Versante Ripido contro la guerra

         

Chi ha qualcosa da dire lo dica, e lo dica subito!

Ecco le voci in poesia, prosa, fotografia e pittura, di:
Luca Ariano, Valeria Bianchi Mian, Rodolfo Cernilogar, Martina Dalla Stella, Virginia Farina, Alberto Masala, Giorgia Monti, Luca Mozzachiodi, Massimo Parolini, Serena Piccoli, Elisabetta Sancino, Silvia Secco, Antonella Sica, Claudia Zironi

    

NO ALLA GUERRA!

 


Luca Mozzachiodi:

 

Due parole dette così, per salvarsi l’anima anche se detesto esprimere opinioni via facebook, ma veramente, più per sgravare me stesso che perché contino qualcosa.

Non si può pensare che una o un gruppo di potenze, principalmente gli Stati Uniti e i loro alleati, disegnino la carta del mondo, politicamente, militarmente e economicamente (in termini di fame non in termini di punti percentuali Pil) e che ciò resti senza conseguenze.

L’arroganza e la miopia con cui è stata festeggiata e poi per decenni rappresentata e insegnata la fine del mondo comunista e socialista (quel mondo dove nei film non c’è mai il sole e nessuno è mai felice) ci ha resi incapaci di comprendere che esiste un fortissimo nesso tra il modo in cui è stato “sconfitto l’impero del male” e le tragedie che investono quella parte del mondo (non solo l’Ucraina ma anche i Balcani, l’Ungheria, la Polonia della Nato e della Ue con le loro leggi conservatrici e la soppressione di alcune libertà civili). I russi nei film sono doppiati con l’accento “cattivo dell’Est” mentre gli inglesi o i francesi ecc. in perfetto italiano perché in noi sorga inconsciamente una gerarchia dello straniero, perché ogni buon italiano impari a temere l’orda turanica e i cosacchi che si abbeverano in piazza San Pietro (persino la speaker del tg si sbaglia e dice esercito rosso).

Cuba, Venezuela, Libia, Afghanistan, Mali, Niger, Iraq, Palestina, Siria, Iran, solo per limitarsi ai più recenti e noti casi, hanno subito aggressioni militari o economiche dagli Stati Uniti e dai loro alleati Italia inclusa.

Per ragioni di potenza e dominio queste si chiamano diritto e anche quando evidentemente non lo sono nemmeno nella forma (Iraq) è evidente che questo non crea problemi alla Nato e all’ “Occidente” di cui vogliono che ci sentiamo parte.

Criticare la Russia o altre potenze in base a un diritto così “elastico” con l’idea di essere i buoni che rispettano le regole e diciamo impongono la democrazia alle dittature è un pensiero colonialista, razzista e servile.

Ciò detto, questo non significa che combattere questo ordine di cose significhi accettare o giustificare la guerra e l’aggressione a danno altrui come quella in corso in Ucraina. Non si tratta di discutere se debbano esserci altri padroni al mondo oltre gli euroamericani, ma di fare in modo che non vi sia nessuno che possa comportarsi da padrone, bandire le logiche di potenza e dominio dai rapporti tra nazioni.

Giustificare l’azione russa (anche in nome della difesa, della sicurezza, della provocazione se non proprio dell’interesse) è logicamente lo stesso procedimento che porterebbe (e del resto per alcuni porta) a giustificare la pena di morte per liberarsi di individui considerati pericolosi o criminali, il linciaggio di un colpevole o il pestaggio di chi ci minaccia in qualche modo.

Difendere l’azione russa sulla base della realpolitik o di una visione giustamente critica dell’Occidente esprime una concezione terrificante della politica e dell’umanità, incapace di pensare a qualcosa di meglio che un equilibrio del terrore e all’uomo come eternamente aggressivo.

