Angoli di poesia di Luca Ariano | Alessandro Rivali, La terra di Caino, Mondadori, 2021.

 

Alessandro Rivali, dopo oltre dieci anni dalla sua ultima raccolta di poesie La caduta di Bisanzio (Jaca Book, 2010) che ottenne un notevole riscontro di critica, pubblica, nella prestigiosa collana “Lo Specchio” Mondadori, La terra di Caino. In questa raccolta, il poeta ligure, ( ma milanese di adozione), raggiunge la sua piena maturità, con un’opera corposa che delinea la figura di Caino attraverso vari aspetti rendendolo il vero e proprio protagonista di tutto il libro, infatti, così è descritto nella nota di copertina: “Questo libro fortemente organico, che segna la piena, raggiunta maturità di un poeta, si impone per l’identità forte della sua struttura e per le articolazioni di una narrazione lirica condotta attorno all’emblematica figura di un protagonista, volutamente anche troppo umano, pur cangiante nel suo apparire, e proposto con il nome di Caino. Un nome che rivela la forte nostalgia di un paradiso perduto, nell’apparizione dei «molti colori del male» che segnano il nostro essere nel mondo, dunque nella storia e nei luoghi, nelle diverse generazioni e civiltà e nella memoria. Alessandro Rivali compie in questi suoi versi un viaggio apertissimo e inquieto, e ne dà uno splendido resoconto d’impronta lirica, ma che spesso si avvicina, anche per i toni, a un vero e proprio disegno epico.” Epico è sicuramente un aggettivo che ben qualifica questa raccolta ed è uno degli aspetti salienti della poetica di Rivali fin dalla sua prima raccolta La riviera del sangue (Mimesis, 2005).  Libro diviso in otto sezioni con una sezione preliminare che fa da introduzione, una sorta di antiporta che subito ci mette di fronte alla figura di Caino: “Caino, / sarò io con te, sibilò il serpente, / sarò segno della tua violenza,/  delle fessure nelle coscienze. // Sfoglieremo l’albero del male. / Regolerai ogni relazione rauca / e il lungo corteo dei senza padre. […]” In esergo un passo della Genesi che ci mostra chiaramente i riferimenti biblici dei quali il poeta è un ottimo conoscitore: “Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra».” (Genesi, 4, 8-12). Dopo questa “antiporta,” le sezioni che compongono il libro sono: Gilgamesh, La straniera, Le città dell’ombra, La tomba degli amanti, Ötzi, Hiroshima, Il sogno di Caino e Margherita. Nella prima sezione, oltre agli evidenti riferimenti al poema epico che dà il titolo alla sezione, la Storia (così come in tutto il libro) è protagonista, anche di vicende famigliari: “Il padre placava l’insonne / con racconti di roghi lontani,/ famiglie in fuga dalla guerra. // La scia del piroscafo rifletteva / il requiem di Barcellona. […]” Anche ne La straniera  compaiono numerosi riferimenti storici come nella poesia IX: “Adesso sorpassi la storia. // Voli sui roghi d’Armenia. / Hai visto le sorgenti di Mush, / le vergini immerse nei vapori. // I cartografi del dolore / conservarono memoriali /e croci istoriate sulle dorsali. […]” Le città  dell’ombra vedono varie località protagoniste, in particolare Genova (città natale del poeta) e il cimitero di Staglieno: “Era scalza. La tunica di fiamme. // Cavalcava nel vento. // La sua falce si curvava sull’erba, / decapitando il volto delle rose. // Signora della storia, / calpestavi dinastie e regni, / ma trattenevi la lama / se incontravi vite autentiche, / chi sapeva accogliere, / chi aveva la festa negli occhi. […] (I). La tomba degli amanti  é invece ispirata al gruppo marmoreo che Luigi Orengo dedicò nel 1909 a Maria Francesca Delmas: “Non volevi la città dei morti, / eppure ti rapirono i tulipani, / le spose sfiorate dagli angeli. // Gli amanti fissati nella pietra: / hai abbracciato Maria Delmas, / una storia di sangue del 1908. […]”Ötzi é dedicata alla mummia “del Similaun” ritrovata del 1991: “Dal ghiacciaio del Similaun / le dorsali diventano generazioni: / ora l’essiccato vede l’origine. // Metamorfosi della materia. / Pianure. Pitture. Selci. / Il tempo chiamato indietro. // Si riavvolge il nastro: / la via dall’Eurasia all’Africa. / Il popolamento a clessidra. […]” (I) Hiroshima ricorda la tragedia della seconda Guerra Mondiale e il libro Diario di Hiroshima di Michihiko Hachiya: “Il cratere della bocca / largo come maschere greche, / la fuga dei leucociti. // Ustioni a evidenziare / il telaio dei muscoli. // Uomini invecchiati in un’ora, / la città un vivaio di mosche. […]” (III) La penultima sezione torna direttamente alla figura di Caino mentre l’ultima, Margherita, è dedicata al monumento funebre di Margherita di Brabante. Numerosi sono i riferimenti ad artisti come Arturo Martini, Leonardo Bistolfi o Marc Chagall, ma anche a poeti come Montale o Pound che l’autore ha ben approfondito e che rimane uno dei suoi punti di riferimento anche se, talvolta, si sentono echi della poesia di Kavafis. La Terra di Caino rimane sicuramente una raccolta di svolta nella produzione di Alessandro Rivali che lo vede come una delle voci più interessanti dei poeti nati negli Anni Settanta del secolo scorso.

