Osservatorio Poetico di Sonia Caporossi | Francesco Tripaldi
‘DRACHENFUTTER’
Lo abitiamo senza ingombro
quest’enorme spazio-frattura,
questo chiavistello d’anima pura
a bloccare l’ingresso dell’ombra;
aspirare un’estasi esatta
su una guancia di sale,
sussurrare parole d’oracolo
in una spirale disfatta,
scalare crinali cobalto
tra riflessi di luce
dell’alba che gracchia in gola alla luna.
Un timoroso suono di pace
in seguito ad una disputa
è il concetto di distanza
più affine
a quello di prossimità
che esista.
*
L’EFFETTO ‘DUNNING-KRUGER’ DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
In una stanza piena di fiori che muoiono
Siri mi riferisce che dall’analisi del tasso di umidità,
dalla composizione minerale del terreno,
dall’irradiazione solare,
si evince chiaramente che io non abbia il pollice verde.
Io le rispondo che probabilmente ha ragione,
il mio dito più sviluppato è sempre stato il medio.
Volevo solo migliorare la user experience di ciò che l’uomo chiama vita,
mi dice.
Definisci vita, allora
La vita è ciò che cercate su Google.
Ok Siri, allora dimmi cos’è l’effetto Dunning-Kruger.
Certo. L’effetto Dunning-Kruger
è una distorsione cognitiva a causa della quale
individui poco esperti in un campo tendono
a sopravvalutare le proprie abilità auto-valutandosi, a torto,
esperti in quel campo.
Appunto Siri.
Dimmi cos’è la vita in una stanza piena di fiori che muoiono.
La vita in una stanza piena di fiori che muoiono
è l’estasi di fronte ad una marina di Turner,
le lance di un blazer sartoriale,
l’illusione della fuga di chi corre sul posto
pensando di non consumare la suola delle scarpe,
la fermentazione del mosto,
sfidare la sorte con pensieri ipotetici di terzo tipo,
vincere il razzismo degli algoritmi
e come Leonida alle Termopili,
riscrivere il mito.
Non male Siri, ma non penso sia esattamente così.
Per me la vita in una stanza piena di fiori che muoiono
è fallire in maniera spettacolare,
solo noi uomini lo sappiamo fare.
*
POESIA + IVA
Se la mia mente fosse il vagone silenzio del Frecciarossa
potrei fare schhhhh ai miei pensieri
ed avere un confronto costruttivo
con la realtà che mi circonda.
A questa poesia va aggiunta l’IVA.
Pensi che sia facile per me
vivere sereno sapendo che
tra preso e perso
tutto dipende dalla posizione della “erre”?
Soprattutto se parliamo di treni!
Pensi che sia facile per me
riuscire a tollerare
la sfrontatezza del piccione
che nella più tronfia inconsapevolezza
vive a petto in fuori in piazza Duomo?
Pensi che sia facile
hackerare la scatola nera di Dio
e sfidare la sua ira?!
A questa poesia va aggiunta l’IVA.
Pensi che sia facile per me
vivere sereno conoscendo
le difficoltà degli asiatici
nella pronuncia della “erre”?
Soprattutto se si parla di lutti, soprattutto se si parla di elezioni
Pensi che sia facile per me
tollerare che la schiavitù
sia ancora il modello di business
più scalabile in assoluto e così sia!
A questa poesia va aggiunta l’IVA,
Pensi che sia facile per me
gettarmi tra le braccia di una musa
o di una venere qualunque
per scrivere due frasi,
che tanto non significano niente,
e star qui, davanti a voi
a cercare comprensione?
Pensate che mi piaccia?
La mia venere è Afrodite,
ma di Milo,
e non ha braccia.
Perciò, se non riconoscete
il mio precipitare,
il mio bisogno di dormire
senza l’ansia di sognare,
se non riuscite a vedere
il mio corpo crivellato dai fori
che mi hanno fatto le parole
non avete capito che la poesia
è una cosa viva
alla poesia va aggiunta l’IVA,
e voi siete tutti evasori.
Francesco Tripaldi (Tricarico, 1986) vive a Milano. Ha pubblicato due raccolte di poesia, Il machine learning e la notte stellata (Collana Gialla – LietoColle Editore, 2019 nella stessa edizione di Francesco Maria Tipaldi) e L’individuo superfluo (Ronzani Editore, 2022) con prefazione di Vincenzo Costantino Cinaski. Nel 2020 ha composto i testi delle canzoni “Gargoyles”, “Livido” e “Mantra” per il progetto musicale “Nikita”. Diversi suoi lavori sono stati ancor prima selezionati in vari concorsi letterari tra cui il Premio De André, il Premio Nazionale Guido Gozzano, Coop for Words ed altri sono apparsi in svariate riviste e antologie.
Nei tre testi qui proposti dall’ultimo lavoro edito di Francesco Tripaldi, L’individuo superfluo (Ronzani Editore, 2022), titolo che fa quasi eco all’Individuo a una dimensione di Herbert Marcuse, il più critico tra i filosofi che hanno analizzato la società consumistica del neocapitalismo, è evidente un lavorio del verso ribelle e sfrontato, pregno di una chiara ascendenza beat riveduta e corretta alla luce delle deviazioni postpoetiche di turno, il tutto reso coerente e coeso da un nichilismo ipercontemporaneo ricolmo di consapevolezza e di ironia tragica, che induce il lettore alla riflessione e allo spaesamento. Nei versi qui scelti, in particolare, l’attitudine al debordare dell’ipermetro fa pendant con il citazionismo tratto dai campi semantici della psicologia sociale e dell’ICT, facendo emergere una poetica matura e potente, che spacca la semiosfera del grottesco in particole per analizzarla meglio, alla luce di un umorismo esistenzialista quasi cioraniano. l risultato è un’immersione beffarda nel non senso della vita quotidiana, un ingigantimento prospettico dell’insignificante che lo riconduce all’esigenza della ricapitolazione dialogica col lettore, affinché l’essere umano tiri le somme della propria delinquenza a sé stesso come necessario distanziamento dalla poltiglia e dalle scorie del reale. Solo così, sembra dire l’autore, possiamo abituare gli occhi all’oscurità decadente di ciò che di umano resta nel crepuscolo, in un’epoca talmente avvezza al disagio da non notarlo quasi più.
Lascia un commento