Ciò non sarebbe un grande problema, vista la qualità e quantità di propaganda e ideologia occidentale dominatrice che assorbiamo quotidianamente fin da piccoli e che spesso anche inconsciamente riproduciamo, e che i sostenitori di qualcosa di diverso dall’egemonia euroamericana si contano sulle dita di una mano; la questione, almeno per me la delusione a volte, è che sono proprio quelli che si dovrebbero dare (e si danno a volte) la missione di costruire una società diversa e di avere una diversa visione dell’umanità.

Per quanto mi riguarda io non mi pongo il problema di pensare chi abbia “ragione” e trovo anche leggermente disgustoso il continuo riferimento ai danni economici che a “noi” derivano dalla situazione. Mi esercito (perché la verità è che possiamo farlo solo vigilando costantemente sul nostro modo di vedere le cose) a pensare che questo noi non esiste, è artificiale, e che io continuo ad avere più cose in comune con il civile ucraino che si rifugia sotto il ponte, ma anche con il profugo del Donbass o con il coscritto russo che morirà lontano da casa e con la famiglia che dovrà tener conto delle sanzioni nelle spese mensili, che non con i segretari di stato, i ministri, i generali di qualsiasi stato maggiore.

La guerra è fatta dai ricchi sulla pelle dei poveri, per questo motivo occorre battersi per la pace; quelli a cui vorrei parlare, per cui vorrei fare e significare qualcosa sono tutti quelli che non hanno potere di decidere della propria vita, né tantomeno di giocare a risiko sulla carta geografica del mondo.

Ma oltre la marcia, oltre gli ucraini che devono essere salvati e l’aggressione che deve essere fermata, ci sono poi alcune scomode domande che cerco di farmi.

Si sarebbe potuta proprio evitare questa situazione nel momento in cui si ventilava l’ingresso in una alleanza militare concepita come strumento di dominio e in funzione antirussa?

Quanto del fatto che io possa disporre almeno in parte di me e del mio tenore di vita dipende dalla permanenza del mio paese in questa alleanza e in generale dall’equilibrio fortemente diseguale del mondo? “in bene” perché sono cittadino di un paese ricco e potente e altri sono considerati meno importanti di me, ma anche “in male” perché posso essere vincolato a fare la guerra e perché le spese militari che richiede tutto ciò basterebbero ampiamente a sfamare tutte le persone che apparivano nella pubblicità dell’Unicef che il mio governo, siccome non erano in Ucraina, ha confinato nella pubblicità senza diritto ad essere notizia.

Tutte le guerre dunque mi muovono allo stesso modo?

Quante guerre che io non voglio, fatte dai ricchi sulla pelle dei poveri, ricadono, almeno parzialmente, nel il mio interesse materiale?

Esistono dunque degli interessi a cui sono oggettivamente vincolato per la mia posizione storica, sociale, geografica?

Si può evitare non questa guerra, ma la guerra in generale senza eliminare la radice del problema? (l’esistenza di alleanze militari a scopo di tutela degli interessi, la gestione privatistica dell’economia mondiale, il modo in cui produciamo, la distribuzione diseguale delle risorse e della ricchezza, l’utilizzo strumentale e a tratti terroristico del diritto e della diplomazia).

Rispondere a queste domande, che significa anche dare un fondamento oggettivo e non solo soggettivo e sentimentale al mio rifiuto della guerra, è il lavoro di una vita non di una marcia e di marce potremo farne mille milioni.

Se invece pensiamo che il problema di fondo sia ammazzare qualche russo o ucraino in divisa e far paura a qualcuno perché faccia come ci conviene o perché ha violato delle regole e dei patti che non ha stabilito beh a posto, siamo ancora nella preistoria.

Naturalmente si tratta di un ragionamento molto poco immediatamente realistico, tranne forse nell’esortazione a sorvegliarsi, ma la tristezza è anche per questo: a volte le cose giuste non sono realistiche nell’immediato, il problema è non scordarsi che ciò non significa che le opzioni più realistiche siano perciò giuste.

 

(post Facebook, 24/02/2022)

*


Silvia Secco:

 

Senti, bambina mia? Sono migliaia: betulle,

rami che gridano al vento e i latrati dei cani

ed è vera, nera di notte tutta la terra, tutta

la città nella sua verità di resto, di luogo

svuotato. Dove sarai fuggita? Dov’è

che hai paura e di che cosa più di ogni altra?

