Note Psicopoetiche di Valeria Bianchi Mian | Sulpicia
Venuto è l’amore
di Sulpicia
(I° sec. a. C.)
*
Finalmente è venuto l’amore, e più mi farebbe
arrossire
la fama di averlo celato, che non quella di averlo
rivelato.
Commossa dai miei versi, Citerea
l’ha portato e deposto sul mio seno.
Venere ha mantenuto le promesse: racconti le mie
gioie,
chi si dice che di sue non ne abbia avute.
Io non vorrei affidare parole a lettere sigillate,
perché nessuno leggesse prima del mio amore;
ma il mio peccato mi è caro, e non mi va di darmi
un contegno
per amor della fama: si dirà che sono stata con uno
degno di me, io degna di lui.
*
Tandem uenit amor, qualem texisse pudori
quam nudasse alicui sit mihi fama magis.
Exorata meis illum Cytherea Camenis
attulit in nostrum depositque sinum.
Exsoluit promissa Venus: mea gaudia narret,
dicetur si quis non habuisse sua.
Non ego signatis quicquam mandare tabellis,
ne legat id nemo quam meus ante, uelim,
sed peccasse iuuat, uultus componere famae
taedet: cum digno digna fuisse ferar.
La cura dell’intreccio in Note Psicopoetiche va svelando una forma viva, cangiante, un arazzo di voci provenienti da un là e allora che persiste qui, adesso, nel riflesso di versi, nell’impronta radice, nell’incisione memoria DNA. Dall’oscurità si è levato il grido dei demoni sardonici, l’anima potente di Madame Edith Sitwell. Si è rivelato con gioia – e senza arrossire – l’erotismo focoso di una giovane Nin, portandoci oltre la signora per bene che aveva fatto la sua comparsa nella mitologia immaginale di un coltissimo Robert Graves. E ancora, più a fondo, abbiamo scrutato nell’ermetico regno del ragno di William Empson, dentro le cellule del Novecento, emerse dai semi archè di un passato più remoto, e abbiamo snocciolato i primi argomenti chiave di quello che Carl Gustav Jung chiama percorso individuativo. Per uno sguardo d’insieme: *.
Abbiamo approcciato le Ombre emerse dai testi degli autori trattati in questa rubrica. L’incontro con l’arcano XV (il Diavolo dei Tarot) si è ripetuto: d’altronde, l’alterità è in parte nemica e in parte ambita nella Psiche di ognuno di noi. L’inizio del viaggio tra le stanze poetiche ha toccato l’Anima/Animus nei versi, nella danza che i poeti hanno avviato operando alchemicamente con la parola. Poeti creatori di armonia tra il giorno e la notte.
Mi piace viaggiare tra i tesori dell’inconscio collettivo andando alla ricerca delle parole magiche, delle mantiche. I poeti e le poetesse della nostra contemporaneità ricevono cure e attenzioni nel web, mentre è più facile che sfumino i volti di coloro che non possono fare altro che attendere lo sguardo acuto dei vivi, il tocco elettrizzante del lettore moderno, la scelta della lettrice del 2022, per essere utili – ancora – a questo Mondo (l’arcano XXI).
Estraggo dunque gli amori della mia giovinezza dalla biblioteca psichica e procedo oltre le nebbie delle ere. Pesco lei, Sulpicia, una fanciulla che non diventa rossa quando si parla di sesso. Poetessa che non si vergogna dell’amore. La sua è una voce appassionata, irriverente e fresca come sono, da sempre, le voci degli adolescenti innamorati.
In un’epoca di grandi cambiamenti, in un periodo nel quale il potere dello Stato si incrina e il cittadino romano comincia ad acquistare coscienza di sé come individuo, imparando a vivere in funzione delle proprie necessità umane e psicologiche, anche la donna conquista lentamente una certa autonomia culturale.
Dentro una piccola antologia degli anni ’80 a cura di Eleonora Cavallini, Corbo e Fiore Editori, ho scoperto – ero, come Sulpicia, adolescente e innamorata – la reale esistenza di una giovane donna definita per molto tempo dai critici mera anima narrante, gioco femmineo, persona poetica, mera costola tibulliana. Nell’Ottocento, la poetessa viene riconosciuta per quello che è stata davvero; una giovane autrice dall’impeto vitale degno di essere definito Poesia, un tesoro dedicato, senza dubbio, ad Afrodite/Venere.
Le matrone della Repubblica ormai morente escono con il sorriso dal giogo familiare, aprono circoli ad artisti e poeti, creano scandalo con gli amori dichiaratamente erotici. Qualcuna, addirittura, entra senza troppi complimenti, nella vita politica, sostenendo le gesta dei figli o dei mariti. Gli storici condannano, per lo più, oppure se ne dichiarano affascinati. Se lo Stato autoritario viene a mancare, anche le donne emergono splendenti nel gioco umano del potere. Si emancipano, almeno fino al prossimo Impero.
