Lanterna Magica di Antonella Sica | Chernobyl di Loriana D’Ari

 

La videopoesia è un oggetto controverso soprattutto quando si realizza utilizzando testi scritti per essere solo letti, ossia testi che non nascono già in fase progettuale per essere messi in relazione con un tessuto video-sonoro dal poeta che li ha composti. Dico “controverso” perché spesso la videopoesia è intesa oggi come una sorta di oggetto promozionale per il poeta e non una creazione artistica che mette in relazione il testo con le immagini creando nuovi spiragli di senso.
Le videopoesie che realizzo mirano a creare nuove suggestioni rispetto al testo di partenza, lavorando con le immagini sui versi per analogia. Per realizzare i video utilizzo immagini di alta qualità libere da diritti che scarico da internet e rielaboro in fase di montaggio e post produzione. Ho scelto la strada della banca dati perché mi interessa sperimentare con immagini già girate per un altro uso e piegarle a un nuovo senso, come accade alle parole nella scrittura poetica. AS

In questa quarta puntata propongo un lavoro su testo di Loriana D’Ari:

 




 

Chernobyl

 

il nocciolo agglutina luce, uranio sperma cartilagine

ai detriti s’è fuso il respiro, sono senzienti morte e vita

ogni ferita domanda la cura. ma come toccare

 

i corpi, così orrendamente straziati                 radianti

e come distinguere i morti               lasciarli andare  

                           non hanno altrove  

solo l’inganno dello spasmo al ventre l’ora inchiodata

all’eterno presente, e nella gola un gorgo di preghiera

                      non accade, non è niente   

 

ansa di neve porgiamo l’orecchio, che di tutto solo l’eco

non annienta, che l’intera materia è memoria

e a nulla valgono i nomi       

                  le piaghe le avvolgono i suoni

 

                   (i superstiti stanno sul bordo, precipitando)

 



DICHIARAZIONE DI POETICA
di Loriana D’Ari
a partire da Chernobyl

 

*

lasciano orme gli scomparsi
gravide di buio. sono gli arsi
vivi, cantano l’eco di pupille
implose. sappiamo di loro
e il corpo rimargina. ma
se manca il corpo?

 

*

l’ustione ha prosciugato il mare
le impronte portate dal vento
salmastro di matrioske
tempeste, siamo
riarsi su ponti mobili
calce sangue denti da latte
naufraghi da concentriche sponde

 

*

c’è un sonno bambino
nel seme gheriglio di luce
non sa niente, non ha voce
ma solo una quiete radiante
una vita per molte sognate

 

*

l’impronta di chi svanisce
mosaico di roccia e battito
è un aggregato ritmico
di sabbia e di conchiglia.
risuona l’inorganico
l’ascolto è un figlio vivo

estratto da silenzio, soglia d’acqua Arcipelago Itaca 2021

 

Poiché Chernobyl non è che un nome per l’indicibile, ripropongo questi testi per poterne parlare, ma senza parlarne. Il nocciolo è, per me, la fonte di ogni ispirazione.

Alla presentazione del mio libro d’esordio, avevo usato la metafora di Hiroshima. Ma nel tempo qualcosa si è spostato, e ho sentito di dover scrivere Chernobyl, perché quello che intendevo aveva ampliato il suo significato: da qualcosa di devastante, a qualcosa di       .

Se Hiroshima è il male, Chernobyl contiene la possibilità di un’energia che non è né buona, né cattiva, ma la cui valenza dipende dall’uso. A ben vedere, questo concetto era già insito nella ‘quiete radiante’ del terzo testo riportato, dove troviamo un nocciolo al servizio della vita.

Il nocciolo è tremendo. Talvolta la vita lo scoperchia, e allora viene isolato da stratificazioni di morte. Così, si sopravvive. Ma l’unico modo per vivere con esso è lasciare che accada una seconda volta: un’esplosione minore con dentro l’eco del big bang, e ai bordi un luogo sicuro per morirne, restando vivi.

Loriana D’Ari

 


 

Loriana d’Ari vive a Genova, dove lavora come psicoterapeuta. Ha pubblicato su diverse riviste e blog letterari, e ricevuto riconoscimenti in occasione di vari concorsi, tra cui il premio Gozzano, Bologna in Lettere, Poesia di Strada e la segnalazione per la raccolta inedita al Montano. La sua silloge d’esordio, silenzio soglia d’acqua, è risultata vincitrice del VI premio Arcipelago Itaca per la raccolta inedita (opera prima).