Da qui, così lontana, mi stringo con le braccia

il tuo cuore al seno. Non sono tua madre,

non ti salvo. Non ti trovo.

 

(inedito)

*


Alberto Masala:

 

LA GUERRA È SEMPRE UNA MALEDETTA GUERRA

Ho un’opinione orribile di Putin e non lo difendo: è un dittatore pericolosissimo, un assassino.

Ma non accetto di spartire il mondo tra buoni e cattivi, le “sviste” funzionali semplificate e manipolate con mezze verità, le narrazioni per la massa, la retorica dettata dall’interesse economico, l’enfasi militaresca della “difesa della democrazia”.

Putin è un criminale assassino, ma i battaglioni nazisti dell’Ucraina, l’arroganza della NATO (che noi sardi subiamo da oltre 50 anni), il delirio di onnipotenza degli USA, mi preoccupano allo stesso modo –

IL PROBLEMA È LA GUERRA che comunque è una guerra: va sulla gente, oggi sulla povera gente Ucraina che non ha colpe. Soffro per loro.

LA GUERRA È SEMPRE UNA MALEDETTA GUERRA.

 

(post Facebook, 26/02/2022)

*

 

Nessun uccello mai potrà sorvolare un’esplosione 

Nessun albero mai potrà essere piantato su una bomba

Nessun’idea mai potrà vivere su dei cadaveri

Nessuna malta mai potrà essere impastata col sangue

Nessun figlio mai potrà nascere da un morto

Nessuna cultura mai potrà impugnare un’arma

Nessuna parola mai potrà essere ascoltata da un assassino

Nessun padrone mai potrà essere trascurato da un poliziotto

Nessuna libertà mai potrà essere raccontata da un militare 

Nessuna pace mai potrà essere cantata in una caserma

Nessun poema mai potrà cantare uno Stato

Nessuna parola d’amore mai potrà essere pronunciata
in nome di un dio assoluto

 

(Da IN THE EXECUTIONER’S HOUSE / Nella casa del boia di ALBERTO MASALA translated by Jack Hirschman – cover design by Agneta Falck, 2003, CC. Marimbo press – Berkeley, CA 94701-0933 – ISBN 1-930903-17-0 – il brano qui riportato è l’introduzione dell’autore al libro

*


Giorgia Monti:

 

Meglio il buio

per il bersaglio

È strategico

il lavoro di anni

l’attesa del centro

 

Qui si stritolano

bandiere multicolor

aspettando i numeri

le mascherine

allo scoperto

 

Tutto è in aumento

tra gas e morti

Anche la voglia

di non esserci

 

Del resto, chi lo ha

mai chiesto

 

(inedito)

*

 

 

La terza sarà per l’acqua

si è detto

 

Il calicanto stenta

il fiore non odora

 

Gli anemoni nei boschi

spariti

 

Il giglio selvatico

non si trova

 

Ilario di notte

tiene il gatto in casa

 

Di notte

i lupi si fanno le ossa

 

Una fiammata rossa

sistemerà ogni cosa.

 

(inedito)

*


Elisabetta Sancino:

 

Ho scritto questo testo oggi, dopo aver visto le strade di Kiev deserte e un ristorante KFC con la sua insegna sgargiante. KFC è una di quelle catene americane che i giovani amano, ci vanno per mangiare Kentucky Fried Chicken e patatine. Oggi era un corpo vuoto, grottesco ma ancora sgargiante. E così ho immaginato di essere uno di quei ragazzi ucraini che mangiano e si vestono all’americana, sentono canzoni trap e rap (ho citato, apportando delle variazioni, alcuni testi di Sfera Ebbasta e Fabri Fibra che in questo contesto stridono particolarmente), fanno quello che molti ragazzini fanno ogni giorno. Ma la guerra ti fa vedere tutto da un’altra prospettiva.

