Omaggio ad Andrea Zanzotto a cento anni dalla sua nascita, a dieci dalla morte, attraverso i suoi versi. “Il logorante continuo confronto con un inizio”. Una selezione a cura di Silvia Secco. 3
Terzo giorno, Martedì 12 ottobre
Nel saggio critico “Tra bosco e non bosco, ragioni poetiche e gesti stilistici ne Il galateo in bosco di Andrea Zanzotto” (Quodlibet 2011), nella prima parte intitolata Gnessulogo – Gnessulogo e il nulla, Enio Sartori mette in relazione il tema heideggeriano dell’essere nel suo rapporto con il nulla, e la consapevolezza umana della morte, o meglio del suo “essere-per-la-morte, ovvero della possibilità anche di non esserci più”. Esiste, scrive Sartori, ed è riconoscibile nella poetica di Andrea Zanzotto, una sorta di presentimento al “gnent”, al nulla, che pare non limitarsi al semplice terminare (la vita, la scrittura) ma che si estende, sfocia, e dilaga in direzione di “una vera e propria fede nel nulla a partire dalla quale il poeta svela il fondo inumano che sottende all’esistere stesso poiché, contro ogni pretesa umanistica di pensare il soggetto come qualcosa di pieno e di integro, essa mostra che al cuore del soggetto e della parola che lo costituisce sta una faglia, una ferita, una mancanza, un ‘nulla’ da cui si edifica anche il suo desiderio, la sua ‘passione’”. (Pag. 51).
Da IX Ecloghe (1962), Così siamo
Dicevano, a Padova, “anch’io”
gli amici “l’ho conosciuto”.
E c’era il romorio d’un’acqua sporca
prossima, e d’una sporca fabbrica:
stupende nel silenzio.
Perché era notte. “Anch’io
l’ho conosciuto”.
Vitalmente ho pensato
a te che ora
non sei né soggetto né oggetto
né lingua usuale né gergo
né quiete né movimento
neppure il né che negava
e che per quanto s’affondino
gli occhi miei dentro la sua cruna
mai ti nega abbastanza
E così sia: ma io
credo con altrettanta
forza in tutto il mio nulla,
perciò non ti ho perduto
o, più ti perdo e più ti perdi,
più mi sei simile, più m’avvicini.
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