Spazio di Claudia Zironi | Il giorno della battaglia (frammenti)
Il giorno della battaglia
(frammenti)
Sulla linea del fronte. Al primo colpo pensammo ai nostri figli. Al secondo, alla casa e ai gatti. Al terzo che non avevamo più un’auto per fuggire; al quarto, al confine; al quinto – quando vedemmo le nostre camicie lacere e macchiate – all’assurdo motivo della nostra morte.
I pezzi. Cadere letteralmente a pezzi, senza sanguinare: grumi, turbini di cellule, peli e acrilici impastati. Cadere nel buio, senza sonno; non trovare appoggio, odore acre, odore di incendio; disperdersi – in un raggio di dieci metri – mescolarsi, cadere nell’oblio – in silenzio.
Sulla pelle un ricordo. Dove la pelle è più sottile e bianca, nella parte inferiore del braccio, vicino al polso – lontano dal resto – permangono le stigmate di un graffio d’animale spaventato, di quando c’è stato il boato, di quando il soffitto è crollato, la parete ha ceduto, il petto mi si è squarciato.
Rumore. Nessuno mi vede e io piango più forte, nessuno mi sente e io grido, nessuno arriva e io muoio. Immobile tra le macerie – madre – con un ciucciotto sporco… e lo scoppio – che tutto sconvolge.
Alberi. Uno sterminio di legni nei boschi, schegge come ferite, chiare, sparse, resina e sangue mescolati. Il calore delle bombe provocherà un uragano, di qui a due anni, e nulla potrà la resilienza vegetale a coprire le tracce del disgelo.
Paura. La paura ti fa respirare in fretta, ti chiude lo stomaco, ti apre la pancia. I sentimenti scompaiono, gli occhi si muovono veloci per individuare la tana, ci vedi nel buio, cammini carponi con le gambe che tremano. Non ti fa più schifo nulla e dividi il buco con gli scarafaggi. Non senti il freddo, non senti il dolore, non ricordi chi se n’è già andato, nemmeno se lo hai sepolto con le tue mani, da poco.
Entra il fantasma. Sono quello che non pensa, dalla voce strozzata, con la polvere in bocca, i capelli colore della terra. Sono quello che sussurra, che il poco vento lo sovrasta, una nube lo nasconde. Sono quello senza sangue, senza sesso, senza gambe. Sono quello che triste ricorda e impotente ti guarda.
Quanto. Dimmi. A quanto? A quanto abbiamo abdicato finora – l’aria tra i pini, la pioggia sul mare, i canti e le stelle lontane (quelle che sembravano schizzi di miele sul manto di un orso addormentato), le mani calde d’inverno davanti alla stufa mentre fuori nevicava, le more d’estate – per soddisfare la bestia.
Chi? Chi desidera in vita acquistare una cassa da morto? Ambire alla tristezza? Ché depredare gli inermi non porta gloria, né porta ricchezza depredare gli indigenti.
Chi desidera in vita vivere in un cimitero, tra i morti – e gli amputati e i derelitti. Passeggiare tra rovine e cartoni sporchi? Inalare aria fetida, guardare un cielo grigio, un polpo con due arti. Guardarsi dai cani randagi. Come si può godere della ricchezza nel mezzo delle brutture e delle grida, chiusi in un bunker d’oro.
Chi desidera in vita costruirsi un ricordo futuro fatto di bestemmie e di lacrime, lasciare il proprio nome in pasto a posteri indignati?
Mainstream. Puntata su puntata. Nella sit-com della guerra ognuno ha la sua parte, alcuni fanno il morto.
La guerra è finita! Un giorno arriverà la notizia.
Qualche terra ceduta, si festeggia. Il giorno dopo: le macerie, il cibo che non c’è, il puzzo delle fosse comuni. In lontananza qualche sparo ancora: conti da regolare o qualche maldestro. Abbiamo vinto oppure perso? Cosa facciamo adesso? Ancora, non si può piangere, ma presto dimenticheremo, ancora.
Perché?
L’ultimo giorno comprenderai ogni cosa, perfino l’utilità degli incubi e quella dei bottoni perduti.
– Saluterai gli amici sulla spiaggia, ti sdraierai al sole. Potrai respirare. –
Comprenderai ogni cosa, ma non questa.
In sottofondo nell’audio della lettura: Kodo – “O-Daiko”
Il giorno della battaglia (frammenti) è un insieme di prose inedite di Claudia Zironi scritte dal febbraio all’aprile 2022.
Claudia Zironi è per la pace e contro la guerra, e non ritiene che si debba evitare di scrivere dei fatti del momento se si ha qualcosa da dire.
30/04/2022 alle 10:38
Giusto, Claudia! Anch’io credevo i avere dimenticato la guerra della mia infanzia!
Mai avrei pensato, in questi tempi miei maturi, di sentirmi risuonare dentro un’ altra guerra, come mi succede ora..
E sempre ho scritto di PACE.!
“Fuori la guerra dalla storia” e “Osiamo la Pace” sono fra gli slogan più belli delle pacifiste femministe: le Donne in Nero
30/04/2022 alle 15:08
cara Anna, gli slogan delle donne in nero sono bellissimi. gridiamoli in coro, facciamo che le nostre voci vengano sentite! ti ringrazio e ti abbraccio
30/04/2022 alle 11:43
Concordo: non si può tacere su quello che ci sta accadendo attorno e ringrazio Claudia per questi suoi intensi ‘frammenti’ che ci testimoniano e ci ricordano che non siamo da soli a portare avanti la richezza della pace.
A noi, che evidentemente ci troviamo sotto la piramide egocentrica, finanziaria e maschilista del ‘commando’, la guerra non serve, disertiamola tutti e tutte una volta per sempre.
Grazie Claudia,
Anna Lombardo
30/04/2022 alle 15:09
Grazie per il tuo passaggio Anna. Piu’ che disertarla, dobbiamo impedirla, ad ogni costo, secondo me. Organizziamoci!
01/05/2022 alle 12:26
Io credo che chiunque sia libero di esprimere un parere, opinione emozione di ciò che sta vivendo e di condividerlo (superfluo che io specifichi la necessità del rispetto reciproco in questo). Si chiama libertà di pensiero. Se mettiamo in discussione questo principio basilare mettiamo davvero in discussione ogni principio su cui si basa il nostro vivere insieme.
02/05/2022 alle 08:46
Certamente Silvia, ben detto. Nel breve testo un po’ polemico con cui proponevo questo articolo sui social, mi riferivo al fatto che c’e’ sempre chi lancia strali contro chi scrive di fatti dell’attualita’, come se non ci fosse poesia nell’esprimere le proprie idee. Grazie per il tuo passaggio. Abbracci.