A tentoni nel buio di Paolo Polvani | La poesia è un pensiero che non lascia dormire: note di lettura a Domestiche abitudini, di Giorgio Casali (edizioni Contatti, 2020)

 

Domestiche abitudini è il titolo del libro che raccoglie le poesie di Giorgio Casali composte tra il 2004 e il 2019. I temi attorno ai quali la raccolta si dipana attengono all’area dei sentimenti familiari, delle vicende legate ai componenti la famiglia, lungo un percorso circolare che partendo dalla malattia del padre dell’autore e attraverso una sapiente connessione di tappe successive porta fino alle poesie dedicate al figlio appena nato, i primi vagiti, i primi passi.

Da segnalare subito un preciso equilibrio sentimentale, una misura che pur nella sottolineatura del dolore evita spargimenti e dispersioni, si fa gesto di attenzione e di ascolto. La resa estetica mi è sembrata a una prima lettura decisamente convincente. Tempo fa su Versante ripido avevamo inventato una rubrica dal titolo Tre pregi e un difetto, la cui funzione era mettere a confronto letture di uno stesso libro portate avanti da più persone il cui compito era evidenziare i tre aspetti salienti di un libro e un suo punto debole, appunto un difetto. Ecco, se dovessi indicare un tratto poco convincente della raccolta direi che il titolo è l’aspetto meno riuscito, estrapolando dagli stessi versi si potevano scegliere titoli più efficaci.

L’odore dei morti al tavolo coi vivi

già vedo le sequenze del pre-funerale,

il tragitto della salma

per domestiche abitudini.

 

È interessante la tecnica usata per ancorare il discorso alla realtà punteggiando i versi di citazioni e rimandi alla musica, evidentemente una presenza costante nella vita dell’autore, così lo incontriamo dopo un concerto di Lou Reed, una musica di sottofondo di Patty Pravo, il regalo di un disco di Nick Cave (“so che il disco finirà tra gli altri, in cantina”), e ancora Radiohead e Velvet Underground, che testimoniano di un certo gusto e di una sua familiarità con la musica.

Alcuni attacchi sono davvero notevoli per efficacia, ritmo, bellezza delle immagini evocate, come questi versi di congedo dal padre:

 

Inchinami a ciò che di me è più grande

 

Portami in faccia ancora il vento

e le luci da sopra la collina,

raccontami famiglie, il borgo del paese,

le piante che dovevi arrampicare.

 

Dimmi dei prati dove giocavi,

di cosa c’è adesso ne ha preso il posto,

di cosa sarà di queste mie mani.

 

Curami avvolto nel centro del letto,

inchinami a ciò che di me è più grande,

fischiami l’harvest

fammi addormentare.

 

Le strade è una delle sezioni dove più intenso è il vibrare della tensione a identificarsi con il territorio, segnare col pastello la mappa, una ricognizione sentimentale più che topografica, con ben delineati i confini dei comuni, attento a non debordare, “prudente sognante avventurarsi” tra Stiolo, Stradella, Portile, e Scandiano, in un elenco puntiglioso dove “anche di sera addento le strade / della zona industriale”, “vecchie vie per Sassuolo rimaste nel silenzio / lontano dalle case popolari”,

 

 

Quasi una piazzola

 

La poesia non è una cosa astratta ma

un singolo verso scritto di sbieco

che lascia due macchine dietro a 

                              strombazzare

quando sul ciglio mi son fermato male.

 

E lampi, bagliori di poesia annotate di fretta con dentro tutta l’urgenza del dire, e ancora Bismantova, luogo di predilezione per suicidi, e Fano, e la riviera adriatica con l’immancabile albergo Miramare, e infine Cesenatico, tutta una topografia del cuore, luoghi da marcare con l’impellenza dei versi, con la furia di tradurre l’esperienza in flusso di parole, in ritmo di vita vissuta da incidere per sempre sulla carta.

 

La poesia non serve a niente

               non è più che un segno sulla carta

                     Attilio Zanichelli

 

La poesia non serve a niente

come tornare per un’altra strada,

seguire l’istinto di una sera,

l’avventura, il giro che arrivi 

dove l’asfalto finisce,

si fa stradicciola. La poesia

è un pensiero che non lascia dormire

la stradicciola da fare senz’altro

che stringe un paese,

che mette felice.

 

Il racconto prosegue con le traversie amorose, l’alternarsi delle vittorie e delle sconfitte nel corso della relazione, e tutto sarà nuovo, davanti una sterminata pianura di promesse, e gli improvvisi crolli, e le ritrattazioni:

 

La nostra vita violenta

 

Lo schiaffo m’arriva dritto in faccia

provocando repentino il contrattacco,

tu sorpresa, certo, certo offesa 

mi ripicchi sulla faccia la tua mano

– io incurante di qualcuno che ci veda

così nuovi alla luce sotto il sole –

poi due pianti a dirotto, poi le mani

loro il primo avamposto

del perdono.

 

Giorgio Casali

Il seguito è un approssimarsi alla conoscenza di sé e degli altri, un interrogarsi sulle radici, “i tuoi morti dove sono? li sento guardarmi dai mobili antichi”, e continua la perlustrazione tra torpori e improvvisi bagliori.

Le varie sezioni sono precedute da piccole prose, preludi tematici preziosi come disegnini profumati, alcune molto molto belle, come quella del pettirosso e quella del nonno.

E tutto sotto il mantello di protezione di rimandi e citazioni illustri, Cardarelli e Rilke, e un titolo che riprende i versi di Sereni, a testimonianza di un percorso che affonda le radici nel passato e tende alla compostezza sentimentale, guarda alla sobrietà espressiva come una salutare conquista.