 

UKRAINIAN TRAP

 

Quando uscivamo andavamo al KFC

pollo fritto e sneakers e tutte quelle cose

che sanno d’Occidente

volevo fare il trapper come quei tipi

con le catene d’oro al collo che dicono

quanto sei porca dopo una vodka

piña colada e shots per la strada

il mio corpo è a terra ma non mi sposti da qui

finché il mio rap è in guerra

il mio paese è in guerra

vorrei fuggire da qui

ogni  strada è deserta

mangio cibo di merda

sotto terra

forse sono già terra

 

(inedito)

*


Serena Piccoli:

 

Pray for Ukraine – ph. Serena Piccoli

 

EUGENI E ROSTIK

 

A Svetlana, Eugeni e Rostik

 

Eugeni ha da poco compiuto 18 anni.

Indossa la maglia di Ronaldo

gliel’ha mandata – tarocca – la mamma Svetlana

badante da 10 anni in Italia.

Vive con Carolina, 101 anni e mezzo

ogni pomeriggio ripete

la nebbia agli irti colli piovigginando sale

anche in estate.

 

Eugeni non vuole, ma presto gli toccherà.

 

È chiuso in casa con Rostik, suo fratello di 13,

tra milizie cecene e aerei russi a volo basso.

 

Dopo tanti anni invoca la mamma.

 

È bloccata in Italia

non può mandare soldi o cibo

non ci sono pullman sicuri per l’Ucraina.

 

Tra poco gli toccherà andare a combattere.

 

Rostik guarda i campi in fiamme

dovrebbe attraversarli

la libertà è in Polonia.

 

La nonna non fa che pregare il dio cristiano

senza ottenere beneficio.

Eugeni non riesce a concentrarsi su nulla,

solo a una cosa è giunto:

ci andrà

con la maglia di Ronaldo.

 

(inedito)

*


Marco Eugenio Cosolo Petrucco:

 

Wörter

 

können lügen

leben ist Meister

besser als Menschen

jede Schritt gilt

für Leben

nach anderen

zusammen

Le parole

 

possono mentire

Vivere insegna

se viviamo come uomini

Ogni passo

nella vita

è un passo

verso gli altri

 

(inedito)

*


Antonella Sica:

 

24 febbraio 2022

 

Questa stanza piccola e muta

esposta a est al fronte di un muro,

pietre irregolari costrette

a un equilibrio di contiguità.

 

Questa stanza, una finestra

dove il sole sghembo entra portando

ombre di fronde di salice al vento

 

le pareti trattengono visioni insonni

arabeschi di funghi negli angoli bui

e il letto una zattera sulla ferocia. 

 

(inedito)

*


Valeria Bianchi Mian:

 

Terra in sangue

 

Nel regno dell’inconscio collettivo sale al trono il disordine. Armato di tutto punto, il re distruttore va a rappresentare il partito dell’indifferenziato. Si contrappone a ogni possibile equilibrio ma nel paradosso si posiziona, agghindato come un damerino atomico. Ora è pronto per la guerra. Il disordine grida ordini, sputando missili. Sentenzia l’esilio della pace.

 
Se Polemos è il padre

nel conflitto tra caos e cosa

intreccio fili di coscienza

sono madre dei nodi.

 

Nel ventre dell’incontro restiamo ad ascoltare le voci dell’Ombra. Ci sarà sempre un nemico da riavvolgere, un gomitolo nero da trasmutare in oro. Se la pace si fa trauma dall’interno, ognuno di noi può ordire l’armistizio. Ed ecco: il significato della parola armatura richiama il senso del tessuto.

 

Sul Carro trionfo Ares

non conosce confini.

Dio, placa la tua sete

tra le cosce di Afrodite.

 

Nel baratro è l’ora dello strappo tra fazioni opposte: l’Io e l’Altro, la luce e l’assenza di consapevolezza. Che sia frattura oppure enantiodromia, la nostra anima tessitrice conosce l’arte della riparazione. Occorre mantenersi sempre lucidi per non cadere nell’estremo angolo dei mondi. Saremo inevitabilmente prede del contrasto, a disagio nella compensazione, a mala pena correlati. Per non vanificare gli sforzi, l’unica via d’uscita è votarsi alla congiunzione.

