della bellezza del creato come si legge nella lirica <<Ineguagliabile Architetto>>: <<Chi altri poteva ideare una piazza più / grande del mare?>> nonché dalla figliolanza a quella lux mundi che la Nostra pronuncia in simploche: <<Luce, luce, luce, / (…) Siamo tuoi figli, / Luce, nonostante il peccato>> (cfr. <<Luce, luce, luce>>).

Il tema del Servo Sofferente, dal sapore isaiano, spesso incarnato dalla stessa Autrice, connota la sezione In croce; in essa, la melopea della Bruni si fa grido giobbico: <<Non vedi, / non senti anche tu / quanto questa Stanchezza / mi atterra, / mi spezza?>> (cfr. <<Non vedi>>); il linguaggio iconico rimanda ad atmosfere da Getsemani: <<Il puma del disamore / ti riempie di ogni amarezza>> (evidente il richiamo al calice) e quindi ad una sorta di personale via crucis evocata dai termini <<Schernita / Flagellata>> (cfr. <<Ora basta>>) o expressis verbis dichiarata: <<E tu che ami / sei di nuovo in croce>> (cfr. <<Ascolta le canzoni a piedi scalzi e mani alzate>>) cui fa da contraltare, in funzione reattiva, il dantismo <<incielami>>. La sofferenza, quello che la poetessa definisce <<il boccale di fiele>> (cfr. <<Sono io lo specchio magico: guardami>>) è occasionata – forse non solo ma certo anche – dalla malattia. Ne sono prova i referenti semantici utilizzati, come si legge nel verso incipitario della sezione In.contro-luce: <<È agosto e ho iniziato la chemio>> o in altri versi della medesima partizione (cfr. la lirica titolata <<Mastectomia>>) o nel testo <<Spoliazione>>).

A livello prosodico si ravvisa un continuum che percorre l’intera silloge e che si sostanzia – salvo rare eccezioni – in misure versali brevi, dai cola ritmici ben riconoscibili, connotate da marcati rimandi fonici.

Nel corpus lirico, infatti, certamente non atonale data la densa dispositio degli ictus, si rinvengono rime in clausola ma più diffusamente interne o assonanze che enfatizzano la melopea del dettato, signa evidenti di una intentio lirica che elegge il suono – oltre che il dato semantico – a non trascurabile carattere costitutivo del fare poesia.  

Miriam Bruni (1979) è nata e cresciuta a Bologna, ha due figli e ama raccogliersi frequentemente passeggiando e fotografando la Natura. Ha frequentato il Liceo Linguistico Malpighi e la Facoltà di Lingue e Letterature straniere moderne, laureandosi con una Tesi su Pedro Salinas, uno dei principali esponenti della Generazione del 27 e successivamente abilitandosi per l’insegnamento della Lingua Spagnola. Attualmente insegna in un Istituto di scuola superiore. La passione e la pratica poetica la caratterizzano da sempre: scrivendo mette a fuoco le esperienze vissute, cercandone e restituendone l’essenza profonda e risonante. Tende alla massima concentrazione. Sue poesie si possono trovare in numerose antologie, ma soprattutto in riviste e blog specializzati. Traduce poesie dallo spagnolo all’italiano e organizza incontri artistico-culturali in Valsamoggia. Ha dato alle stampe sette libri: Cristalli”, Booksprint 2011; Coniugata con la vita. Al torchio e in visione”, Terra d’Ulivi 2014; Credere nell’attesa”, Terra d’Ulivi, 2017; Così”, Ed. Poetry, 2018; Falesìa”, Ed. Folli, 2019; Concentrati sul cromosoma celeste”, Controluna, 2022; Cuanto cuesta vivir”, Youcanprint 2022; A brevissimo uscirà anche un’ottava raccolta: Guardarlo Ancora. Paesaggi e miraggi della passione amorosa”.