Osservatorio Poetico di Sonia Caporossi | Francesco Lorusso

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Sembra che si sia rinfilato
un fiato infinito fra le foglie
una vera mela sulla lingua
il sapore migliore delle fragole
tutto il contributo di luce chiesto
alla formula fisica superiore
che sforbicia il tempo e lo depone.

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All’improvviso tu non sei più il posto in cui cercare
ma si rovista da qualche parte sicura del tuo corpo
che adesso rimugina i calcoli a ritroso del percorso
per ritrovare il tocco d’indice che ci pareva perduto.

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L’algoritmo elevato ci lavora ai gomiti
scuce lento ogni lembo lacerato
ci governa con formule di comodo
la ricerca dell’uso di soluzioni circolari
con la serie infinita di dati di base
a stringere minuscoli binari tra i denti
unità terminali sconnesse nel passo
o le virgole e i nostri punti materiali.

(Inediti)

Francesco Lorusso è nato a Bari, dove risiede, nel 1968. Dopo gli studi di Conservatorio, si dedica all’attività concertistica come solista e corista nei Teatri Lirici, affiancandola a quella di Maestro e di Direttore di Coro con diverse ensemble vocali. In poesia, dopo aver ottenuto menzioni e riconoscimenti nell’ambito di premi letterari, esordisce sulla rivista scientifica “incroci” (semestrale di letteratura e altre scritture) con una densa silloge intitolata Nelle nove lune e altre poesie (Adda Editore, 2005). La sua prima raccolta, Decodifiche, è pubblicata nel 2007 dalla casa editrice Cierregrafica (Verona) nella collana “Opera Prima”, con prefazione di Flavio Ermini. Segue L’Ufficio del Personale (La Vita Felice, 2014), prefato da Daniele M. Pegorari e con una nota critica del poeta Vittorino Curci; il volume si classifica secondo al 1° Premio Internazionale “Salvatore Quasimodo” di Roma nel 2015, e nel 2016, sempre a Roma, viene premiato con segnalazione alla VIII Edizione del Premio “Di Liegro”. Nel 2016 è segnalata e premiata, fra gli inediti alla XXX edizione del Premio “Lorenzo Montano”, la raccolta L’Ultimo Uomo (inedita). Seguiranno le pubblicazioni Il secchio e Lo Specchio, introdotta da una breve nota del poeta Guido Oldani (Manni Editori, 2018), Macerie, con prefazione di Giacomo Leronni (Arcipelago itaca Edizioni, 2020) e Tra i Tempi Tecnici, scritto a quattro mani con Mauro Pierno e con un interessante saggio in postfazione di Antonino Contiliano (Edizioni Spagine del Fondo Verri, 2021). Lavoro, quest’ultimo, che è stato un tentativo di indagare la compromissione fra spinta creativa e attività lavorativa extraletteraria che prende forma in un poema composto a quattro mani con il poeta (e collega) Mauro Pierno, apparso nel 2018, su invito dei condirettori, sulla rivista “incroci”, con il titolo 37 Pedisseque Istruzioni, dopo un incontro sul tema del lavoro, con Fabio Franzin, che li ha visti coinvolti. Sue poesie e letture critiche sono apparse su riviste quali “Poesia”, “Atelier”, “incroci”, “Il Segnale”, e online, su “La Recherche”, “Sulla Letteratura (On Literature)”, “Carte Sensibili”, “Poetarum Silva”, “Imperfetta Ellisse”, “Versante Ripido” e altri. Con il musicista Franco Degrassi sonda campi sperimentali e di contaminazione tra musica acusmatica e poesia producendo lavori come la recente installazione Decodifiche2 (2019), avente come “base” l’omonima raccolta poetica del 2005, realizzata presso la Biblioteca Civica del Comune di Bari e in librerie specializzate. Si dedica ad attività di divulgazione culturale e di volontariato dirigendo gruppi corali legati alle Università Popolari e della Terza Età. Ha fatto parte del Comitato Scientifico della collana poetica “Opera Prima” della CierreGrafica.

Francesco Lorusso non è nuovo all’utilizzo di un linguaggio settoriale relativo alle scienze fisiche e matematiche, rientrando in parte in quel filone della poesia ultracontemporanea (Galluccio, Gallo, Frene, Caporossi ecc.) che si dedica a rivoluzionare la poesia lirica scardinandone il linguaggio dalle fondamenta e indagandone così le potenzialità evocative più riposte. Sembra ormai realizzato il vecchio adagio di René Ghil, degno discepolo di Mallarmé, in base al quale (pur in un altro senso relativo precipuamente alla teoria delle ““macchine fonetiche” e della “strumentazione verbale” del primo), “La poesia sarà una scienza oppure non sarà”. In direzione di una ricerca lessicale specificamente sperimentale sembra muoversi l’estro di Lorusso, che tra “formule fisiche”, “algoritmi” e “calcoli a ritroso”, tenta di individuare nella notte oscura della poesia di ricerca “soluzioni circolari” e “dati di base” che possano condurci, via via, a quelle “unità terminali” preposte agli epifanici abbagli della mente, alle schiuse dell’uovo cosmico, allo spalancamento di segreti semantici in continua emersione per chi sa coglierne i solchi come tracciature sottopelle, caratteri braille apparentemente sconnessi adatti solo a lettori che ci vedono benissimo.