Osservatorio poetico | Daniele Barni

    

LA RINASCITA

Quel giorno, forse nello studio
murato di libri,
ho sincronizzato il cuore
con la sveglia:
non so se lei palpitasse
o lui ticchettasse.
Facevo acrobazie sulla sedia,
ora avanti nel futuro,
ora all’indietro nel passato,
come funambolo del tempo.
Il tempo,
che, andandosene,
rimaneva.

*

PICCOLA TESTIMONIANZA

Ho sbagliato perché ho vissuto, e a volte
perché non ho vissuto abbastanza.
Però, amo quegli errori, poiché essi
sono i miei soltanto, mentre
ciò che è giusto è di tutti. Ma si deve
sbagliare poco, non perché Dio o il giudice
lo abbia detto con voce di granito,
ma perché vale più ciò che più è raro.
Non c’è legge o precetto per legare la vita,
tutt’al più espedienti, o qualche astuzia
che l’infiocchetti: non si creda all’anima
e si risarcisca di attenzioni il corpo,
in quanto essa, se anche esistesse,
avrebbe comunque il privilegio dell’invisibile.
Si consideri che le cause degli eventi
sono sempre infinite o, forse, indefinite:
e che ciascuna non è altro che una nostra
cieca interpretazione. Sia poi l’ultimo
boccone del pasto il sigillo, non della sazietà,
ma della fame. Si pensi al bacio come
alla cifra unica di ogni sentimento.
E non si dimentichi la possibilità che tali regole,
compresa quest’ultima, non siano definitive.
Con questo fagotto di pensieri
ho attraversato le età, senza la pretesa
di desiderare la meta, né di ricordare
una partenza. Calcolando l’impossibile,
avanzo con il viso al tramonto,
cuocendomi gli occhi in bagliori
oscuri che assomigliano alla sera vicina.

*

IL FIUME

Il fiume è partorito dalla terra:
il suo pianto disegna prima un rigo,
che si fa traccia e poi tragitto che erra,
zigzaga, si raddrizza, nell’intrigo
del suo andare, o discendere, o finire.
Il fiume cade ma procede, sbanda
ma prosegue, ora scivola giù a spire
ma ci riprova, e senza far domanda:
il desiderio suo è di passare.
Il fiume ora cammina sopra lame
di pietra, si riposa in pozze rare,
trascina con la schiena ogni gravame;
svuota l’eccesso, colma la mancanza
e porta pure in braccio chi lo chiede.
Verso la fine, poi, in silenzio avanza,
lento corteo di vanità e di fede.

   

Daniele Barni è nato il 9 settembre 1973 e vive a Sansepolcro. Si occupa di poesia, di storia dell’arte e critica letteraria. Per Edizioni Creativa ha pubblicato la raccolta poetica Finestre (2011); per Cartman Edizioni il saggio Lo sguardo della critica: I conoscitori d’arte in Italia tra XIX e XX secolo (2013), per Italic Piccola antologia di anonimi contemporanei (2017).

     

Daniele Barni, non propriamente un esordiente, possiede una poetica matura, liricamente ancorata alle migliori prove di un Novecento letterario rivissuto alla luce della sensibilità ultracontemporanea. La sua poesia pone in relazione le suggestioni dello spazio umano, del tempo sovrumano e della natura, raggrumando le esperienze di un immaginifico naturismo atto a rappresentare il correlativo oggettivo del dualismo tra ragione e sentimento di cui siamo tutti, giocoforza, diuturni testimoni. All’interno delle modalità del lirismo attuale, condizionate spesso da un irrimediabile epigonismo di maniera, Barni è certamente dotato di un tratto stilistico sincero, autoconsapevole dei propri mezzi e limiti, privo di edulcorazioni e di smancerie.