Anche il tacco dodici è poesia. Note di lettura di Paolo Polvani a Il buio della scarpiera, di Francesca Piovesan, Ladolfi editore 2019.

     

L’ultimo libro di Francesca Piovesan si presenta con un titolo all’insegna dell’originale e dell’inconsueto: Il buio della scarpiera, che lascia presagire un buon nugolo di promesse. Promesse in verità mantenute perché la zona interessata dal buio ha una sua preponderanza nell’economia del libro, è appunto un certo lato oscuro a risaltare e a ribadire la sua preminenza.

La scarpiera è luogo destinato al buio e tuttavia ha conoscenza diretta della nostra vita, dei nostri percorsi fisici che in definitiva sono anche psichici. Uno dei primi testi contiene questo bellissimo verso: – E’ un gran vociare di pensieri nascosti – e Vita segreta è il titolo di un componimento successivo. Una raccolta in bilico tra sospensioni e slanci, tra reticenze e improvvisi svelamenti:

E’ una poesia impertinente
Che prende le sue vie
        – Mi costringe –
che parla di me.

Nella prefazione Marco Marangoni scrive che l’autrice conferma la sua inclinazione lirica; e ne approfondisce le potenzialità nella direzione duplice del tragico e dell’eros.

Questa è la poesia che chiude la raccolta:

Un fremito
Lo senti anche tu? Come chiamarlo questo
fremito che a tratti si risveglia
a stringere lo stomaco e a tratti si quieta?
Lo senti anche tu questo senso
d’infinito che s’invera negli occhi
e si prolunga nel ricordo
come riverbero di nota?
Non è più lo stesso stare a questo mondo.
Il respiro ha un movimento diverso.

Ma gli esiti migliori l’autrice li realizza nell’assecondare la sua vena lirica, quando le immagini si stagliano emergendo dalla sapiente tessitura del lessico, che rivela la dimestichezza, anche per motivi professionali, con certa classicità espositiva, con frequentazioni colte:

Acqua sorgiva

Ubbidendo al corso sinuoso della Livenza
poter chiedere al sasso la compattezza, il peso,
al gorgo la profondità.
Ma sarei allora nuda di me, mentre voglio l’abbraccio,
la fibra attraversata dal sole.

            

Paolo Polvani