Circles di Virginia Farina | “Voglio scrivere una poesia” – Piccolo viaggio (con piccola intervista) nel mondo poetico di Bernard Friot
Ci sono poeti (e poesie) che sembrano essere tutti (e tutte) rivolti alla perfezione del verso e della parola, al suo comporsi rigoroso nella pagina, fino a un punto conclusivo che la esalta e la trasforma in Opera.
E ci sono poesie (e poeti) che invece sembrano esaltare il processo stesso che le genera, quel movimento indefinito che parte da un sentire incerto che è nel corpo e insieme nella mente, e poco a poco si fa suono, segno, senso.
Spesso tra i primi poeti è facile incontrare coloro che si ergono a difesa di confini ben precisi tra ciò che è e ciò che non è poesia, tra chi è e chi non è un poeta. Potremmo definirli poeti custodi, che lavorano per stimolare un rinnovamento della lingua, e un riconoscimento della poesia nei “luoghi più alti” della Cultura.
Tra i secondi, invece, troviamo poeti che vivono come missione non solo la scrittura (e la lettura) della poesia, ma anche la sua diffusione. Potremmo definirli poeti giardinieri, che si prendono cura con amorevolezza e pazienza di ogni piccolo seme di poesia, convinti che in tutti ci sia il potenziale di una splendida fioritura. In ogni luogo.
Tra le due categorie di poeti non sempre corre buon sangue, ma forse entrambi, in qualche modo, sono necessari perché la poesia possa vivere e possa espandersi in più direzioni. Perché la poesia, poi, sfugge ai poeti stessi, ai loro tentativi di definizione, di classificazione in generi e in premi, e finisce per scomparire e riapparire in modi e tempi a volte davvero inaspettati.
Credo che Bernard Friot possa definirsi in “poeta giardiniere”, capace di provocare fioriture in chi lo legge o lo ascolta parlare nel suo meraviglioso italiano colorato di francese. Un “poeta miccia” capace di accendere negli altri processi sorprendenti di pensiero e di parola.
Per Bernard la poesia è la più democratica delle arti, perché nasce da quel patrimonio comune che è il linguaggio. Il suo impegno come poeta, così, ha i contorni di un impegno civile, anche quando risuona di tutta la gioia della creazione. Perché nel suo sguardo questa creazione non è mai un lavorìo individuale, chiuso e solitario, ma un processo collettivo, anche quando invisibile e sotterraneo. Scrivere, dire una poesia, è far partire (o rinnovare) relazioni.
Bernard è un poeta e uno scrittore generoso, che lavora con l’infanzia, ma anche con gli adulti, convinto che anche qui non ci siano confini precisi tra i due mondi. Ma possibilità di apprendimento in una direzione come nell’altra.
Ho scelto due libri per presentarlo: Voglio scrivere una poesia, edito da Carthusia e splendidamente illustrato da Arianna Papini, e Buchi nel vento, edito da Lapis e illustrato da Aurelie Guillerey.
Il primo è una dichiarazione poetica e una dichiarazione d’amore insieme. Dice di quell’istante precedente alla scrittura, in cui qualcosa da dire inizia a premere in petto, qualcosa di vitale e prezioso, ma non sempre di “grande e importante”. Qualcosa di piccolo e banale, come ogni piccolo dettaglio quotidiano che compone il racconto della nostra vita, come quel buco nel maglione (suggerisce Barnard) che racconta in sé la storia di quella volta che… e ancora ci emoziona.
Voglio scrivere una poesia. Ma non una poesia che parli d’amore, di guerra, di montagna o mare e che non sia piena di sentimenti né troppo complicata. Una poesia semplice, che stia bene con tutto come un paio di jeans, che si possa leggere anche con la tv accesa o di ritorno dalla palestra. Una poesia piena di rumori, ma di quelli che si sentono tutti i giorni come il rombo delle macchine, il suono del campanello; una poesia piena di sapori scritta su un pezzo di carta senza valore, magari spiegazzata e poi sarebbe bello dimenticarsi di lei per poi stupirsi nel ritrovarla. Una poesia da regalare, perché riceverne una in dono è la cosa più bella. Voglio scrivere una poesia. E adesso, sì, la scrivo:…
Il secondo libro è una raccolta più ampia di poesie che Bernard chiama “a passeggio”. Poesie lievi, in continuo movimento, impossibili da catturare perché spinte da un vento birichino sempre altrove da dove ce le aspettiamo. Poesie a volte impossibili, come quei buchi nel vento del titolo, qualcosa di inimmaginabile, e che pure inizia a farsi spazio nel pensiero una volta che pronunciamo queste due parole insieme.
Io sono un albero, dice il bambino, e ho rami
per far cantare i venti.
Io sono un sentiero, dice il bambino, e semino sassi
per far inciampare i giganti.
