Robert Frost

La strada non presa | The road not taken

*

Due strade a un bivio in un bosco ingiallito,

Peccato non percorrerle entrambe,

Ma un solo viaggiatore non può farlo,

Guardai dunque una di esse indeciso,

Finché non si nascose al mio sguardo;

E presi l’altra, era buona anch’essa,

Anzi forse con qualche ragione in più,

Perché era erbosa e quindi più verde,

Benché il passaggio suppergiù

Le avesse segnate ugualmente,

E ambedue quella mattina eran distese

Nelle foglie che nessun passo aveva marcato.

Oh, prenderò la prima un’altra volta!

Ma pur sapendo che strada porta a strada,

Non credevo che sarei mai ritornato.

Dirò questo con un lungo sospiro

Chissà dove e fra tanti anni a venire:

Due strade a un bivio in un bosco, ed io –

Presi quella meno frequentata,

E da ciò tutta la differenza è nata.

*

Two roads diverged in a yellow wood,

And sorry I could not travel both

And be one traveler, long I stood

And looked down one as far as I could

To where it bent in the undergrowth;

Then took the other, as just as fair,

And having perhaps the better claim,

Because it was grassy and wanted wear;

Though as for that the passing there

Had worn them really about the same,

And both that morning equally lay

In leaves no step had trodden black.

Oh, I kept the first for another day!

Yet knowing how way leads on to way,

I doubted if I should ever come back.

I shall be telling this with a sigh

Somewhere ages and ages hence:

Two roads diverged in a wood, and I—

I took the one less traveled by,

And that has made all the difference.

(In Mountain Interval, 1916 | Penguin Publishing Book, 2015)

*

Autoscatto e grafica

Il dio che abita i crocicchi è Mercurio, il Mercurius Duplex degli alchimisti – un elemento capace di assumere più identità, in grado di esplorare una via e l’altra, contemporaneamente, spuntando a volte nel nostro essere indecisi. Questo personaggio è il trickster che conosce tutti i paradossi e del procedimento immaginale che trasmuta il piombo in oro è lui il principale protagonista. Hermes/Mercurio è l’erma al bivio, lo spirito che nel testo di Frost si nasconde, non compare se non nella forma dell’erba verde, un colore che spesso viene associato al nostro briccone. Nell’Opus, per esempio, lui indossa i panni del Leone Verde – che corrisponde al vetriolo – descritto da Raimondo Gaufredi, generale dei francescani e successore di Frate Elia da Cortona alla guida dell’Ordine. Carl Gustav Jung scorge il Mercurio dentro il Sangue Verde del Leone, perché lui è davvero in ogni cosa viva, le sue tracce accompagnano Madama Alchimia in tutte le operazioni, dall’iniziale magma della Prima Materia alla differenziazione. E ancora è lui che si diverte a farci l’occhiolino in qualità di messaggero degli dei, psicopompo che sa condurre le anime attraverso il regno delle ombre; è ingannatore, nonché fine conoscitore delle arti e delle parole.

Tra i sentieri che si parano davanti al poeta c’è Hermes/Mercurio; lui è nell’erba che li accomuna, nel colore che permea entrambe le direzioni, e potrebbe, anzi può, anzi deve attraversare i mondi quando noi scegliamo, grazie alla ragione, solo una delle strade, quella più verde. Sì, perché a noi viaggiatori solitari la ricchezza di possibilità è data soltanto a livello immaginale. Sul piano di realtà siamo invece costretti alla discriminazione, alla limitazione, alla riduzione, alla perdita. Ma nell’inconscio pulsa la strada mai presa, resta traccia nella memoria a lungo termine, diventa solco che riattiva il quesito esistenziale: Dove sarei ora, se avessi, se fossi…

Il desiderio ci vorrebbe a percorrere tutte le vie, ma nel ruolo di viandanti il sentiero è uno soltanto e non possiamo sdoppiarci, mai. Quando viaggiamo dentro la psiche, invece, la faccenda muta a favore di Mercurio: troviamo mille e una rotta da esplorare. Il viaggio alchemico per mare, la discesa agli inferi con ritorno, l’invenzione di storie, la creazione di una poesia da dedicare proprio a lei, alla strada non presa.

