Osservatorio poetico di Sonia Caporossi | Corrado Aiello

 

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Se gli animali potessero, non scriverebbero che monologhi.
E le piante, forse non farebbero lo stesso?
Chi, più delle pietre, aprirebbe volentieri il proprio cuore
al mondo?
Gli elementi sembrano meno muti dell’uomo
il quale spesso ciarla a vuoto.
Eppure vi è una voce per tutti fuori dal discorso.

 

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Spesso remoto il sogno
di te mi coglie, e va
disarmato per me quello stupore
vago all’inattingibile –

Sapersi anche nel giusto…
giustificarsi no,
non serve dire chi o cosa non serve
forse neppure scrivere –

Vivere (ti direi)
le proprie alterità
quasi due estranei innumeri fra specchi
sperduti astri anamorfici

 

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A volte è d’uopo distruggere
per poter creare;
ma ogni atto di creazione
comporta rischio, fatica, sacrificio – come nel jūdō

Quanto infinitamente più nobile è
tentare la via del caos col sogno
fermo di una volontà cosmogonica
negli occhi, nella mente e nel cuore!
Noi siamo qui, a sfidare ancora una volta
il tempo, che sappiamo non esistere

Resistiamo, comunque resistiamo –
viviamo, nel disordine
di un piccolo miracolo

 

Corrado Aiello (Piano di Sorrento, 1984) è poeta, scrittore, traduttore e haijin. Suoi scritti sono apparsi in diverse antologie, blog e riviste di settore (nazionali e internazionali). Nel Dicembre 2020 ha pubblicato per i tipi di Ensemble la sua opera prima (Rime selvagge).

 

Il “piccolo miracolo” di cui parla Corrado Aiello nell’ultimo di questi tre estratti dalla sua opera prima Rime selvagge è quello di cui parlava Montale: l’epifania improvvisa della bellezza salvifica che consente di ordinare le trame della realtà per donarle un filo che ci tragga fuori dal labirinto dell’esistenza. Non è un caso che qui il poeta si rifaccia al dettato del grande Maestro: recuperare il senso delle cose significa, in qualche modo, ripassare la lezione, studiare meglio mille volte la stessa pagina testimoniale per scovare prospettive e vie di fuga che consentano di individuare un linguaggio autonomico nel grande marasma della poesia ultracontemporanea, giacché, alla fine, “vi è una voce per tutti fuori dal discorso”.