A tentoni nel buio di Paolo Polvani | Correva tra noi come un palpito, cinque poesie inedite di Maria Lia Lotti, con una nota dell’autrice 

 

Queste ultime poesie sono nate dallo sgomento e dall’impotenza. Siamo di fronte a un cambio di paradigma inaudito e feroce, soprattutto in Europa e soprattutto in Italia. L’Italia traccia sempre le strade, nel bene e nel male. Capovolto, rintuzzato e sequestrato lo spirito del ’68 dove si formò la nostra giovinezza, che veniva dalla Costituzione e apriva il mondo alla libertà, alla fantasia e alla proposta politica in tutti i sensi, per tutti gli uomini e le donne del mondo. Abolito l’amore.

Queste poesie vogliono riprendersi l’amore, l’eros come forza propulsiva e divina, personale e politica, come azione inarrestabile e incoercibile. E ce la faremo, stiamo già oltre la metà del guado.     (Maria Lia Lotti)

 

 

 

Alunni

 

Erano buoni, erano eccellenti.

Chinati sui fogli compilavano

il tema, in lunghi argomenti

e i capelli lucenti e folti

dei bambini. D’amore

li nutrivo più che figli, figli

non miei, affidati, che mai

una madre avesse a temere

la scuola.

Divennero grandi

ed esperti, e un volo di

sparviero annuvolò di fosco

una sera, nidificò nelle loro

trepide menti, nella

passione, forse li rapì.

 

Chi sarai domani, dov’è

finito il tuo amore?

 

 

*

 

Poesia civile

                           a Francesco Toscano

 

Piangemmo quella sera di febbraio

quando vennero dati i nomi.

Lo sapevamo già, lo

aspettavamo.

La linea verticale non lasciava

scampo e tutti ci raccogliemmo

in preghiera per radunare

le forze e i sogni. Poi

ricominciammo a tessere.

Innumerevoli fili orizzontali

tra uomo e uomo, giovani

vecchi e bambini, ci guardammo

in viso e ci toccammo le mani,

il corpo, l’anima, lo spirito.

Correva tra noi come un palpito

lesta la spola luminosa, e cresceva

la trama come un regno.

Regalammo telai a chiunque,

agli angoli delle strade,

nelle piazze dei municipi,

nelle chiese e nelle scuole,

nei mercati di periferia, nei bar

e negli uffici, nelle osterie.

Era un opificio diffuso, ardente

e silenzioso, a volte

cantavamo, le donne

erano dolcissime.

 

*

 

 

Dragonwar

 

Mi prese sulla riva un amore

molto più spaventoso

della mia paura, mentre la nave

oscura stava attraccando

in porto, allora gettai altissime

le mie parole al vento.

 

Non so se qualcuno

le udì, nacquero forse

da quelle grida stirpi 

di traslucidi pesci o

spore di innumerevoli

fiori, qualcuno forse

dipinse un bastimento

turchino. Certamente

nacque la mia anima.

 

 

*

 

Le madri

               a Barbara e Monica al Parco Amendola

 

Poi si alzarono da ogni parte

le madri. Erano ragazze e nonne e

bambine, per disperazione e sgomento,

per paura, adirate e piangenti.

Avevano capelli lunghi, capelli che

si alzavano come spade e occhi di

lampi. Allora raccolse ciascuna in seno

i dispersi pezzi di sé, lì saldò

a fuoco in una sostanza d’amore

e decisero di generare.

                                            Il mondo

era ormai troppo freddo e guasto

per essere dure, si fecero morbide

come carne e come culle, accoglienti

come campi arati, come pezze di lana

e di seta. E trovarono mani e mani, mani

che erano lì, mani sorelle, generarono

cerchi nei prati, scuole, tavole di pane

e vivande, danzarono giochi e gioia,

bambini, uomini, giustizia.

 

 

*

 

La cura

 

L’altra parte di sé si dedicò

alla cura. Ogni cosa nascente vibrava

fino allo zenit, poi adagio si logorava

e segretamente ospitava una morte.

Come le antiche donne fluviali

che scoprirono i semi, le madri del

terzo millennio impararono il parto

di ogni singolo giorno. Ogni giorno

il figlio rinasceva nel cuore, nelle mani,

nel pensiero celeste, nella pazienza.

Fu così che germogliò il paradiso e

la stirpe terrestre degli angeli.

 

 

Conosco Maria Lia Lotti da molto, la invidiavo perché veniva pubblicata su Niebo, il quadrimestrale fondato da Milo De Angelis nel 1977 e attivo fino al 1980.  Più avanti ci siamo incrociati sulla rivista Steve. Mi piaceva la poesia di Lia, aerea e luminosa, ne riporto un piccolo frammento apparso sul numero 14, Steve autunno 1994, dal Tema delle maree:

“Ci sono vite e

vite in questa lieve pioggia

oltre l’amore. Oh non ci

sono tempeste e sale ampia

una marea su cui può

tramontare il sole oro. È una

gioia che basta al presente, muto

ampio di spirali dove

quello che c’è è avere amato.

Un’altra autrice che pubblicava su Steve era Maria Luisa Vezzali, che nella prefazione a un libro molto bello, La guida nel labirinto, a proposito di Adrienne Rich scrive: “…la poesia non ha senso se non viene per cambiare qualcosa, se intende “seguire le regole”, conservare lo status quo in un Paese invecchiato e depresso…”. Le poesie inedite che Lia propone offrono fin da subito la sensazione che vengano per cambiare qualcosa, che a muoverle sia un desiderio profondo di cambiamento. Perché la poesia intercetta le correnti che si agitano nel cuore della società, e presta loro una voce. Così i testi di Lia diventano una leva, uno strumento per scardinare un presente afflitto e ripiegato su se stesso, aspirano a farsi vessillo mosso dal vento del desiderio di una trasformazione che attenga al sentire, che riguardi soprattutto il modo di percepire il mondo. Fu così che si alzarono le madri, per disperazione e sgomento, per paura, e il mondo era troppo freddo per essere dure, e così si fecero morbide, accoglienti come campi arati, e trovarono mani sorelle. Saranno le donne, le madri specialmente, che ci offriranno una possibilità di salvezza.  (Paolo Polvani)

 

 


Maria Lia Lotti, 1948, Modena. Scrittrice da sempre, a latere di una vita indaffarata nella famiglia, nella scuola e nel sociale, pubblicazione una sola: Regole d’aria,  Rossopietra 2009, poesia.
La scrittura nasce ben presto dall’ambiente nativo rurale, separato e misterico insieme. Le montagne dell’alto Appennino, i ritmi della terra e del lavoro, quei religiosi silenzi e solitudini, la passione per la scuola e la conoscenza.
Matrici poetiche primarie: Quasimodo e il folgorante Sud, Neruda appassionato e sociale + il suo gemello diverso europeo Eluard, Borges dalla impareggiabile prosa latina e gli arditi rimandi fra tutte le culture del mondo.
Scrivere come ricerca della profezia (vogliamo ricordare Rimbaud?), la parola altra che spiega l’essenza del mondo, lo Spirito che presiede alla materia e detiene, rivela il senso del destino. Personale e comune.
Pubblicare? Bisogna mettere in ordine, lavorare alle date, ai cataloghi … e non c’è mai tempo, lo farò domani.
Primo: mettere in pratica nel quotidiano quello che ha rivelato la voce fissata sulla pagina.
Soprattutto oggi che la casa brucia.