A tentoni nel buio di Paolo Polvani |Si lascia brucare, sferzata dalla luce. Sbam. Sbadabam. Viva. Sotto il cielo che supera (Note di lettura a Niente di tiepido, di Iole Toini, Pietre Vive Editore 2023)

 

Ecco un libro che distribuisce e contagia entusiasmo ad ogni passo, alimenta emozioni e condivisione, si regge su di una passione, o meglio, due passioni, il cammino e la poesia.

La breve intervista che chiude la bellissima raccolta di Iole Toini suggerisce una chiave d’accesso molto pratica; in una delle risposte l’autrice afferma: “Camminare a lungo – intendo per anni – può diventare una necessità a cui non si riesce più a rinunciare; camminare può creare dipendenza (una buona dipendenza) fino a diventare uno stile di vita”.  

Andare a piedi – Filosofia del camminare, (Garzanti 2013), è il titolo di un libro di Frederic Gros, docente di filosofia all’Università di Parigi, scrittore e camminatore,  in cui racconta come diversi filosofi e scrittori si siano serviti del cammino come tempo di riflessione e di creazione, a partire da Nietzsche, Kant, Thoreau, Nerval, e a proposito di Rousseau riporta un suo interrogativo: “Cosa c’è in me che corrisponde esattamente alla solennità degli alberi, in cosa sono fratello inquieto delle bestie di cui indovino i fremiti?”.

Analoghe riflessioni troviamo in Thoreau: “Camminando l’uomo non si sente nella Natura, ma “naturale”. Sento in me il vegetale, il minerale, l’animale. Mi sento fatto dello stesso legno dell’albero di cui passando tocco la corteccia, fatto della stessa pasta delle alte erbe che sfioro, e il mio respiro greve, quando mi fermo, si accorda con quello della lepre che si arresta d’improvviso davanti a me”.

In Iole Toini ritrovo lo stesso spirito, arricchito da uno stile che attingendo alla pura energia della natura trasmette al lettore un entusiasmo genuino; quando leggo: “Si lascia brucare, sferzata dalla luce. Sbam. Sbadabam. Viva. Sotto il cielo che supera” sento salire in me la stessa forza, la stessa gioia, mi sento partecipe delle sue rivelazioni: “Ciuffi di erba guizzano come pesci intorno ai sassi”, oppure: “La neve barrisce, famelica come un’amante”, e credo che ogni verso meriti di essere citato, come l’intero libro merita di essere letto e riletto, ogni passaggio, ogni verso comunica e trasmette qualcosa di intimamente fisico:

 

Così entro nel bosco come fosse la mia casa

e l’albero che sono stata saluta tutti gli alberi

che mi levano all’azzurro semplice del sì –

nella traccia di una galassia muta,

un mistero che mi lavora in corpo come fossi terra.

Portogallo 2024, foto di Paolo Zanardi

Si tratta di consapevolezza? si tratta della semplice creatività che trasmette gioia? si tratta del bellissimo sentimento di gratitudine che emerge con una prepotenza disarmante? “anche io come l’erba so di essere debitrice della pioggia e della luce”. Entra forse in gioco un sentimento del sacro, qualcosa che ha a che fare col mistero e con la rivelazione della bellezza? “È vero quindi, si può toccare Dio e la sua altitudine”.

Fa la sua parte anche il fascino del verso lungo, quel verso che racconta e insieme trascina il lettore, che se ben governato diventa un’avventura estetica ed emotiva, quel verso che confina con la prosa ma resta ben radicato nello spirito e nella forma   della poesia: “Arrampicata all’erba posso pensare anch’io sono fatta di bellezza, verde”.

Inoltre giova molto alla poesia quell’accedere al discorso attraverso la porta della semplicità, della comunicazione diretta: “Una lettera per i prati, / una lettera per ringraziarli di essere prati”, e più avanti “Il bosco rideva se lo guardavo”.

Mi ha sempre incuriosito e affascinato la consapevolezza che la radice della parola felicità, quel “fe” iniziale che ritroviamo in fecondità e in fertilità, appare intimamente connesso con la produzione creativa, e con la poesia in particolare. In una recente intervista la poetessa Barbara Korun, alla domanda se scrivere porta felicità ha risposto affermativamente, (riporto solo una parte della risposta):” La felicità è quando una poesia è felice, quando c’è quel momento felice in cui “tutto” è messo nel giusto equilibrio, in armonia: una poesia nata da un momento così felice è una poesia veramente felice, anche se può parlare di sofferenza e di morte”. Dunque parrebbe che la felicità non risieda nell’argomento, ma nel giusto equilibrio. Trovare il giusto equilibrio diventa allora il punto centrale della poesia.

Ancora nella intervista posta in appendice al libro, Iole Toini, a proposito della sua personale ricerca del giusto equilibrio, del procedimento della sua scrittura, scrive: “È il lasciarsi attraversare da quello che si vede, si ascolta, si annusa, si sente, senza contaminazioni. La natura fa tutto lei. Durante una camminata assorbo più che posso – senza fatica; poi cerco di rendere in immagini quello che ho vissuto. Inizialmente è uno spunto, che poi a mano a mano si amplia. E quando il quadro mi sembra abbastanza chiaro, inizio a cercare le parole più adatte per rendere reale e nello stesso tempo fantastica l’immagine. Con “fantastica” intendo la definizione di quel luogo che ci è prossimo, che si rivela solo come percezione, che sempre sorprende e stupisce. Con la natura è facile andare d’accordo, dà senza chiedere nulla in cambio. E così è per gli animi puri, gli anziani, i contadini, i bambini, non si può che essere travolti dalla loro intensa umanità, dalla semplicità, dall’umiltà con la quale si offrono, dalla bellezza. Scriverne è anche un modo per rendere loro omaggio”.

