Spazio di Claudia Zironi | La Pietà – L’Amor che disseta di Federico Ielusich

 

 

Federico Ielusich ha proposto in lettura alla nostra redazione vari suoi inediti tra cui il poemetto in friulano e in italiano “La Pietà – L’Amor che disseta” accompagnato da una nota critica auto prodotto in terza persona molto interessante e dettagliata. Ve li propongo in questa mia rubrica. CZ

   

La poesia “La Pietà – L’Amor che disseta” nasce nel marzo del 2022 come atto artistico volto a sublimare il dolore per la recente e improvvisa morte della madre dell’autore.

Ekphrasis postmoderna e allusivamente pasoliniana ispirata alla “Pietà” romana di Michelangelo Buonarroti, viene presa come spunto dal poeta per una riflessione spietata sulla società odierna, una Società del Vuoto, Omologante, ostile al Diverso (l’Amore Scalzo autocit.) -paria postmoderno, Regno dell’Immagine Illusoria (Narciso–Specchio) governato dai mass-media, dai social. Il Web: una sorta di cratofania della Bestia apocalittica. Secondo Ielusich una lotta impari quella del poeta contro la Società contemporanea; una lotta quasi maliziosamente e paradossalmente “suicida” quella contro la “Rettorica” di massa come avrebbe detto Carlo Michelstaedter (il privilegio del suicida – autocit.) destinata a sfociare inevitabilmente nel linciaggio mediatico o nell’oblio -morte in vita- dell’indifferenza. L’Arte, la Natura, la Ragione, il misticismo e la Bellezza per l’io poetico-teurgo diventano strumento per incarnare l’Ineffabile e trascendere le brutture della Realtà Relativa.

Successivamente l’autore da questo spunto iniziale ha creato una nuova composizione -una sorta di evaginazione o anamorfosi – dando vita a un poemetto allegorico (un viaggio onirico) in quattro stanze di sapore rinascimentale in ricordo della figura del poeta P.P. Pasolini che per struttura e contenuti riprende le poesie ermetiche di W. B. Yeats “Veleggiando verso Bisanzio” e “I due alberi”. Una sorta di variazione assai peculiare del “Critòleo del corpo fracassào” di B. Marìn che Ielusich propone in lingua friulana (Lingua Madre) in cui il friulano koinè del Dizionario Pirona si fonde con le varianti dialettali della cerchia familiare, del Collio Goriziano, di Cividale del Friuli, di Torreano, di Spilimbergo, al friulano di Pasolini (amour – mour), di Pierluigi Cappello (l’intiessi peraulis – salustris – misure-discolç-donzel – inniò, ecc.) e veri e propri hapax legomena creati dall’autore (sanpierìn-ostiensis) nel solco dell’esempio dei due maestri friulani.

Come in un labirinto di specchi riflessi l’io-poetico – novella Arianna o Iside Velata- prende per mano il lettore/adepto guidandolo verso il centro del sinuoso labirinto/percorso iniziatico. Un viaggio in cui immagini eteree, sublimi, ipersensoriali al limite dell’ultrafania si intrecciano indissolubilmente alla cruda realtà della miseria e perversione umana. O forse un viaggio attraverso l’Erebo in cui il lettore/Euridice o Semele viene guidato verso la Luce dal Poeta -novello Orfeo/Dioniso il Santo- attraverso le insidie di specchi illusori in cui il lettore “proietta” (in senso psicoanalitico) i propri contenuti inconsci che, a tratti, si rivelano specchi deformi, sirene infernali o guardiani della soglia al limitare dell’Altrove nelle sembianze di frammenti di Archetipi di un Inconscio Collettivo condiviso. Oppure…l’io-poetico come Giasone anela a salpare verso la Colchide dai lidi di Ostia alla ricerca del Vello d’oro oppure verso Medea, quella Medea che nella cinematografia pasoliniana viene presentata in abiti di scena che richiamano i culti della Grande Madre, dell’Artemide Efesia nella luce di nord-est della laguna di Grado. Il poeta intreccia indissolubilmente verso dopo verso il proprio vissuto autobiografico (il lutto, la vita nella Città eterna, la ricerca della Bellezza e del Sublime, la vita mondana in contrappunto alla vita degli ultimi) alle vicende degli ultimi giorni di vita del poeta di Casarsa. Nel corpo massacrato di Pasolini abbandonato all’Idroscalo di Ostia, così simile alla marcia carena di una nave alla secca, il poeta incarna e trasfigura il proprio anelito al sublime, alla gloria eterna attraverso l’arte (i lidi dorati di Bisanzio) dopo anni di dilaniante “secca creativa”. Come corda risonante nelle mani di Calliope o vascello alla mercè del Pneuma Divino l’io-poetico invoca la Grande Madre, il Femminino Sacro, Iside Velata di seta scarlatta, Sophia gnostica, Shekhinah cabalistica, L’Albero della Vita (gelso Maestoso della cultura rurale friulana), Venere Madre neoplatonica dell’Amor velato (Hypnoerotomachia Poliphili di F. Colonna) affinchè lo guidi oltre i mari dell’Altrove, l’Oltre, il mare che è da sempre simbolo dell’Inconscio, del Divino verso un nuovo stato d’esistenza, una vita nuova, rinnovata.

