I LIBRI DI POESIA CHE CONSIGLIO: 
“Gli alberi bianchi” di Nadia Agustoni, Lietocolle – collana Gialla oro Pordenonelegge, 2020

           

Sarebbe facile parlare di linguaggio degli ultimi, di ricordi, di dolore e di affetti, degli alberi e della gente – che pare dipinta, così sempre laboriosa e silenziosa e semplice nei suoi duri lineamenti – della bergamasca. Ma non c’è lieta ed effimera primavera in questi alberi bianchi, né c’è memoria dove ci sono parole di evocazione, né c’è comunicazione diretta nelle pagine semivuote eppure così pregne di scrittura di Agustoni: ed è di questo che è necessario e molto più difficile parlare. Avventurarsi tra i biancori di questo libro significa immergersi in un latte di dimenticanze, in un’atmosfera fuori tempo e fuori sincrono, entrare nel rumore di fondo, in un confine, guardare vedendo, abbandonarsi e arrendersi al non poter spiegare il bene e il male. CZ

          

Cinque testi da Gli alberi bianchi:

 

sei

Solo la casa per salvarsi, le sedie messe a girotondo
in un gioco di fantasmi e il posto piu bello,
gli armadi coi miracoli e a volte pensare il carnevale
o le feste di novembre, le Madonne con le rose e i
ciclamini –

in un alfabeto nuovo i nomi lasciati insieme sono qui
col colore del prato e le pareti grandi
degli ospedali –

lì la voce è materia, la stella di Natale dimenticata
e l’acqua dei rubinetti gocciola per le cose usate
per un ombra – nel sole c’è una pace
che dissangua.

 

Ballata del dentino di latte

era la ballata della Rosina
della Giusy e s’ammazzavano
le gambe sotto grembiuli
a fiori, ma lì nasceva
certa dolcezza come l’uva
la ciliegia il nocciolo sputato
su carta velina, domani
gli dice cose turche
oggi gli dice quel futuro
donnesco, il dentino
di latte dei bambocci
cresciuto nella stanza neve.

 

lei capiva i polli

pareva uno specchio
il mondo, lei capiva
una luce nei polli che strozzava
li capiva con le dita, se qualcosa
s’impigliava e poteva prenderlo
non chiedeva altro:
finì sottoterra d’inverno
e le misero una croce bianca
da vecchio soldato
che ne ha viste ne ha fatte.

 

l’alloro

nuvole in un filo di nuvole
e uccelli del buio si levano
per crateri
in cui cade e cade
l’alloro degli eroi

qui le piante germinano uomini.

 

XI

prendevano luce da uno spicchio di arancia
mangiandola con le mani
lì la loro vita saliva un po’
con l’odore lontano di isole:

sui tavoli falene notturne giravano in tondo
il bicchiere in un cielo rovesciato

la vita così sola

 

 

    


Nadia Agustoni ritratta da Dino Ignani

Nadia Agustoni (1964) scrive poesie e saggi. Suoi testi sono apparsi su riviste, antologie, lit-blog. Del 2017 è I Necrologi (La Camera verde); del 2016 Racconto (Aragno); del 2015 Lettere della fine (Vydia editore), premio ex equo Bologna in Lettere Interferenze 2017, e la silloge [Mittente sconosciuto] (Isola Edizioni); del 2013 è il libro-poemetto Il mondo nelle cose (LietoColle). Una silloge di testi poetici è nell’almanacco di poesia Quadernario (LietoColle 2014). Nel 2011 sono usciti Il peso di pianura ancora per LietoColle, Il giorno era luce per i tipi del Pulcinoelefante, e la plaquette Le parole non salvano le parole per i libri d’arte di Seregn de la memoria. Del 2009 la raccolta Taccuino nero (Le voci della luna). Altri suoi libri di poesie, usciti per Gazebo, sono: Il libro degli haiku bianchi (2007), Dettato sulla geometria degli spazi (2006), Quaderno di San Francisco (2004), Poesia di corpi e di parole (2002), Icara o dell’aria (1998), Miss blues e altre poesie (1995), Grammatica tempo(1994). Vive a Bergamo. Qui una recente intervista a cura di Alessandra Pigliaru per Il Manifesto: https://ilmanifesto.it/i-corpi-la-fabbrica-e-il-canto-degli-ultimi/