Zironi, Secco, Renzi: un incontro di voci in sintonia, di Giancarlo Baroni.

      

In occasione dell’8 Marzo, Luca Ariano ha presentato alla libreria Fiaccadori di Parma tre poetesse: Rossella Renzi, Silvia Secco e Claudia Zironi. Le autrici hanno dialogato e proposto letture dalle loro ultime raccolte con intermezzi musicali di Alberto Padovani. L’incontro è stato occasione di riflessione sulla poesia e sulle poetesse che si sono rivelate voci in sintonia. 

     

La risposta più efficace su che cosa sia il tempo credo l’abbia data Sant’Agostino: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so”.
È un tema, quello del tempo, così ampio e così pieno di sfumature, così indecifrabile e al contempo così angosciante nel suo inarrestabile svolgersi, che ci vuole coraggio a confrontarsi con lui.
Un coraggio, una determinazione e una forza che la poetessa Claudia Zironi, nella sua recente raccolta “Variazioni sul tema del tempo”, presentata nei giorni scorsi alla libreria Fiaccadori di Parma da Luca Ariano, dimostra pienamente di avere.
Nel libro il tempo mostra il suo inesorabile volto crudele (“una macina per ossa”), le ferite che infligge ai nostri corpi, ma anche le bellezze e le gioie che ci consente di scoprire e di vivere.
La nostra vita nel tempo ha un limite e una scadenza, ha confini troppo stretti per i nostri desideri, ci costringe a sentirci precari e in bilico, a muoverci all’interno del “per quanto poco ci rimane”.
Questa consapevolezza non spinge Claudia Zironi verso le cupezze dell’angoscia semmai la stimola ad apprezzare quanto la vita ci può offrire “prima dell’ultimo /verso / prima del tramonto”. 
Il disincanto che pervade i suoi versi, i quali si confrontano con altri linguaggi e anche con quelli della contemporaneità, non evolve mai in rassegnazione; l’autrice fissa negli occhi il tempo, ne intravede il nulla, il baratro, l’incertezza e la transitorietà, e ciononostante continua a dire, come farebbe un poeta da lei amato “…per Dio, Amami! / adesso”

“Aiuto! mi sta uccidend    ”
Un post disperato è apparso
sul social questa mattina alle 8:30
L’ultimo messaggio dall’account
di una ragazza bionda, carina. Ha totalizzato
entro le 8:40
167 like 200 cuori 30 faccine piangenti
10 faccine rabbiose 25 risate 3 commenti accorati
2 commenti ironici poi cancellati dagli utenti
1 commento a sfondo sessista.
Nei giorni successivi 300 faccine piangenti e
1561 commenti di cordoglio.

(Claudia Zironi, “Variazioni sul tema del tempo”, postfazione di Paolo Polvani, Versante ripido, 2018)

     

L’acqua scorre fra i versi di Silvia Secco, non come minaccia, diluvio e inondazione, non con la forza distruttrice di un fiume in piena, ma come rimedio naturale, potere benefico e curativo che, parzialmente, feconda, rigenera e disseta. L’acqua contrasta la siccità che rende spogli e aridi paesaggi, anime, natura.
Numerosi i versi bagnati dalla neve, ora coltre protettiva (“…la vastità / bianca dei campi fatti oceani dalla neve”) ora creatura amica da invocare (“Vieni neve…/ lenisci, smussa); altrettanti quelli dove l’acqua si presenta come pioggia, pozzanghera, fiume: “Molto vicino all’acqua abbiamo steso / tutte le strade ad asciugare al sole”. 
Le “Amarene” che danno il titolo alla raccolta di Silvia Secco (presentata recentemente da Luca Arianoalla libreria Fiaccadori assieme ai libri di Claudia Zironi e Rossella Renzi) rappresentano da una parte i fiori, le foglie e i frutti che nonostante tutto crescono e maturano, e dall’altra le “amarezze” che a volte prendono il sopravvento, che macchiano e guastano le cose, i corpi, i sentimenti. 
La nostra vita (“…Siamo / povera umana cosa…”) e il mondo che ci circonda portano i segni indelebili di graffi, ferite, escoriazioni; vengono attraversati dalla sofferenza (“Dove, in quale luogo sfocia il dolore), sono insidiati dal nulla, dall’assenza, dell’abbandono, dal “tacere dei morti”.
Eppure occorre con ostinazione resistere e imparare “…il coraggio dei papaveri / ai margini di strada, l’ilarità/ di certe spighe, a spasso con le folate”.

Pensa a ciò che non resiste, i boccioli
il desiderio e la pazienza, l’umano
vivere. Questa maestà di magnolia
del giardino a breve si vestirà da sposa.
La guarderemo bianca – seta, e lieve
ronzio delle api – e non la toccheremo.

(Silvia Secco, “Amarene”, nota di lettura di Alberto Bertoni, EDIZIONIFOLLI, 2018)

     

Il titolo della raccolta di Rossella Renzi “Dare il nome alle cose” mette in risalto la responsabilità del poeta e la capacità conoscitiva della poesia ma, precisa l’autrice rispondendo alle domande che introducono il volume, “Il mio è un tentativo timido e prudente, che chiede di essere pronunciato sottovoce”. La sua poesia è colma di affetto per il prossimo e per le cose; parole chiare e accoglienti ravvivate, anche nei momenti più cupi, dalla speranza (” E la luce deve pure arrivare / a volte giunge dalle crepe / bisogna saperla aspettare”); uno sguardo indulgente e rispettoso che si posa e scorre sul mondo e lo percorre in ogni direzione; un invito a un canto individuale e corale (“Insieme molte cose possiamo fare / piantare un albero, donare il pane”). Nei suoi versi la tenerezza prevale sulla “nerezza”, la delicatezza sull’asprezza, la levità (“ci proviamo a volare più in alto”) sulla pesantezza, la fragilità sulla durezza,  ma sappiamo bene che nella fragilità si cela spesso una grande forza (“Ce ne vuole di cuore / per resistere al male / per non replicare”).
E’ soprattutto nella quotidianità, nelle cose comuni, negli affetti familiari (“parliamo a lungo di genitori e figli / come nostri fari nel buio / piccole o immense divinità domestiche”) che Rossella Renzi trova quei frammenti di felicità che la vita e il destino ci possono offrire, perché quando fioriscono gli affetti fiorisce il mondo. L’autrice è allo stesso tempo  consapevole che la vita e le vite sono dei doni  da condividere e che solo nel sentirci parte di  qualcosa che va oltre noi stessi troviamo un significato profondo e duraturo: “Siamo l’orizzonte di un bene più grande”.

Custodisci questa luce incomprensibile
quando tutto a un tratto sembra magico
la pigna che dorme sulla spiaggia
il bambino che strilla
l’azzurro che canta
con pochissime onde.
Ma canta.

(Rossella Renzi, “Dare il nome alle cose. Poesie 2014-2017, edizioni Minerva, 2018, collana “Cleide” diretta da Cinzia Demi e Giancarlo Pontiggia)

     

Giancarlo Baroni