Mi turba ritrovarmi d’accordo con Vittorio Sgarbi, di Daniele Barbieri.
Mi turba ritrovarmi d’accordo con Vittorio Sgarbi. Da un lato non posso che sottoscrivere il senso delle sue parole: nulla di essenziale è andato distrutto. Quello che è bruciato è una ricostruzione ottocentesca (con molta inventiva poco filologica) che siamo quindi in grado di riprodurre perfettamente nel giro di qualche anno. E le cattedrali gotiche (e Notre-Dame in particolare) hanno vissuto di peggio.
Dall’altro, resta sempre qualcosa di irritante nei suoi interventi. E allora mi rendo conto che diceva queste cose ieri sera alle 20, quando l’incendio era ancora in corso, e non si poteva sapere come sarebbe andata a finire. Come faceva Sgarbi a sapere che la struttura non avrebbe subito danni, e l’interno sostanzialmente nemmeno? Evidentemente scommetteva su questo, e anche se poi i fatti gli hanno dato ragione, al momento quello che faceva era evidentemente quello di essere il primo a dire qualcosa che andasse controcorrente. Insomma, più una strategia di autopromozione (cosa in cui è evidentemente sempre stato molto bravo) che una valutazione seria dei fatti. Di nuovo, insomma, spettacolo.
Ecco perché mi turba ritrovarmi d’accordo con Sgarbi. Bisognava stare zitti, al momento. O al massimo auspicare che le cose stessero davvero così. Notre-Dame è evidentemente soprattutto un simbolo, e nemmeno della cristianità, quanto dell’arte europea. Questo stava bruciando ieri sera. Poi, certo, per fortuna, quello che è bruciato non è irreparabile. Quel poco di Medioevo e altro che c’era è rimasto; si è salvato. Ne siamo molto felici.
Ma basta guardare i post su Facebook per accorgersi dello sgomento diffuso. Penso che i più non sapessero che quello che è bruciato è opera di Viollet-Le-Duc, dopo la metà dell’Ottocento, e non dei mastri medievali, ovvero, sostanzialmente, di un contemporaneo. Quello che spaventava era il rogo di un simbolo della cultura europea, come i roghi nazisti dei libri. Questo sembra che a Sgarbi sia incomprensibile. Non ce ne è traccia nelle sue parole, se non come poco rilevanti concessioni.
Il fatto è che l’atteggiamento di Sgarbi rispetto alle notizie è lo stesso che alimenta il sensazionalismo e quindi le fake news. Dire cose vere in questo modo le fa apparire false, spettacolari ed effimere. Preferirei che Sgarbi si limitasse a dire falsità, coerenti con il suo spettacolarismo. Almeno non farebbe del male alla storia, e a quello che essa dovrebbe insegnarci.
Daniele Barbieri
16/04/2019 (articolo nato come post su Facebook)
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