Osservatorio Poetico di Sonia Caporossi | Simone Migliazza

 

*

“A cinquecento chilometri a largo
delle coste del Senegal”
è dove s’é pensato di poter
essere un giorno o l’altro
come qui, dove
in poco tempo
è stato necessario rivedere
quanto s’era stimato per l’estate
— che cosa avrebbe costituito dopo,
per i prossimi mesi.
La flessibilità alla quale attingere
per compensare la frode — il tremore
sproporzionato all’accaduto — mostrano
il poco peso della verità
— di simili rimedi di fortuna
sfociati nel ridicolo, nel riso.
Questo per dire che oggi
quando dalle prime ore abbiamo visto
il vento cambiato, l’aria
non c’era nulla che parlasse chiaro
o che parlasse d’altro
che non fosse aria o che non fosse vento.

*

Non avere quest’anno
un porto con del mare a sufficienza
o la sera stancarsi
a pensare quanto possa essere vera
la facoltà che hai di dire lontano
ci rende i mesi ostili.
Eppure, basterebbe
tenere in conto le scarpe a buon prezzo
che mi hai approvato — i giorni che si portano
dietro, dove ogni modesto volere
sembrava apparecchiato
per dire non è andata così male.
Che idea farsi, allora,
di questo sonno per cui è buona ogni ora
— è chiaro cosa significherebbe
tutto l’azzurro, il bianco delle case.

*

Berlino di quei giorni era già fredda
— degli abiti pesanti per la sera —
la prima cosa di cui ci occupammo.
La seconda non fu subito chiara
passó confusamente.
A volte, è vero, qualcosa sarebbe
stato possibile capire — come
il desiderio chiedesse d’essere
compreso e quella libertà esaudita
in pieno pomeriggio, dietro piccoli inganni.
Girammo la città
come fosse il tuo mondo.
A me nacque un amore
tardivo — Karl-Marx-Allee assieme ad altri
nomi passó a definire un concetto
astratto e le storie del muro, lo zoo
coi mesi. Nel frattempo
ci sembrò naturale
legittimare un certo sconfinare
dell’ombra, apertamente.

 

Simone Migliazza è nato nel 1982. Si è laureato in Storia dell’arte presso l’Università “La Sapienza” e in Discipline musicali presso il Conservatorio “O. Respighi” di Latina. Attualmente insegna in scuole pubbliche e private. Ha esordito nel 2020 con la silloge Un estuario fecondo d’isole (Pluriversum). Nel 2022 ha pubblicato Poesie della voce nuova (puntoacapo).

 

Ha un non so che di pasoliano nell’ariosità dell’impianto, il versificare di Simone Migliazza. Sarà la sovrabbondanza di enjambements che rendono l’idea di un pensiero critico nel suo andamento franto e claudicante. Sarà quella naturale propensione all’indugiare lirico su una situazione personale che spalanca però le porte a un sentire comune, anzi comunitario, nel passaggio non detto tra la dimensione umana e quella sociale. Sarà la capacità di avvolgimento in un’atmosfera familiarmente ucronica, sospesa nell’essenza della Storia ridotta a narrazione privata. Fatto sta che la maturità di questi versi si evince chiaramente, lasciando presagire un potente agito poetico preesistente, magari nella forma di un faldone tenuto nel cassetto da tanto, troppo tempo, magari nella forma di un lavorio indotto da studio e autoanalisi continuativa del dettato, o dalla consapevolezza, in definitiva, che occorre pubblicare solo quando la sostanza c’è e si concretizza in una poetica differenziale sufficientemente determinata per poter essere proposta come tale. Simone Migliazza, in questo senso, appare pronto e propositivo, disponibile e versato alla disamina e al dialogo intimo col lettore.