 

Armonia sei balsamo

filosofale nel tempo

dalla terra in sangue

figlia degli alchimisti.

 

*


Luca Ariano:

 

L’ultima neve della stagione

ma forse la prima millanta

di pulire l’aria da polveri…

solleverete maschere

come in quel Settembre del ‘43

tra busti del Duce abbattuti

e Fasci di marmo picconati.

Arrivato il vostro mese

– per lei strani ricordi –

con il tepore di cieli mutati,

nubi bucate nei baci al parco.

Non era più luogo di studi,

di concorsi ma capelli mescolati

a nuovi germogli di foglie.

Nei vicoli raccontano di voci…

di suore senza pace, fanciulle trucidate

per un amore adultero e il suo sguardo

in divisa lo sentirai sempre su quei passi.

Un secolo dopo vento di cannoni al confine

– una Rivoluzione mancata,

droni di guerre cybernetiche all’orizzonte.

 

(inedito)

*


Claudia Zironi:

   

Credevo di avere il potere di cambiare le cose, fino a poco tempo fa. Credevo che tutti insieme le potessimo cambiare e lo avessimo già in parte fatto – almeno qui in zona. Le vedevo le bombe, piccole lucette bianche sul nero della notte, nei TG, sugli schermi, in foto sui giornali, in video sui social. Il buio dei rifugi e le sirene interrotti dai panati di Capitan Findus e dalle eterne offerte di PoltroneSofà. Credevo che la guerra fosse così: lontana, fredda, una stretta al cuore di pochi secondi, il viso di un bambino spaventato, in lacrime, con gli occhi esotici e la pelle scura. Anche se la pelle dei bambini si è fatta via via più chiara in questi anni – ma ci abbiamo fatto poco caso – e quelli dietro al filo spinato non portavano divise a righe da carcerati con una stella di David cucita sopra. Erano proprio come i figli della mia vicina del piano di sopra, solo più sporchi e stupiti. I profughi avevano sacchi a pelo a volte e telefoni 3G, 4G, 5G… e quelli sotto le bombe stavano in fila davanti ai Bancomat o sulle strade dentro alle auto, auto come quelle che sono in fila al casello in Agosto – qui da noi – che aspettano per uscire a Rimini Sud. Credevo che il nostro inferno fosse questo ormai: auto in fila ai caselli. Poi hanno iniziato a parlare di invasione, forse un gesto dimostrativo, una conquista parziale, l’escalation, bombe vere, carri armati. Sì, anche la guerra nella ex Jugoslavia era in Europa, era vicina, anche allora, trent’anni fa. Ma pareva comunque lontana e non se ne comprendevano chiaramente le ragioni. E perché non finisse mai. Dieci anni di morti e di non finire. Condanne, rimbrotti, teatrini – nessuno voleva la guerra, nessuno voleva che finisse quella guerra. Ora è diverso, ma non troppo, perché ancora non se ne comprendono bene le ragioni, e chiedono tutti – qui nell’Occidente – la pace, e al contempo emanano sanzioni, proclamano, si schierano, provocano, finanziano, creano le fazioni dei cattivi e dei buoni… ma oggi – e in questo è diverso – hanno usato per la prima volta le parole “missili nucleari”. Sì, lo ha proprio detto il Presidente Bielorusso – che io manco mi ricordo come si chiama: “se la NATO schiera missili nucleari in Polonia, io chiedo a Putin di schierare i suoi qui da me.” Come un bambino indispettito. I mis-si-li nu-cle-a-ri. Capite? Avete presente i missili nucleari?
Pronta la risposta di Putin, pronta quella della Francia.
In questo momento sto comprendendo che la guerra mi riguarda, che ho paura, che voglio andare via, ma non posso andare via. Che è arrivato il mio turno di fare da mangime alla bestia che finora mi ha ingrassato. Durante la Seconda Guerra Mondiale – durante ogni guerra – tanta gente non desiderava ciò che le stava accadendo e aveva paura e avrebbe voluto andare via, ma non poteva, non poteva svegliarsi dall’incubo, non le restava altro che sognarlo quel terrificante sogno

 

 

Guardate la mia borsa, è di stoffa

è consumata da anni d’uso quotidiano

è rossa

         come il sangue

e c’è scritta una frase sopra:

         ? War is over

 

Avete capito la domanda? Ve la devo ripetere?

