Spazio di Claudia Zironi | In esplorazione nel fantastico mondo delle Agenzie letterarie

 

Vedo tanti articoli e alti dibattiti in giro per la rete su dove va la poesia, chi sono i poeti, dove sta il problema dello scollamento del dibattito poetico dal mondo “vero”, se la poesia incida sul sociale, ecc… e mi viene da sorridere, nel mio pragmatismo di autrice che, come tutti gli autori, ritiene di avere qualcosa da dire di interessante, ma nei suoi libri, non nei commenti ai dibattiti in corso, e avrebbe la prioritaria esigenza di essere letta, da un vero pubblico, come tale.
Sinceramente, se siano meglio i poeti giovani o quelli vecchi o quelli che occultano la loro vera età, se esistano correnti contemporanee, se il muro di Berlino sia stato uno spartiacque nella produzione poetica novecentesca, se una rivista sia meglio di un’altra perché ha un nome più serio o perché è brutta e non accattivante o perché è diretta da uno importante o perché è nata due anni prima dell’altra o perché è di carta, se il Poeta nazionalpopolare possa dirsi poeta, se sia giusto che ora esista un Premio dalla connotazione commerciale e divulgativa per la poesia e se sia giusto a chi assegna il podio tale Premio, non aiuta e poco incide sulla mia attività di scrittrice.

Sono molto più turbata dal fatto che i nuovi libri – poesia o prosa che siano – che finisco di scrivere mi guardano dal cassetto chiedendomi: “e mo’? che facciamo? dove andiamo?”

Negli anni ’50 del XX secolo forse avrei intrapreso la strada romantica che ci mostrano oggi pellicole dalla declinazione eroica: avrei mandato il manoscritto, battuto a macchina in tre o quattro copie, ad altrettanti editori che nel giro di qualche settimana mi avrebbero risposto, per posta, se volevano o non volevano pagarmi per poter pubblicare il mio libro.

Oggi – oggi che ci sono più scrittori che lettori, oggi che il successo dei libri lo determina il personaggio-autore, oggi che le case editrici sono assediate e rispondono solo alla legge del profitto – invece che si fa?

Dopo avere pubblicato 8 o 9 libri di poesia e averne uno, in uscita tra qualche mese, già in corso di impaginazione, con stimabilissimi e attenti, ma piccoli, editori, mi ritrovo ora con un libro in prosa a cui lavoro da anni che si è rotto le scatole di venire rimaneggiato e ampliato e mi sta supplicando di uscire in stampa, possibilmente con un editore almeno medio che magari in qualche libreria lo faccia trovare a scaffale e che non lo renda volume di nicchia così tanto nicchia da non venire letto praticamente da nessuno che non sia mio parente o amico (ultimamente i miei parenti latitano e gli amici sono calati considerevolmente di numero quindi non ci potrei contare per farlo diventare un best-seller – ma poi questo è un serpente che si mangia la coda: forse avrei ancora parenti e amici se non avessi pubblicato libri di poesia).

Qualcuno in Facebook, quando ho affidato al suo gorgo di bit il mio dilemma, mi ha consigliato di rivolgermi a una qualche Agenzia letteraria. – Caspita! Come mai non ci avevo pensato prima?

E il giorno dopo avere ricevuto il consiglio social, reperisco nello spam una mail di pubblicità proprio di un’Agenzia letteraria, arrivata qualche minuto prima. – Che felice combinazione!

Parto dunque in esplorazione di un mondo che finora non avevo mai esplorato: il fantastico mondo delle Agenzie letterarie.

Intanto noto subito che non vogliono avere rapporti con i poeti e la poesia. Sì, proprio così, in tutti i siti che ho esaminato si esplicita già nella home page che non si prendono in considerazione libri di poesia. Il poeta (razza infestante e fastidiosa) si deve arrangiare. Che tristezza sentirsi un paria, un letterato di classe B, un condannato alla nascita all’insuccesso!

Ma non mi perdo d’animo e ricordo a me stessa che sto cercando un agente per un libro di prosa e non di poesia: in questo momento, di diritto, faccio parte del Gotha dei letterati di serie A!

