Spazio di Claudia Zironi | Cento aghi tra le labbra di Giulia Catricalà
Qui vi proponiamo alcuni testi inediti di Giulia Catricalà:
La memoria
riempie le sue case
di tutto l’abbandonato, l’inutile,
l’impraticabile dell’amore.
La memoria è una donna umile,
lei non crede che le cose vecchie
vadano buttate, e si ravvede
anche l’orgoglio luccicante
quando -di colpo- tra le lampade,
gli specchi, le pile fulminate,
si accende un volto e sorride,
È di nuovo giovane
felice solo di stare in ascolto.
*
Questo cielo è una lavagna blu
dove appuntare le colpe,
qui seguiamo col dito la sterilità
delle nuvole, e di tanto in tanto
l’immobilità del nostro dubbio
ipotizza il buio delle stelle.
Qui abbiamo portato i nostri
sistemi, lo scorno e la rabbia
dell’inquisitore, qui abbiamo
inciso con dolore il dolore
delle nostre domande;
e stringeremo la risposta
come braci e lividi fra i denti
quando dallo stelo d’eterno
spunterà un dio
a chiederci, un giorno, degli uomini.
*
Al posto delle ali
una gerla di vimini
dove raccogli funghi,
forme millenarie da decifrare
come il sorriso di tua madre,
e la sua giovane felicità
di cent’anni, cento aghi
tra le labbra
per dirti “non ti preoccupare”.
*
Non far di te un granello
di rabbia, un ticchettio
ruminante della stessa parola,
dello stesso assólo che
infuoca e baccaglia.
Accorcia la traccia,
varia la metrica,
inventa un punto di svolta.
A volte il dolore
è solo un racconto
che racconta troppo di sé.
*
Hai lasciato incustodito
il calco d’ali sulla schiena,
-allentato l’aderenza-
per decifrare l’infinito,
per eludere l’immobilismo
dell’assenza.
Eccoti ora,
un dito che scorre sul codice
a barre degli addii
e l’arpione del sonno che
ti aggancia in extremis
mentre fa luce sul balcone.
Hai lasciato tante cose,
tante facce stese
ad asciugare,
alcune ti guardano
come quadri futuristi
di lontani musei
che tu non capisci.
*
-Vorrei dirti, avrei voluto dirle-
poi un salto, un lancio in alto,
facce incantate sugli spalti,
facce dispiaciute- avrei dovuto
dirgli mi manchi- parole sparite
in un cappello- o era un sottotetto?
Ora che han timbrato il biglietto
lo sanno tutti: i cinici incalliti
gli scettici, persino i tecnici
ma ancora nessuno se n’è
fatto una ragione: il silenzio
è il giocoliere delle parole difficili,
e “amore” il suo spettacolo migliore.
*
L’alba sale dalle carreggiate
fa con la notte una croce di mezza luce,
adorna l’aria di diademi roventi,
teoremi chiari del nuovo giorno.
Vedi, è in queste contrazioni radiose
che gli uomini lontani collidono
e sembra per pochi istanti
che le nostre maschere migliori
lascino un graffito sul viso.
*
Se di agosto è rimasta la
promessa, la parola
funesta che fa rogo
sul litorale, settembre
porta in bocca un esistere
come danno collaterale.
Ma la pronuncia si eclissa
fra le vele ormeggiate e
la costa che tracima,
senti: s’incrina pure l’ala
sulle mareggiate
se la ragione nomina
l’abisso.
Giulia Catricalà è nata a Roma nel 1990. Ha studiato lettere moderne alla Sapienza di Roma e si è diplomata alla Scuola di giornalismo della Luiss. I suoi versi sono stati pubblicati su varie riviste. Coltiva la passione per la poesia dagli anni del liceo.
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