 

 

I

 

Dal ghiacciaio del Similaum

le dorsali diventano generazioni.

L’essiccato vede l’origine.

 

Metamorfosi della materia.

Pianure. Pitture. Selci.

Il tempo chiamato indietro.

 

Si riavvolge il nastro:

la via dall’Eurasia all’Africa.

Il popolamento a clessidra.

 

La terra ritorna roveto,

lo sterminio delle antilopi,

il cavallo entra nell’ippario.

 

Ora vede il parto degli astri,

lo squarcio e le porte del male,

la fiammata del mamba

che s’inarca sul fogliame.

 

 

II

 

Viaggia nel pendolo della storia.

Cerca i ritorni della luce.

I capitoli da mettere in musica.

 

L’acqua increspata dal vento.

Selinunte che cade in mare.

 

C’è un uomo che semina ulivi

prima di entrare nel regno.

 

 

III

 

La mummia dall’osso slogato

nella millenaria vasca di vetro.

 

In quota. Senza tempo.

 

Riunisce il primo e l’ultimo giorno,

antenna meridiana nel ghiaccio,

nell’azzurro sempre presente.

 

A sud alzano padiglioni,

formiche e scorpioni vedono

uomini lottare con il fiume.

 

Legano cavalli ai carri della storia.

 

 

IV

 

Il tronco è nero, senza braccia,

lingue di catrame sulle orecchie.

 

Un dannato chiuso nel ghiaccio,

un monaco che espia sulla roccia.

 

La selce perfora i polmoni

e il cardio si esilia dal corpo.

 

Forse lo chiamarono le stelle

per vedere gli uomini nel fiume,

vortici di cadute e ascesi,

conchiglie lasciate dal sangue.

 

 

V

 

Le sue orbite diventano vetro

e il ghiacciaio risale le vene.

 

Il freddo bruca gli uomini.

 

La sella di pietra è un veliero

che contempla la rosa dei mari.

 

Nelle terre alte dei sette laghi

l’acqua ristora la sete di Dio.

 

 

VI

 

Nuvole.

 

Arcipelaghi sul cotone:

l’anima un airone nel vento.

 

Il cadavere danza in quota:

ha una selce nella scapola.

 

Una lenta emorragia,

l’arto destro si fa pietra,

una scucitura nella mano.

 

La morte per svuotamento.

 

Vede cerchi rossi sulla neve

cani sulla testa dei corvi.

 

 

VII

 

Dispone il corredo per morire,

faretra e arco alla sorgente,

secondo la voce dei padri.

 

Ordina solitario la liturgia

sperando nella stessa misericordia

che lui aveva donato ai morti,

alle membra divise dalla spada,

agli occhi del cervo trafitto.

 

 

VIII

 

Il teatro è essenziale:

fusioni di ghiacciai.

 

Riverberi mordono la retina.

 

All’incrocio delle sorgenti

l’uomo si prosciuga nella sete.

 

Il corpo è disseccato,

si leggono lotte e fatiche,

usura nelle articolazioni,

fratture arginate.

 

Una cisti sul mignolo sinistro,

violenza sul setto nasale,

ridotta la corona degli incisivi.

 

Il ritrovamento che disorienta

è l’interezza del bulbo oculare:

quell’iride che intravide l’Eden

oltre la mandibola delle Alpi.

 

 

IX

 

I grandi graffiti delle caverne:

sembrano muoversi al fuoco:

antilopi in fuga dai predatori,

pigmei in lotta contro centauri.

 

Ma più vivo il disegno interiore,

il primo cervo colpito dal figlio,

soprattutto la mano di lei

che risale le ferite sulla schiena.

 

 

XI

 

Paradiso.

Il nome di una donna.

inseguito, appena intravisto.

 

I nomi smarriti dentro l’Eden.

La cometa ritorna nei sogni.

 

La solitaria fuga,

per dimenticare la terra di ieri,

dove il verme non muore

e non si estingue il fuoco.

 


Alessandro Rivali è nato a Genova nel 1977. I suoi libri di poesie sono La riviera del sangue (Mimesis 2005) e La caduta di Bisanzio (Jaca Book 2010). Ha pubblicato i libri intervista Giampiero Neri. Un maestro in ombra (Jaca Book 2010) e Ritorno ai classici. Una conversazione con Giampiero Neri (Ares 2020). Ha curato le lettere inedite di Eugenio Corti dal fronte russo (Io ritornerò, Ares 2015). Ho cercato di scrivere Paradiso (Mondadori 2018) raccoglie le conversazioni con Mary de Rachewiltz, la figlia di Ezra Pound.