Robert Frost è alla vita che sembra riferirsi. O l’una, o l’altra scelta. Anche se simili, le strade verdi son diverse: una delle due è quella meno battuta, è quella che più somiglia al poeta. Si potrà ritornare, forse, un giorno, sui propri passi? Il poeta ne dubita, perché l’esperienza dell’esistere ci impone di essere netti, precisi, affilati nella selezione. Eppure la strada non presa è già stata scritturata, potrà offrirsi nel futuro come trama da Prima Visione. Ve lo ricordate Sliding Doors, la pellicola del 1998 nel quale Peter Howitt racconta la storia di una donna, interpretata da Gwyneth Paltrow, che si sdoppia, letteralmente, finendo per vivere due vite diverse soltanto perché in una delle due alternative ha perso la metropolitana mentre nell’altra è riuscita a salire in tempo sul vagone?

C’è un gioco che propongo sempre nei miei gruppi di narrazione autobiografica, nei laboratori di scrittura-cura. Si tratta proprio dello Sliding Doors dedicato ai momenti cruciali, alle vite non vissute, ai sentieri non imboccati. Dove sarei adesso, se? 

Optare per una direzione al bivio è dilemma del Matto (0) dei Tarocchi, quando negli arcani Rider-Waite Smith potrebbe scivolare nell’orrido dell’ingenuità. Per superare il rischio, occorrerà procedere con cautela e discriminare, dividere, definire, creare differenze.

La strada non presa è stata scritta dal poeta nel 1916, ed è contenuta nella raccolta Mountain Interval. Che il testo faccia riferimento ai bivi che tutti noi incontriamo nella vita ci sembra evidente, ma se pensiamo al quotidiano stare e andare hic et nunc, la questione si fa ancora più densa, costellata di angoli e svolte, di momenti Kairos e piccoli incidenti di percorso, di digressioni consapevoli e sincronicità non annunciate. La strada meno frequentata è proprio la nostra, quando siamo immersi in quello che Carl Gustav Jung chiama processo di individuazione, il periplo del divenir sé stessi. Quando avremo deciso quale sentiero percorrere, ci renderemo conto che non è scontato il ritorno, ma chissà se, nostalgia a parte, cambieremmo la nostra vita per ritentare la sorte? L’idea di essere tra i pochi che hanno marcato un sentiero è incentivo sufficiente per renderci soddisfatti dell’esistenza, per superare la malinconia? Qual è veramente il sentiero che fa per noi? Sono domande che i pazienti portano spesso e volentieri in seduta.

Scorgere il sentiero più verde richiede attenzione, cura costante del terreno nei boschi interiori. L’elemento verde è connesso con la spiritualità ma anche con il corpo delle cose e occorre essere un po’ anime giardiniere per conoscere i ritmi delle stagioni, la giusta maturazione dei nostri fiori e dei frutti. Così come avviene fuori dalla psiche, dentro si svolge la vita del verde, ed è una storia di orto e foreste, a seconda delle età che viviamo e del contesto nel quale ci troviamo a fare esperienza, nonché delle narrazioni che ci riguardano.” (da un mio articolo su Psiconline.it).

Verde è viriditas creativa, strada che ancora vive, sentiero che non ha ceduto il colori all’autunno e all’inverno. Non possiamo che scegliere, sempre, ancora, la via verde, quella che poi, quando sarà l’ora di fare i conti con l’arcano Senza Nome (XIII), dovremo in ogni caso sfalciare, per offrire al Mondo (XXI) nuove scelte.

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Robert Frost

Nato a San Francisco nel 1874, morì a Boston nel 1963. Studiò al Dartmouth College e poi ad Harvard, ma non terminò il percorso di formazione. Si dedicò a diversi impieghi temporanei: insegnò, lavorò in negozi e divenne editore, pubblicando l’opera Sentinel di D. H. Lawrence. Quando si trasferì in Inghilterra con la moglie, frequentò diversi poeti, tra i quali Ezra Pound, e cominciarono ad arrivare i primi successi.  Negli anni Venti era già il più celebre poeta degli Stati Uniti, uno dei preferiti di Kennedy. Vinse quattro Premi Pulitzer con le sue sillogi.

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