Sulpicia era una giovane donna del primo periodo dell’età augustea, proveniente da una nobile famiglia. Nipote di Messalla Corvino, mecenate che costituì intorno a sé un cenacolo di letterati, fra i quali Ovidio e Tibullo. Ed è proprio nella raccolta delle opere tibulliane (III° libro), che i carmi di Sulpicia trovano spazio e arrivano a noi in undici elegie, sei delle quali sono sicuramente autentiche e raccontano in versi l’autobiografia di una passione amorosa. Sulpicia ama Cerinto, ne brama l’affetto, si arrabbia con lui perché il giovane le preferisce un’altra. Parrebbero versi vivi, scritture sentimentali di una ragazza d’oggi, presa tra una festa di compleanno e uno sguardo sospirato. Dal I° secolo a.C. ai WhatsApp del 2022, Afrodite è la dea che viaggia da un capo all’altro del filo, da un verso a un telefonino, ridendo con Eros del dolcissimo danno inferto ai cuori umani.
I componimenti originali di Sulpicia sono vivaci e forti, imperfetti ed emozionanti. Trasudano il miele della divinità che emerse dalla spuma del mare a Citera. Posseggono, è indubbio, una notevole forza espressiva, parole violente, infuocate d’orgoglio, senza remore: “Tieni pure la tua toga, la tua puttana oppressa dal paniere” (in Gelosia). Sono lacerazioni ben note alle umane creature, se ricordiamo i fasti e i dubbi della carta numero sei, quella che nei Tarocchi è chiamata L’Innamorato o Gli Amanti. E ancora: che cosa desidera una ragazza, più di tutto? Festeggiare il proprio compleanno insieme agli amici e all’amato, naturalmente: “Si avvicina un compleanno odioso, che dovrò passare nella odiosa campagna e senza Cerinto, tristemente” scrive in Triste compleanno.
Lo stile di Sulpicia richiama l’atmosfera che emana dai versi di Saffo e, inesorabilmente, apre la porta ad Afrodite/Venere. “La sessualità è una forma di conoscenza, ed è fondamentale per la donna afroditica. Quando la sessualità di questo tipo femminile viene repressa, per motivi sociali, morali o politici, viene mutilato il suo stesso desiderio di conoscenza e la sua audacia creativa” – scrive Ginette Paris in La rinascita di Afrodite. Quanto è stata potente la cosiddetta repressione sessuale nella nostra civiltà, prima che Freud svelasse, per esempio, le grida di vita dietro la sintomatologia isterica? Nel I° secolo dopo Cristo, la giovanissima Sulpicia, invece, inneggia a Citera per l’arte amabile di un buon peccato. La cura amorevole del proprio essere degna di non portare alcuna vergogna. Ne avremmo avuti, di secoli bui, più tardi.
Afrodite è la dea della comunicazione, e condivide con Hermes questa abilità. Per creare la comunione tra gli opposti, occorre aprire il dialogo tra corpi e anime, affinché lo spirito trovi dimora. Senza timore di peccare, con parole e sguardi, con desiderio e baci, leggeri giocando nella complicità. Il successo dell’incontro sta nella reciproca soddisfazione e nella benedizione della dea. Afrodite insegna l’arte dell’intimità e di certo non si lascia frenare dalle aspettative altrui o dalle convenzioni. Per far felice la dea ci vuole sempre un briciolo di trasgressione. Se la poesia di Saffo è un inno alla bellezza divina dell’amore umano, anche Sulpicia si porta avanti sulla scia della prima, rivelando di essersi votata al proprio desiderio, coraggiosamente, con caparbietà. D’altronde, scrive la Paris: “La donna che ha compreso che i complimenti dell’amante non si rivolgono al suo Io ma fanno parte della devozione che l’amante ha verso Afrodite, assumerà lo stesso distacco davanti a chi l’accusa di essere una pericolosa seduttrice, un carnefice, sapendo bene che l’esito positivo o negativo del conflitto di coscienza non è completamente nelle sue mani”.
L’erotismo di Afrodite scorre nei rapporti umani, coinvolge tutte e tutti come forza civilizzatrice capace di cucire discorsi amorosi. Va compresa, accolta nel cerchio insieme a tutte le voci mitopo(i)etiche che scrivono versi e narrano storie di relazioni amorose dentro di noi.
*
Sulpicia è stata identificata come nipote di Servio Sulpicio Rufo (cons. nel 51 a.C.) e di Postumia in quanto figlia dell’omonimo Rufo e di Valeria, sorella di Messalla. (*)
20/07/2022 alle 07:31
Bellissimo articolo, complimenti per averci fatto apprezzare Sulpicia , i cui versi ci riportano all’ origine della poesia , a Saffo e alla sacralità della parola e dell’amore che accumuna il / la poeta agli dei.
21/07/2022 alle 14:50
Nadia grazie per la sua attenzione e per l’apprezzamento!
21/07/2022 alle 14:50
Nadia grazie per la sua attenzione e per l’apprezzamento!