A questo punto noto nei siti delle Agenzie letterarie che, tra i servizi offerti, non si propone mai la ricerca di un editore, cosa che nella mia ingenuità credevo l’attività principale di tali enti.
Ci sono in bella vista cataloghi di autori e di pubblicazioni colorate, che ti invogliano con una tacita promessa, di diversi generi, letterari e non, con vari editori, di molti dei quali non ho mai sentito il nome e dunque probabilmente facenti parte del segmento dei piccoli editori o di quello dei superspecializzati, e liste di servizi a pagamento: valutazione delle prime pagine, valutazione di tre capitoli, valutazione dell’intero manoscritto, editing, mentoring, ecc… il tutto con preziario commisurato a peso e velocità, cioè più veloce vuoi il servizio e più pagine sottoponi, più paghi (un po’ come per i giga della telefonia mobile o per i traslochi o per il lavasecco e la stireria…). Poi ci sono i siti che, in angoli nascosti, pietosamente indicano un indirizzo mail al quale i poveracci possono mandare manoscritti gratuitamente per la valutazione, ma che non differiscono nelle regole da tutti i grandi editori: “ti chiamiamo noi, ma se entro il tempo eterno di sei mesi non ci senti puoi ritenerti ufficialmente cassato”. E tu sai benissimo che non riceverai mai alcuna risposta da questi, come non l’hai mai ricevuta da nessuno degli editori a cui hai mandato in passato manoscritti nello stesso modo.
Chissà com’è grande e dove si trova il triste cimitero dei manoscritti inviati e mai letti, dove giacciono abbandonate parole a miliardi, scaturite da penne speranzose e fantasiose? Chissà dove stanno insieme a farsi triste compagnia le novelle della parrucchiera sotto casa con le opere corpose di novelli Proust?

Tornando a noi, dunque la trafila è chiara: all’Agenzia letteraria tu richiedi un servizio a pagamento  – non a buon mercato – che consiste in lettura e ricezione di un giudizio al quale seguirà la proposta, ovviamente, di un servizio di editing a pagamento per rendere l’opera mainstreammabile (e addio di nuovo a Proust).

Come dicevamo sopra, accennando ai servizi che si trovano nei loro siti, alcune Agenzie propongono perfino il mentoring a monte (una volta si chiamava ghostwriting ma così è più etico e preserva l’illusione per l’autore di essere davvero l’autore), o magari corsi per imparare a scrivere, visto l’analfabetismo funzionale di ritorno di cui soffrono molti aspiranti autori della propria autobiografia di impareggiabili mediocri, da regalare ai parenti (loro che non scrivono poesia ce li hanno ancora i parenti) per Natale, o corsi per stimolare la creatività, visto che gli stessi aspiranti autori, oltre a non saper scrivere, non hanno neppure buone idee.

Poi, fatti valutazione ed editing (sempre che non si venga da un mentoring)… che succede?
A coronamento del percorso, l’Agenzia ti troverà un editore in cambio di una percentuale sulle vendite – cosa che sarebbe normale e che ti garantirebbe di essere seguito anche dopo l’uscita del libro in termini di marketing – o ti chiederà denaro anche per quello?
E l’editore sarà un Mondadori o un Gino Scapuzzi di Torresottacqua provincia di FR che produce 10 libri all’anno, di cui 5 di ricette di cucina regionale?
O magari non ti aiuterà affatto in quello che sarebbe il tuo bisogno primario (pubblicare con un contratto serio e con garanzie di distribuzione dell’opera)?

Se vuoi provare a saperlo, puoi cercare la risposta nelle FAQ del sito poi, non trovandola, prenotare un colloquio con l’agente, naturalmente a pagamento.

 

 

Se vi ho strappato un amaro sorriso e ora volete approfondire la questione più seriamente, vi consiglio questo articolo di Giulio Milani del 2019 apparso su Minima et moralia https://www.minimaetmoralia.it/wp/approfondimenti/gli-agenti-letterari/