Il poemetto nel suo complesso si presenta come certe antiche dimore nobiliari della Città Eterna in cui elementi architettonici tipicamente rinascimentali (allegorie, richiami danteschi nelle metrica e nei contenuti, riferimenti al neoplatonismo, richiami alle dottrine ermetiche, alchemiche e cabalistiche) sono fusi in un tutto armonico ad elementi ornamentali gotici (richiami apocalittici), barocchi e bizantini (immagini sfolgoranti di luce e oro delle chiese e basiliche romane o antiteticamente caravaggesche) e a mura ciclopiche, colonne romane e statue egizie (richiami ai culti misterici dell’età classica e medio-orientali).

Questa “stratigrafia” poetica o -per così dire- di “velature pittoriche sovrapposte” si traduce in numerosi piani di lettura, rimandi e citazioni che sovrapponendosi, intersecandosi, danno origine ad una struttura complessa, ermetica resa maliziosamente affascinante in ambito metapoetico dall’uso sapiente della lingua friulana, delle sue sonorità polatali, dolci e sibilanti (sês Sède), nelle assonnanze (sfêris dal Sflandôr), nonché dalla rara polisemia di alcuni suoi sostantivi:

-salùstris (varco di sereno nelle tempeste, attimo di lucidità prima del trapasso, visione ultrafanica)

-maravèe (estasi, meraviglia, stupore, commozione, ecc.)

In sintesi il poeta -alchimista della parola- eleva la “materia grezza” del dialetto friulano dall’uso corrente o “volgare” ad un nuovo, alto e “affinato” stato d’esistenza, come fecero a loro tempo Pasolini e Cappello, intrecciando (come era solito dire il poeta di Chiusaforte) con sapienza la parola nella creazione dei versi oppure piegandola o creandola ex-novo assecondando le richieste della Musa ispiratrice.

Ielusich nel poemetto offre al lettore attento molteplici rimandi e citazioni a diverse opere e autori. Da una parte l’autore omaggia il poeta W.B. Yeats con dei chiari riferimenti alle opere “Veleggiando verso Bisanzio”, “I due alberi”, “La rosa del Mondo”, “La rosa alchemica”, “La Seconda Venuta” e alla poetica della “maschera e lo specchio”, dall’altra inserisce qua e là riferimenti alla poetica di Rilke specialmente ai “Sonetti ad Orfeo” e alle “Elegie Duinesi”. Dantesco l’uso dell’endecasillabo e quel “per me si va [..]” che richiama al I Canto dell’Inferno della Divina Commedia. Richiami e omaggi alla poetica del maestro P. Cappello e F. Battiato (Canto I) compaiono qua e là a livello semantico nel testo in lingua friulana. Evidenti i richiami al “Critoleo del Corpo Fracassao” e alla figura del poeta gradese Biagio Marìn anche nei richiami ermetici-mistici ed esoterici.  Indubbie le citazioni tratte dalle poesie giovanili del poeta di Casarsa “Oggi è domenica, domani si muore” (Incipit del Canto I) e “Il Narciso e la Rosa” da cui i riferimenti tematici al dualismo Specchio/Diavolo – Immagine/Narciso oppure all’antinomia Eros/Anteros, Amore/Perversione, Innocenza/Peccato. Più velati i richiami a testi classici quali “Le Metamorfosi” di Apuleio e al mito di “Eros e Psiche” dissimulati nelle figure della “Madre” e nel simbolismo del gelso e della seta (gelso-bruco-baco/seta-imago/farfalla/psiche). Per pochi i riferimenti agli Arcani Maggiori dei Tarocchi (L’appeso o Impiccato con tutta la sua simbologia esoterica e il richiamo al mito del dio Odino) e alla dottrina dei Vascelli/Vasi ripreso dal misticismo ebraico come omaggio agli avi del poeta goriziano C. Michelstaedter. Infine per pochi fini intenditori il richiamo a “La Tempesta” di W. Shakespeare nei temi della tempesta (forse incombente e definitiva?), del naufragio e della seta. Seta che in quanto stoffa nasce dalla tessitura di fili, da un disegno che crea quella particolare, unica sostanza dal nulla. Prima della stoffa, infatti, c’è il vuoto: la trama, a poco a poco, ordisce un tessuto, che acquista fisionomia, ma non solidità. Copre mutando l’aspetto di tutto ciò che ammanta. Come dice il poeta inglese “noi siamo della stessa stoffa dei sogni” ovvero di natura effimera ma anche magica: nati dal nulla, da una trama invisibile, ci muoviamo leggeri sulla scena del mondo, e ciò che ci anima è un mistero celato in quel tessuto (Amore?).