L’omaggio è anche e soprattutto alla bellezza della natura, quella natura oltraggiata da comportamenti umani scellerati e che mostra di averne abbastanza, i cui segnali d’insofferenza non modificano le scelte dei governi, propensi a minimizzare, ad anteporre la via del profitto a quella delle vite umane e della loro attività, con ricadute pesanti sui costi generali. Ma il merito della raccolta è nel giusto equilibrio raggiunto, che nella poesia è sempre un tentativo di squilibrio, cioè uno spingersi e sporgersi più in là, un varcare una soglia, spostare il discorso dove non era atteso. E in questo Iole Toini raggiunge un ottimo risultato, perché la lettura della raccolta è sempre accompagnata da scosse di entusiasmo.

 

 

Portogallo 2024 foto di Paolo Zanardi

 

 

 

 

 

 

Una lettera per i prati

una lettera per ringraziarli di essere prati

che sanno – che verdissimamente incitano –

all’altissima forma del vuoto.

Con ogni filo d’erba la sostengono,

col grano e con la brina;

senza timore la confondono

fino al vento e la pioggia,

così che ogni cosa diventa

corpo che marcendo canta;

e gli alberi cantano, le foglie dicono sorrisi,

le api semplicemente ronzano, gli uccelli volano

di un volo felice di essere volo,

azzurro e vivace e libero.

Così, anche io cado di mio vento,

in quel modo che sangue e ossa

fondono verde con bocca e l’odore

squillante dell’erba e l’altissimo prato e me.

 

 

°     °     °     °     °

 

 

I fiori mi hanno detto

di lasciare le chiavi

di togliermi i vestiti

e di andare dentro il verde

fino a quando brucia

fino a quando la pelle brucia

fino a quando gli occhi bruciano

e le spalle, la nuca, le corde lasciate cadere bruciano

fino a quando divento verde

e mi riempio di muschio e puzzo di fango

e mi disfo in melma e marcisco.

 

I fiori poi mi hanno detto

di restare ferma

anche quando la pioggia mi avrebbe sotterrato

e le radici mi avrebbero infilzato

e la terra mi avrebbe spinto

a impastarmi con altra terra.

 

E i fiori mi hanno detto

di tener stretta la paura

di tenere stretto il silenzio

di tener stretto il dolore

di tener stretti i larici la vigna il sole.

 

I fiori mi hanno detto

di credere a loro che sanno

 

 

°     °     °     °     °

 

 

A Orchi

 

Stasera avrei voluto scrivere una poesia. Una poesia piccolina – per

te – con dentro mele o arance o una coperta di pile, qualcosa di caldo,

con l’odore della casa. Anche una gallina andava bene. Una gallina che

ti avrebbe becchettato vicino – piccoli grani – quelli che tu lasci cadere

quando ridi.

Ma questa poesia piccolina è rimasta da qualche parte – in un prato,

probabilmente – con la gallina e due bimbette che corrono in bici senza

mani.

 

 

°     °     °     °     °

 

Quando amo il verde, tutto il mondo è verde:

amo la cicoria, e tutto il mondo è verde cicoria;

amo il muro rotto della cascina, e tutto il mondo è il verde muro rotto

della cascina.

 

Quando amo il verde, amo la roccia esplosa, lo svasso, la dafne velenosa,

il carpino nero, il sorbo, la donnola.

Quando amo il verde, il verde cade su tutto il mondo, e la mia gola è verde,

i capelli verdi, gli occhi la milza il fiato sono verdi.

Quando amo il verde, tutto il mondo amo.

 

Quando amo una persona, la persona entra nelle ossa. Il mio corpo

cammina col suo corpo, la mia bocca diventa la sua bocca;

e perdo i contorni, perdo l’orizzonte, e non so più come né cosa;

e si fa un rombo, invento misure, confondo me con l’altro e l’altro con me;

e non so come essere la me che ama,

senza la guerra che si fa in me per scalare l’altro e poterlo mangiare,

e lui mangia me uguale, e non c’è più il mondo, e c’è la disintegrazione del

mondo, e tutto il mondo schianta, e perdo me e l’altro e tutto.

 

Dopo un tempo tutto di senza, dalla terra si schiude un occhio che scivola

fra i vermi, che risale la pioggia, che sfrigola nell’erba, che entra nella luce,

che apre il verde e il verde cade sul mondo e nuovamente cade su me che

mi faccio verde, e tutto il mondo è verde, e nuovamente amo.

 

 

 

Iole Toini  (1965) vive sul lago di Iseo e lavora presso la segreteria dell’istituto superiore Serafino Riva di Sarnico. Ad oggi ha pubblicato due raccolte, Spaccasangue (Le Voci della Luna, Sasso Marconi, 2009) e Dei colori dei luoghi (Terra d’Ulivi Edizioni, Lecce, 2014). Altri testi sono usciti in vari lavori collettivi: Confronto a dieci. Poeti e pittori in visioni contemporanee (Associazione Culturale Città d’Arte, Rimini, 2010); Mauro Moscatelli. Eravamo dei.  (Rimini, 2011); La versione di Giuseppe. Poeti per Don Tonino Bello (Accademia Terra d’Otranto, 2011); Cuore di preda. Poesie contro la violenza alle donne (Edizioni CFR, 2012); Qui. Appunti dal presente, n. 8, “Di guerra”, estate 2003, rivista a cura di Massimo Parizzi.  Francesca Maffioli ha curato una traduzione francese si “Sulle montagne, un cuore sperticato” per i Cahiers de l’Approche (Angouleme, 2020).