Osservatorio Poetico di Sonia Caporossi | Sergio Gallo

AREA CONTAMINATA

Specchi nelle miniere di rame di Sāo Domingos:
residui solforici su argini, increspature
fondali melmosi d’ogni fumante bulicame.

La teriaca dei sogni, dei miti
avvelenata senza rimedio.

Ombre fuggevoli attendono una morte da altri allestita
nella convinzione che la vita – servile a dismisura –
non sia che debiti e devastazione.

Sull’unica torre ferruginosa
spiccano tre nidi di cicogna.

Chi s’ostina a vivere, nonostante
e chi si sente miniera abbandonata.

*

STRADA SENZA USCITA

Inseminano le nuvole con ioduro d’argento
causando diluvi, alluvioni, tempeste di grandine
anche in pieno deserto, da Dubai ad Abu Dhabi.

E noi, come l’ultimo rinoceronte bianco
l’ultimo gorilla del Katanga
giorno e notte sorvegliati da militari

finché i bracconieri dell’anima
non esporranno come trofeo
le nostre teste impagliate le nere mani.

*

TESCHI, NUDE OSSA

Restano nude ossa, trasparenti
più d’un bicchiere di tequila.

Natura imperfetta che mai potrà eguagliare
l’umana vacuità.

Sergio Gallo (Cuneo, 1968) si è laureato in Farmacia presso l’Università di Torino e lavora come collaboratore di farmacia. Ha pubblicato: Pensieri d’amore e di disastro, Tipografia Saviglianese 1991, La giostra di Venere, Mario Astegiano Editore 2003, Canti dell’amore perduto, Puntoacapo, Novi Ligure 2010, Pharmakon, Puntoacapo, 2014; Corvi con la museruola, LietoColle 2017; Beccodilepre – poesie sulla montagna 2006-2018, Puntoacapo, 2018; Approdi/Landings, Arsenio Edizioni, 2020; Amnesia dell’origine, Puntoacapo, 2021. In corso di pubblicazione: Gleba/ĀDĀMAH per Gattomerlino Edizioni 2025, nella collana ‘Quaderni di pagine nuove’. Ha vinto il Premio Giacomo Leopardi 2006, il Nuove Lettere 2010 e il Guido Gozzano 2013.

All’interno della lista esigua dei “poeti che tentano oggi di fondere sfera estetica e sfera teoretica applicando l’argomento scientifico alla poesia”, come notavo in un articolo su Poesia del nostro tempo di qualche tempo fa, Sergio Gallo è sicuramente, insieme al Bruno Galluccio di La misura dello zero, da annoverare tra i più interessanti (lo stesso autore ne elenca alcuni altri da considerare certamente nel novero: Laura Garavaglia, Matteo Meschiari, Fabrizio Bregoli, Roberto Maggiani, Alfredo Rienzi). Tale poetica non si distingue soltanto per l’utilizzo puntuale e sistematico del dato scientifico piegato ai voleri del piano comunicativo, ma anche per la capacità di suscitare un’improvvisa illuminazione sentimentale attraverso una pratica lirica a suo modo sperimentale. Sergio Gallo, in effetti, introduce molto spesso nella propria versificazione un lessico scientifico estrapolato da numerose scienze esatte e applicate (matematica, fisica, chimica, botanica, biologia tra tutte). Un esempio di ciò è ravvisabile nei tre testi inediti qui pubblicati, che faranno parte del prossimo libro intitolato Gleba/ĀDĀMAH; inediti tratti dalla sezione Terre di Nessuno. Vi si coglie l’utilizzo funzionale del tecnicismo su un piano prettamente poetico al fine di raggiungere una consapevole figuralità analogica; esattamente ciò che, ad esempio, Michele Ortore parimenti ravvisa nel linguaggio poetico (anch’esso patentemente lirico-sperimentale) di Maria Grazia Calandrone, per la quale il critico scrive: “è come se il linguaggio tecnico-scientifico, dunque, perdesse la sua aura metallica di settorialità ed entrasse nel continuum della lingua scritta, senza rinunce al […] sostrato poetico tradizionale”. Tale sostrato tradizionale è immediatamente individuabile anche in Gallo e funge da basamento del gesto emozionale, in direzione dell’ostensione di una viva liricità che rifiuta di appagarsi esteriormente di un lessico scientifico fine a se stesso, bensì lo introietta come specchio razionale del proprio mondo interiore. Ritroviamo così nei testi di Gallo la “teriaca”, polifarmaco antichissimo considerato antidoto di tutti i mali fin dai tempi di Mitridate (campo semantico della chimica farmaceutica); oppure lo zolfo residuale sulle pareti di una miniera, così come lo ioduro d’argento utilizzato ormai da decenni come metodo antigrandine (campi semantici della chimica, della meteorologia e dell’agronomia); o ancora, il rinoceronte bianco e l’ultimo gorilla del Katanga, icone di estinzione e devastazione della natura (campo semantico della zoologia e della geografia fisica). Dall’originaria contestualizzazione d’uso, Gallo trascende il significato dei lemmi scientifici e li pone al servizio di un’indagine e di uno scavo poetico che ricerca ancora e ancora, post-montalianamente, il male di vivere estendendolo a sistema-mondo, per fare luce sulla decadenza irrimediabile della società odierna. Non ci resta che attendere la sua decima pubblicazione poetica per approfondirne i risvolti.