Angoli di poesia di Luca Ariano | Amedeo Giacomini, A prezzo di Parole. Poesie e prose (Quodlibet, 2024)
Amedeo Giacomini è scomparso nel 2006 a San Daniele del Friuli (era nato a Varmo nel 1939) a 67 anni. A distanza di quasi venti anni dalla morte, Quodlibet, nella preziosa collana Ardilut diretta da Giorgio Agamben, dà alle stampe A prezzo di parole. Poesie e prose. Il volume ha la prefazione dello stesso Agamben che evidenzia la grandezza del poeta friulano citando Dante Isella prefatore della prima edizione di Presumut unviâr (Presunto inverno) pubblicata nel 1987 da Scheiwiller che definì l’opera come “la misura più alta”. Molto bel documentata la Notizia di Ivan Crico, da sempre attendo alla poesia di Giacomini a cui fanno seguito una nota di Matteo Vercesi e i disegni di Luigi Zuccheri. Nel 1987 (anno importante per Giacomini) Franco Brevini lo inserirà nell’antologia Poeti dialettali del Novecento (Mondadori) cosa che lo fece conoscere alla critica meno attenta tanto che, da allora, è considerato uno dei poeti dialettali più interessanti del Secondo Novecento assieme a Franco Loi. Il critico Roberto Galaverni su “Lettura” del “Corriere della sera” mette in risalto come Giacomini faccia parte di quel filone della “cosiddetta poesia neodialettale (da Pier Paolo Pasolini in poi), che poi è quella in cui il ricorso al dialetto risponde a un’intenzione comunque colta e complessa, consapevolmente letteraria, spesso preziosa, e in ogni caso tutt’altro che direttamente mimetica.” Sempre Galaverni sottolinea come il poeta friulano fu anche docente universitario e quindi molto attento alla lingua per cui, sicuramente, la sua poesia può essere accomunata più a quella di Pasolini, di Loi, di Zanzotto che a quella di Tessa o Belli il cui uso della lingua dialettale era meno colto e più diretto. Questo distinguo non toglie nulla alla grandezza di Giacomini che con la raccolta qui presente ha raggiunto la sua maturità. La terra friulana fa da sfondo a tanti versi, ma ci sono anche riferimenti colti e citazioni di autori quali Leopardi, inoltre, questo testo, vede una continua tensione tra toni alti e riferimenti alla cultura popolare. A proposito del poeta di Recanati la poesia Che chiederti luna è esemplare: “Se domandâti, lune, / scjafoade tra i nûj / ch’a’ fénzin un prât usgnot / di cisignocs sglonfâts, / se domandâti? / Mi spegli intun grivi d’ajar / ch’al cjarine il mont, / fêr tal freit respîr de sô bieltât… / A’ tàsin ancje li’ vôs dai muarts / intal cour, ’a tâs la vite / e il timp ch’al va e a’ nus strissine. / Tu mi cjàlis tú sole, / ràmpide muse e sidine, / se mi usmi sclissât tal pantan, / e a’ mi travane par dentri / un vint di glasse, pôre di mé, / rancour di restâ ca… (Che chiederti, luna, / soffocata tra le nuvole / che fingono un prato stanotte / di colchici spalancati, / che domandarti? / Mi specchio in una greve aria / che accarezza il mondo, / fermo nel freddo respiro della sua beltà… / Tacciono anche le voci dei morti / nel cuore, tace la vita / e il tempo che va e ci trascina. / Mi guardi tu sola, / cruda faccia e silenziosa, / se mi scopro schiacciato nel fango, / e mi tortura dentro / un vento di ghiaccio, paura di me, / rancore di restare qui…). La poesia di Giacomini può essere accomunata, per affinità, ad altri poeti come Luigi Bressan, Gian Mario Villalta e Pier Luigi Cappello (nella sua opera dialettale), ma Giacomini è “figura di poeta e di letterato che meglio rappresenta, per il Friuli e non solo, la vitalità e le contraddizioni proprie dell’ultimo quarto del secolo scorso” come lo ha definito lo stesso Villalta nel Dizionario biografico dei friulani. Il volume edito da Quodlibet include un libro ormai introvabile considerato un capolavoro ed un unicum non solo nell’opera del poeta di Varmo, ma negli scritti di tanti poeti del Novecento. Si tratta di un testo in prosa intitolato L’arte di andar per uccelli con vischio. Il riferimento principe è sicuramente Federico II, però i rimandi e le citazioni colte spaziano da Sannazaro al già citato Leopardi, da Poliziano a Boccaccio. Libro che uscì nel 1969 sempre per Scheiwiller, ma che non fu del tutto apprezzato: “Il legame profondo tra lingua e realtà, tra il lascito di una tradizione e le minacce del presente, tra consapevolezza di un processo di trasformazione incontrovertibile della realtà e nostalgia poetica non astratta, ma germogliata nella vita quotidiana. Si nota anche la difficoltà, mirabilmente risolta nella forma artistica, di conciliare tradizione letteraria e volontà di innovare, il richiamo a una realtà inattuale nell’orizzonte culturale dominante, ricca, però, di verità e di interrogativi sul presente.” (Gian Mario Villalta). Il volume si conclude con una serie di poesie inedite curate da Crico tra cui spicca il poemetto Friȗl (Friuli) dove emerge tutto l’amore per la sua terra natia. Questo testo colma una lacuna nell’editoria italiana riguardante l’opera di Amedeo Giacomini pubblicando testi non più editi e donandoci dei versi inediti di uno dei poeti più interessanti della poesia neodialettale del Secondo Novecento molto apprezzato, tra gli altri, da Giovanni Raboni.
