A tentoni nel buio di Paolo Polvani  /Lo smarrimento è il tuo mestiere, la tua paga giornaliera (note di lettura a Chicane, di Daniele Beghè, avaglianopoesia 2024)

 

La raccolta Chicane si svolge all’interno di due poli estremi, che trovano espressione in alcuni sintomatici versi. Uno di questi è il seguente: “L’aria è intasata dallo spirito dei tempi”. Basta scorrere l’indice di questo libro per accorgersi di quanta forza di persuasione sia capace lo spirito dei tempi, con quanto accanimento si riverberi nei temi, nelle atmosfere, soprattutto nel lessico del libro. Tutti i titoli si sono abbeverati a questa fonte, e basterà citarne solo alcuni: Spinning di sabato, BDSM, Lavoro a mano armata, Archeologia domestica, Fanta e Lady Diana. 

Anche i titoli delle sezioni in cui il libro è distribuito riflettono un sentire legato a filo doppio alla contemporaneità: Rettilineo, Chicane, Andirivieni, L’altra campana, Buonvento; tutti raccontano di un percorso tortuoso, controverso, problematico, e tuttavia strettamente connesso al tempo in cui viviamo, in cui sembra che l’andare senza mai fermarsi sia il nuovo imperativo categorico.

Come ci viene restituita questa atmosfera della realtà contemporanea? Attraverso una mistura complessa che prevede ingredienti adatti alla necessità: “s’ingorga un carsismo / di lamiere due volte al giorno”; dunque una precisione utile a introdurci nello spirito dei tempi; “è il mercato / bruttezza”: il sarcasmo costituisce il fondale della rappresentazione; “La banalità del traffico”, o anche “Spinning di sabato” raccontano di uno spessore costruito su rimandi colti, su di un sostrato di riflessioni, di letture, di frequentazioni interessanti.

L’ironia trova forma, si sostanzia “nella consistenza / legnosa delle polpette svedesi”. Una capacità di rappresentazione che comunica una profondità, un affondare fino dentro l’anima delle cose, di percepirne il richiamo e condividerne le intime vibrazioni: “la panchina, corpo di legno / e metallo, è una bestia calma, / un’abitudine a bordo strada, / se l’accarezzi sul dorso fa le fusa”.

Persino nel fondo del paesaggio la consistenza dello spirito dei tempi: “Nello sparso delle case azzurro verderame / l’eco di una partita di campionato”. In tutto questo non manca soprattutto la ferocia dei tempi, la crudeltà del vivere che tutti ci riguarda e investe: “arricchisce ogni giorno di tre novelle / croci il cimitero delle morti bianche”.

Scrive Daniela Marcheschi nella nota critica che accompagna il libro: “Parlando con l’oggi e dell’oggi, della contemporaneità tecnologica e multimediale, dell’Aldiquà saturo di cose, la poesia di Beghè riporta all’umano che è slancio etico nonostante tutto”.

Portogallo 2024 foto di Paolo Zanardi

I sentimenti alla base della raccolta si caratterizzano per diversità, assumendo connotazioni persino contraddittorie, come avviene quando l’intensità del sentire si sfrangia in rivoli diversi. Si tratta del giusto pedaggio da riconoscere allo spirito dei tempi, che restituiscono inquietudine e squilibri: “Lo smarrimento / è il tuo mestiere, la tua paga giornaliera”, perché quando sei sui muri di mattoni rossi nel centro di formazione di emanazione regionale, ti trovi di fronte tutto quel mondo che ti sta intorno: “biberon / che hanno attraversato il mare, / latrati, latrine, asili traditi”, Tutto un insieme di “Verità / che poi entrano dentro e bucano / e storcono e tu / che dovresti essere solido / ti giri tra le dita i visceri”.

Ma ecco che dopo aver stilato un generoso inventario attinente agli oggetti pregni dello spirito dei tempi, “telepass, carte, contante”, e poi ancora quel trasporto intermodale che ci avvolge, centri commerciali, stazioni di servizio in disuso, firme digitali, corti contadine abbandonate, MP3 infilato da qualche parte, rettifili e tachimetri, la noia feconda che dilata il tempo, i treni sulla tratta Milano Bologna, il cashback e la fede nelle divinità dell’ipermercato, dopo tutto questo arrembaggio alle finestre dell’oggi, arrivano questi versi situati sul polo estremo opposto:

 

Sempre preghi e speri

che l’universo non sia una palla

che se la giri cade

la neve, che l’aria fresca

ti salvi dal tanfo della cabina

di un peep-show, così

come preghi e speri sia poesia

ciò che scrivi.

