Osservatorio Poetico di Sonia Caporossi | Paolo Turroni

 

Lo stregone

Escano dal buco,
cantino di nuovo,
le cose non parlate,
le cose non pensate,
le nondette, le indicibili.
Perché la materia si ribella?
Perché lei, molle, frolla, insana,
rifiuta ciò che la risana?
Continuo parole di perdono,
ma loro se ne vanno,
e ripeto ancora –

*

Cabala

Permuta il mio nome, signore,
trasforma lo spirito con la tua parola,
sospira in me l’amore
con cui creasti il mondo,
che era e non era
prima che tu soffiassi
da dentro all’esterno di te,
prima che tu ti racchiudessi
nel gioiello del tuo cuore,
rendendoti invisibile ricordo
per gli uomini che ti cercano,
voce nel deserto,
asteroide precipitato,
stella collassata,
orizzonte degli eventi.

*

20 ottobre 1938

Mi mancherà ciò che di te non sopporto:
gli sbalzi d’umore, le misteriose malinconie.
Il nostro cammino terminerà un giorno.
Separati dovremo camminare per strade
che non potrò congiungere o ritrovare.

Però so che alle spalle
avvertirò un soffio, un’aura,
per via, osservando un tuo quadro che amavi,
forse quel mio ritratto, padre, mia creatura.

 

Nel primo componimento qui proposto, Paolo Turroni sembra rinnovare le antiche domande alchemiche sulla composizione e la natura del mondo, laddove, rimbaudianamente, è l’alchimia della parola a rendersi autonomica e autotelica nell’interrogazione stessa: se infatti la ὕλη è intesa aristotelicamente come la causa materiale posta alla base di qualsiasi cambiamento, non possiamo che stupirci, nella condizione taumaturgica di chi si pone di fronte alle domande essenziali dell’esistenza, della corruttibilità della materia, fino ad elevare col secondo componimento una preghiera al Principio Primo Causa Sui dell’Universo, nel sublime dinamico e matematico che non può che definirlo astrofisicamente, e quindi metafisicamente per via d’imperfezione, come un “asteroide precipitato”, una “stella collassata”, un “orizzonte degli eventi” oltre il quale non si va e non si guarda, perché l’uomo ne è impedito dalla figura di un Dio abbandonico e lontano. L’ultimo componimento, delicato e privato, è dedicato alla prefigurazione della morte dell’affetto primigenio, quella figura paterna che pure non ci abbandona nemmeno dopo il valicamento della soglia da cui non si ritorna: luce e guida oltre le ristrettezze impedenti dell’immanenza cronotopica a cui è condannata la nostra condizione di esseri umani. 

 


Paolo Turroni è nato a Valdobbiadene (Tv) nel 1974 ed è cresciuto a Cesena. Giornalista pubblicista e scrittore, ha collaborato col quotidiano “La voce di Romagna” ed è collaboratore del settimanale “Corriere cesenate”. È co-direttore della rivista culturale “Confini”. Per la casa editrice “Il Ponte Vecchio” di Cesena ha pubblicato: La commedia del baule (2002), La Biblioteca Malatestiana di Cesena (2013), Malatesta Novello, una biografia onirica (2013), Processo al Rubicone (2014), Renato Serra, il letterato e lʼapocalisse (2015), La festa di San Giovanni a Cesena (2015), Processo a Cesare (2018); ha curato i volumi Cesare al Rubicone (2016), Per grazia ricevuta (2018). È socio della Società di Studi Romagnoli, presiede lʼassociazione “Pro Rubicone”, è segretario dellʼassociazione “Amici del Monte” ed è Accademico dellʼAccademia Pascoliana di San Mauro Pascoli. Nel 2020 ha ricevuto il premio “Paul Harris Fellow” dal Rotary Club di Cesena per meriti culturali ed ha pubblicato Cesena criminale, seguito nel 2021 da Cesena criminale 2.