Io sono un lago, dice il bambino, e aspetto la pioggia
per disegnare un sole a strisce.
Io sono un vulcano, dice il bambino, e dormo o faccio finta.
Ma magari domani mi sveglio, vediamo.
Io sono un filo d’erba, dice il bambino, e carezzo i polpacci
del vecchio signore che viene a volte in giardino.
Io sono una nuvola, dice il bambino, e sbadiglio, sbadiglio quando il cielo
mi culla su e giù, avanti e indietro.
Io sono qualcosa che non si sa, dice il bambino,
tutto o niente, ma non ti riguarda, bla bla.
Io sono il domani, dice il bambino, e aprirò porte
e finestre per, finalmente.
Ecco la poesia di Bernard, un gioco di rimandi continuo tra tutti i possibili che i suoi incontri possono scatenare, inesauribili, come le parole, come le loro continuazioni. Una poesia viva e gioiosa, contagiosa.
Ma ora è tempo di tacere ed ascoltare, e di lasciare la parola a Bernard!
Che cos’è per te la poesia?
«La poesia non è un genere letterario, è un rapporto al linguaggio» dice lo scrittore Lyonnel Trouillot e mi sembra giusto. Il linguista Jakobson distingueva sei funzioni diverse del linguaggio e tra cui la funzione poetica. Sono definizioni scientifiche a cui aderisco. Ma la poesia, per me, è soprattutto la possibilità di creare, sperimentare, inventare, provare, costruire con un materiale gratuito e infinito: le parole.
Se un bambino ti chiedesse chi è un poeta, cosa gli risponderesti?
Risponderei: un poeta è una persona come te, come me, come tutti gli altri. Siamo capaci di parlare, di comunicare con le parole, dunque siamo capaci di «fare poesia», se lo decidiamo
Esiste per te una “letteratura per l’infanzia!? Se sì, come la definiresti?
Esistono libri e testi letti dai bambini e ragazzi e letti a loro. «La letteratura per l’infanzia» è una categoria editoriale e i libri per bambini sono letti (e scritti, editi, spesso comprati) da adulti. Diciamo che un libro per ragazzi è un libro «anche» per i ragazzi. Alla fine, è il lettore che definisce la letteratura. E un bambino può leggere un libro scritto per gli adulti.
C’è una o più poesie del tuo libro “Buchi nel vento” che ti è particolarmente cara? Quale?
Forse la poesia «io sono», perché è nata durante un laboratorio con bambini di una scuola elementare. Un bambino di 8 anni ha scritto un testo con questa struttura semplice «Io sono…», usando immagini terribili («io sono una casa senza finestre», «io sono un albero d’inverno», «io sono un cielo tutto grigio») e sono stato molto colpito della tristezza, della disperazione che esprimeva il suo testo. Ho chiesto a tutti i bambini di riprendere la stessa struttura e di scrivere una o diverse frasi iniziando con «io sono» e il bambino ha scritto «io sono una porta sempre aperta». Come se la scrittura avesse sciolto qualcosa in lui… Quando sono tornato a casa, ho scritto la poesia «Io sono un albero, dice il bambino, e ho rami per far cantare i rami».
C’è un verso solo che ci vuoi lasciare per concludere questa piccola intervista?
Questa poesia brevissima di Sandro Penna:
Amavo ogni cosa del mondo. E non avevo
che il mio bianco taccuino sotto il sole.
Bernard Friot è un insegnante e uno scrittore francese, nato nel 1951. Dopo aver lavorato in diverse città della Francia e della Germania, si è trasferito a Bordeaux, dove si dedica alla scrittura e alla traduzione di libri per bambini. Ha scritto oltre ottanta pubblicazioni per ragazzi e adolescenti, e tradotto altrettanti dal tedesco e dall’italiano in francese. Lo stile che lo caratterizza nasce dalla sua esperienza di insegnante, a stretto contatto con la creatività verbale e visiva dei più giovani. E’ direttore artistico del Junior Poetry Festival, ideato e curato da Grazia Gotti e Chiara Basile a Castel Maggiore: (https://www.juniorpoetryfestival.it/)
11/04/2021 alle 11:17
grazie Virginia per questa bellissima proposta! io penso che siamo tutti contemporaneamente custodi e anche giardinieri, o almeno ci proviamo, e a volte ho letto, e anche scritto, che una poesia “funziona” se fa nascere il desiderio di scrivere un’altra poesia, e direi che la poesia di questo autore “funziona” alla grande!! per questo grazie!
11/04/2021 alle 11:27
Grazie per questo pensiero, per il tuo sguardo che compone e rilancia… credo anche io che la poesia sia, in fondo, un dialogo che si nutre e passa da voci diverse.
La mia sensazione è, però, che alcuni poeti siano più generosi in questa apertura, altri come più protettivi… ma forse hai ragione, in tutti noi c’è in qualche misura l’uno e l’altro…