 

A fugare ogni dubbio che si tratti di poesia basterebbe il “basso tuba degli sciacquoni”, e il fuoco vegetale dei pomidori rampicanti e altri infiniti svolgimenti in poesia dello spirito dei tempi, e certe illuminazioni che ammiccano dai versi e chiamano, come quella singolare pretesa di ortopedia sociale, dove Amin, che sognava di diventare portiere, di allungare le dita nere all’incrocio dei pali, si scontra con una realtà che pretende di rinchiuderlo “per correggere o per trasformare una vita / in polvere da mettere sotto il tappeto”.

 

 

 

Portogallo 2024 foto di Paolo Zanardi

 

Lavoro a mano armata

 

Attorno a noi una miriade di campi

di battaglia. Il tetto a spiovere,

il placido sottovuoto del prosciutto,

il braccio che gira in tondo di una gru,

il solco bruno di un campo arato,

tutto vale una vita. In ogni frazione

del paese distratto mira un cecchino.

Senza tregua, senza sentore di polvere,

senza il clangore di una mitraglia

arricchisce ogni giorno di tre novelle

croci il cimitero delle morti bianche.

 

 

°     °     °     °     °

 

 

Spinning di sabato

 

Sul lato destro della piazza grande,

guardando il decumano che punta

l’Appennino, sotto la tensostruttura

blu che ripara dal sole, decine

di ciclisti stanziali, asmatici

pappagalli in voliera, pedalano

in braghette al ritmo infernale

della zumba, diretti da un tatuato

Toscanini. Lo Stelvio sul maxischermo.

Pedalano e la ruota dentata corre

sull’orologio dell’antica torre.

 

 

°     °     °     °     °

 

Bestia calma

 

Lo stoma dell’autobus mi proietta

nel cielo rosso oltre il distributore

in stato d’abbandono, nel piombo

sottratto ai passi del ritorno,

quando la tabella arrugginita

dei gelati appesa al muro chiama

casa, il controviale è quasi un tavolo

di pace, che si rinnova ogni sera.

Tra i cestini stracolmi e le radici

che spaccano il manto cementata

al terreno la panchina, corpo di legno

e metallo, è una bestia calma,

un’abitudine a bordo strada,

se l’accarezzi sul dorso fa le fusa,

fraterna ti accompagna alla svolta,

una decina di metri più avanti.

 

 

°     °     °     °     °

 

 

La funzione dei pioppi

 

Sotto l’argine maestro

e chiusa da quello di golena, in un’area piatta

 

                   -i cloni irreggimentati dei pioppi da reddito

                     sono la sola dimensione verticale –

 

resta una frazione.

 

Nello scarso di vento,

qui sembra non essere mai giunto un seme sfuggito

alla sua destinata zolla, poggiata al muro

regna una tinozza di moplen.

 

Nello sparso delle case azzurro verderame

l’eco di una partita di campionato.

 

La vita sembra bastarsi così

senza profitto, né disperazione.

 

 

°     °     °     °     °

 

 

          Legge regionale n. 14

 

Nel semifreddo mattutino

di questo autunno giri le chiavi

nel cruscotto perché va fatto

e per questo non hai il premio

di una madonna che ti attende

sull’uscio dell’empireo, ma l’atrio

spoglio del centro di formazione

d’emanazione regionale. Fra i muri

di mattoni rossi a faccia vista

trovi i volti di vite spostate

da riorientare e tutto quel mondo

che sta intorno: biberon

che hanno attraversato il mare,

latrati, latrine, asili traditi,

storie altre e vere. Verità

che poi entrano dentro e bucano

e storcono e tu

che dovresti essere solido

ti giri fra le dita i visceri, e tu

che dovresti essere l’ago

organizzi la postura per renderti

credibile, il fiato nel punto

dove i bronchi invadono la trachea,

e dici qualcosa che speri, solo speri,

possa essere utile. Lo smarrimento

è il tuo mestiere, la tua paga giornaliera.

 

 

Daniele Beghè è nato nel 1963 a Parma, dove vive. Ha pubblicato le raccolte di poesie Il galateo dell’abbandono (2016), Quindici quadri di quartiere e altri versi (2018), Rosette (quartiere cosmico) (2021), con le quali ha conseguito diversi premi e segnalazioni in concorsi a livello nazionale. I suoi versi sono contenuti anche in alcune opere collettanee quali Testimonianze di voci poetiche, 22 poeti a Parma (2018), Quarto repertorio di poesia italiana contemporanea (2020). Alcuni testi tradotti dalla poetessa Marilyne Bertoncini sono presenti sulle riviste francesi “Phoenix” e “Voix”.