In conclusione come diceva il poeta Paul Celan:” La poesia, in quanto poesia, è oscura.”

Federico Ielusich

 

 

“La Pietât – L’Amòur ch’al dissêde”

 

CJANT I

 

O torni  a cjanta vistût di sede e d’amòur

parcè che domàn a si mòur.

O torni a cjantâ pàr l’Amòur Discolç,

pàr la vite dal vuê -Vueit di butà-

pàr la Resòn lâde fûr di mode,

parcè che l’intiessi peraulis ruspîs

al è il privileç dal suicide; pàr l’auriàne scrostade,

lis sflamiantis sfêris dal Sflandôr, il gno cûr

crugnât, sacri e sant cussì soç d’amòur,

il sanpierìn cjalciât, i zardins indorâs

di consolatiòn e lis claustris dal Lusôr,

par lis mês ipotesis di bielece, cheis

incostants salustris di Maravee.

 

CJANT II

 

Par mê si lâ -come discolç- dant misure al pas

col gno pas par l’umane miserie disperade

viars lis mês Idîs Romanis.

O volti le pope, lis velis spleâtis,

pal Bizanzi, ai lîs dorâdis.

 

CJANT III

 

Naufragât, sdrumât e massacrât

– jo stôi – ai lîs ostiensîs peât.

Il Diaul a è un Spieli, soç spieli, inte

burascje tremende – Besteàte-,

che al sbrane le mê anime e il gno cûr.

Scolte, mo, il sô viers pervèrs -Sêt!-

 

CJANT IV

 

“Mari, gno Morâr majestôs, čjalis tu chel mâr?”

“Gno Donzèl, jo cognossi chel Altri Mâr,

Mâr če al je Muart, derive, Gnot, Altrò,

Inniò, nereôs e fumôs lîs.”

“Mari mê, Mestre mê, dìsimi, mò, lis

plasentôsis peràulis che la mê Sêt

al pàdin”. “L’amòur dissêde.

Parčè tu sês l’Amòur, parčè tu sês Sède”.

 

 

“La Pietà – L’Amore che disseta”

 

CANTO I

 

Torno a cantare vestito di seta e d’amore

perché domani si muore.

Torno a cantare per lo Scalzo Amore,

per la vita di oggi, Vuoto a perdere,

per la Ragione passata di moda

perché l’intrecciar ruvide parole

è il privilegio del suicida, per l’ocra scrostata,

gli spiragli fiammeggianti dello Splendore, il mio cuore

morso, sacro e santo, così sconcio d’amore,

i sampietrini calcati, i giardini dorati

della consolazione ed i chiostri della Luce,

per le mie ipotesi di Bellezza, quegli

incostanti sprazzi di Stupore Estatico.

 

CANTO II

 

Per me si va- come scalzo- dando misura

al passo col mio passo, tra l’umano squallore disperato

verso le mie Romane Idi.

Volgo la poppa alle spalle, le vele spiegate,

verso Bisanzio, ai lidi dorati.

 

CANTO III

 

Naufragato, fracassato e massacrato

– io giaccio – ai lidi ostiensi ormeggiato.

Il Diavolo è uno Specchio, specchio sconcio             

in una tempesta tremenda – Bestia

che sbrana l’anima mia ed il mio cuore.

Ascolta, ora, il suo verso perverso -Sete!-

 

CANTO IV

 

“Madre, mio Moro maestoso, guardi quel mare?”

Giovinetto mio, io vedo l’Altro Mare,

un Mare che è Morte, deriva, Notte, Altrove,

Nessun Luogo, oscuri e nebbiosi lidi.”

“Madre mia, Maestra mia, dimmi, ora,

le disïate parole che la mia Sete

placano”. “L’amore disseta.

Perchè tu sei l’Amòr, perché tu sei Seta.”

 


Federico Ielusich(cognome croato/bosniaco – in origine Jelušić) è un poeta ed artista italiano che scrive in lingua italiana e in dialetto friulano, nato nel 1976 a Cividale del Friuli in Italia. Scrive anche haiku.
La sua prima raccolta di poesie intitolata “Il Sentiero delle Magnolie in Fiore” (una selezione di poesie dal 1993 al 2007) è stata pubblicata da L’autore Libri Firenze nel 2007, con prefazione di Lucia Gazzino.
Alcune sue poesie sono state tradotte in inglese, russo, ucraino.
Si interessa anche di trasposizione di poeti stranieri nella lingua italiana e di critica letteraria.
Alcune sue poesie e traduzioni sono state pubblicate su blog e riviste letterarie on-line sia in Italia che all’estero (USA).
Vive a Torreano (Ud).