Ve la devo urlare?

 

Oggi abbiamo pensato ai figli e ai nipoti di Maria

alla bimba che era affidata alla famiglia di Silvia, Tati

a Lidia, che è tornata a casa dopo dieci anni di lavoro

in Italia, perché era riuscita a comprarsi una casa.

Abbiamo pensato ai nostri padri e alle loro case

devastate nel ‘44. Ai morti di Hiroshima.

Abbiamo pensato ai nostri figli.

 

Non è servito indossare ogni giorno

         per anni, la stessa borsa.

         Chiedervi ogni giorno la stessa cosa.

 

 

(dalla raccolta inedita Nightmares)

*


Virginia Farina:

 

Lettera a un altro cielo

 

Parlami, dimmi il colore del cielo

che ti precipita intorno,

dimmi se hai paura o se una forza

più grande e più cieca ti guida,

dimmi cosa hai mandato a memoria

per non perderti ora,

cosa leghi ai tuoi polsi

o cosa abbandoni se cerchi una fuga

o se resti e resisti, ti lasci passare,

se ancora nel sonno ti perdi

in un altro ricordo, se hai fame

di giorni a sedere nell’erba

a godere del tempo

a camminare nel sole

quando nulla ci sembrava mancare,

quando essere vivi bastava,

dimmi se anche da te è venuta

troppo in fretta primavera

se gli alberi fioriscono ancora

se i bambini ridono e piangono

anche per noi

mentre facciamo la conta

di quello che resta

di quanto possiamo lasciare,

se quanto avevamo sta per sfumare

nel lungo tramonto del nostro occidente, cos’altro possiamo affidare

 

una cosa sola ti prego, parlami

non si spenga il tuo raccontare

perché se ancora ti posso ascoltare

ha casa in me

la tua voce.

 

In un punto di questa Terra, 25 febbraio 2022

 

(inedito)

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Massimo Parolini:

 

LUDMILLA

 

Ludmilla è una giovane cantante

che da Kiev è venuta fino a Trento

per curare le arie fini del belcanto

e donarlo “sopra i palchi di Ucraìna”.

 

Sembra ieri che era nella mia cucina

con mia figlia sua compagna fra i soprani

a impastare una glassa millefoglie,

una crema di spumosa torta russa.

 

Ora è lì, rifugiata come tanti,

che resiste in ciò che fu “città eroina”

e la musica che sente è di sirene

ammassata dentro a umide cantine.

 

“Stiamo bene ma rinchiusi sottoterra”

è il messaggio per mia figlia sul divano

“tutti i ponti tranne uno abbiano rotto…

notte andata in mezzo al suono della guerra…”

 

Ci rimane la speranza che scintilla

come gli angeli di Dante in Primo Cielo,

dorature pace icone e tenerezza

per l’incendio di una voce che s’immilla.

 

(inedito)

*


Rodolfo Cernilogar:

 

Il disertore

 

Dalla parte sbagliata

della barricata si vede

lo stesso campo, si fanno

gli stessi discorsi, simili

i sogni, anche la pioggia

nelle scarpe.

Nessun messaggio giunge più

dalle retrovie. Sarà meglio disertare

fin quando serviranno confini.

 

(da Parlando d’altro)

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Martina Dalla Stella:

 

 

How long will common people remain invisible to the threads of power?
Per quanto tempo ancora le persone comuni rimarranno invisibili alle trame del potere?

 

(“Invisible people” olio e pastelli su carta, 2022. Rosso 65×60 cm., Blu 70×50 cm.)
*