Presumût unviâr
Za a’ si insede tal cour
il ricuart dal sorêli.
L’arbe ‘a si è fate pluj grîse
davóur dal Dogâl*.
L’ajar al mene cocâj sú dal mâr,
liseirs tanche stras o penseirs,
vêrs dome pal lôr crût piuicâ.
Davóur dai Vârs*, l’aghe
no splene pluj vôj di usseluts,
ma nîts za bandonâts.
Chi a’ nol vignarà pluj nuje,
nuje nol podarà pluj vignî.
Il vencjâr tal grivi dal sîl
al sgripíe la sô storie di îr.
Al è stât forsi miôr
no vêti pluj ulût ben.
Za al si piart intal cour
il ricuart dal sorêli.
Parsè? Sino sote il scurî?
A’ pol stâj. Dibot, ‘ne gnot,
‘i podin jessi d’unviâr.
Presunto inverno – Già si incista nel cuore / il ricordo del sole. / L’erba si è fatta più grigia / dietro il Dogale. / Il vento porta gabbiani dal mare, / leggeri come stracci o pensieri, / veri solo per il loro crudo gemere. // Nelle rogge, l’acqua / non specchia più occhi d’uccelletti, / ma nidi già abbandonati. / Qui non accadrà più nulla, / nulla potrà più accadere. // Il vincastro nel greve del cielo / incide a graffi la sua storia di ieri. / E’ stato forse meglio / non averti più amata // Già si perde nel cuore / il ricordo del sole. / Perché? Siamo verso il tramonto? / Può darsi. Tra poco, una notte, / potremmo essere d’inverno.
* Il Dogal e Davóur dai Vârs sono due località di Varmo, mio paese natale. Vârs – letteralmente: fiumi, fontanili, rogge, luoghi palustri – è toponimo prelatino. Originariamente significava tutto ciò che è umido, investendo uno spettro semantico amplissimo.
Tango
A cjantin …
Il vieli seneôs s’inflame.
Un tai, un tai e il mio tasê …
Oh lune stuarte, gobe al lâ a mont
tal sun vieri di une armoniche
stonade … E jo chì no plui seneôs,
ta un ajar ch”a m’insumìe,
sense plui storie, ni afans …
‘Ne frute a bale squasi svualant
tai cjantôns … Oh rose sumiade,
oh rose di nuie! …
Ta l’ostarie ‘ne nuvole di fun,
ta mê realtât.
Tango – Cantano … / Il vecchio voglioso s’infiamma. / Un bicchiere, un bicchiere e il mio tacere … / Oh luna storta, gobba al tramonto / nel vecchio sogno di un’armonica / stonata… E io qui non più voglioso / in un’aria che mi sogna, / senza più storia né affanni … / Una ragazza balla quasi volando / negli angoli … Oh rosa sognata / oh rosa di nulla! … / Nell’osteria una nuvola di fumo, / la mia realtà.
Amedeo Giacomini (Varmo, 12 gennaio 1939 – San Daniele del Friuli, 23 gennaio 2006) è uno dei maggiori esponenti della poesia in dialetto del Novecento. Stimato studioso di filologia romanza, docente per molti anni di Lingua e Letteratura Friulana presso la Facoltà di Lingue dell’Università del Friuli a Udine, ha curato e tradotto importanti opere dal latino e dal francese antico e moderno, dall’Historia Langobardorum di Paolo Diacono al romanzo La terra amata, nel 1969, del futuro premio Nobel Jean-Marie Gustave Le Clézio.
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