Risonanze di Massimo Parolini | La pace chiara: note a margine di “D’ora in poi” e “Ho da dirti in segreto” di Adalgisa Zanotto

 

Nel suo dramma più famoso, L’annuncio a Maria, il poeta-drammaturgo francese Paul Claudel fa dire al pellegrino Anna Vercors, di ritorno dalla visita al   Santo Sepolcro di Gerusalemme, di fronte alla morte della moglie e della figlia Violaine: “Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per esser data? E perché tormentarsi quando è così semplice obbedire?». Altrove Claudel scrisse “Non vi è nulla in cielo e sulla terra che l’ amore non sia capace di dare.” Un amore inteso come riconoscimento della volontà divina, di una luce superiore (“Due modi di brillare:  riflettere la luce o riprodurla”, scrisse nel Diario), un’opzione per il sacrificio che in quanto scelta è considerata un movimento quasi impercettibile, come si fa con la mano.

Per lo scrittore cattolico francese “Soltanto il male in  realtà è faticoso, poiché si oppone all’ essere, rifiuta queste grandi forze continue che ci attorniano e ci vincolano.” L’amore così inteso, come donazione, sublimazione e compimento, è al centro delle ultime due raccolte della poetessa vicentina (Marostica) Adalgisa Zanotto: D’ora in poi (FaraEditore 2018) e Ho da dirti in segreto (FaraEditore 2020). Nella prima silloge l’autrice indossa le vesti di Maria Cristina Cella Mocellin che colpita da un tumore durante la sua terza gravidanza ha optato per evitare le cure invasive per il feto, portando a termine la propria gravidanza e poi lasciare la terra a soli 26 anni. Un’assunzione di identità nella quale, come ha scritto Don Gianni Criveller nella sua prefazione, viene usato “un modulo espressivo antiretorico, dimesso, quasi reticente”, adatto al racconto di una scelta “così delicata,  intima” che “merita toni misurati, un linguaggio lieve, che si esprima come per sottrazione”.

Nella prima sezione, “La casa”,  Adalgisa-(Cristina) si rapporta con gli spazi, gli oggetti, gli affetti consueti e si appresta ad un congedo, in un nodo stringente di una scelta che inizia a lievitare, in attesa del miracolo dello schiudersi, fra giorni che pesano nuovi/ così minuti/ dentro una storia semplice. E in questa storia Non importa il tempo che rimane (poiché, ci ricorda ancora Claudel, Non è lo spirito che è nei corpi, è lo spirito che contiene i corpi, e che li avvolge tutti interi):

vorrei scrivere sui muri ancora caldi di estate

            che la vita sparsa nel tempo dell’inizio

inventa una casa nella nostra

                                    una pancia nella pancia

                        e noi dovremmo starle vicino

            seduti muti                 accomodati sulle note

tra le rime dentro il ventre

                                    le risate dentro il pianto

le frasi malate              le ferite da amare

 

Un figlio nel grembo che s’accontenta di briciole, come un passerotto. Un corpo misterioso, quello di Cristina interpretato da Adalgisa Zanotto, attraversato e svuotato, dall’impercettibile al maestoso perché la finitezza/ non compie nulla di più grande/ che tutta la sua storia. Un corpo scelto per costruire una nuova cattedrale (titolo della seconda  sezione), sulla cui porta sarà dipinta solo la bellezza/ di non lasciarsi mai. Un corpo che cresce in un corpo che sa di morire, in un angolo scelto di stanza benedetta, appena in tempo per aprire la porta/ ad un cielo distante.

un calpestio divino nella mia pancia_

saprò contenere la tenerezza?_

Lo Spirito è all’opera (tu il cielo dentro) anche se la creatura ignora la via/ del soffio vitale/ e come si formano le membra/ solo percepisco l’opera/ che rifa nel ventre/ gli occhi della luce

 Un amore che sa esplorare,  che significa fare il salto/ nell’amore che sa esplorare/ là dove siamo partiti

Nel dubbio del proprio getsemani, quando in una sera senza stella/ ho toccato la durezza dell’abbandono… Anche se adesso non capisco/ avvenga quello che ho pensato: nel dono dell’amore stende la sua ala invisibile la nube della non conoscenza della teologia negativa (nel delirante respiro/ di cui so tutto e non capisco niente).  Si intuisce, tremando, non solo un nuovo corpo-cattedrale che cresce ma anche una spanna di anima.

E il vassoio di tenerezza (in conca cava) è assonante con il dolore con la buccia spessa.

mi sento scomposta mentre rifondo in parole

                                    [mute un grido alto

e assoluto

fatico riconoscere un dio che mi ama

                                    anche se sono certa

            mi insegue e non mi lascia

            questo mi ha chiesto

                        dare la vita, non altro,

lo sapeva che l’avrei fatto

            che gli avrei prestato ascolto

per questo sarò perdonata

 

Un sentirsi abbandonati che poi, nella rinascita (quarta sezione della raccolta), si fa gelassenheit, abbandono mistico a Dio, affidamento: così serena non ricordo d’esser mai stata/ così abbandonata/ così tenera e perduta/ come se mi fossi appena conosciuta

Alla fine la madre, per la poetessa che ne indossa le vesti, arriva alla consapevolezza che Siamo amore per un pezzo di tempo giusto/ niente più, che la scelta viene fatta Per l’ amore che muove il sole e l’acqua/ per amare tenacemente un figlio/ si fa per amore/ una gioia segreta misteriosamente reale e che, immersi nella luce della Grazia,  Non siamo soli     solo provvisori: il grembo, scelto da Dio per dare la vita, è parte di un niente scelto dal Tutto per compiere la sua opera: D’ora in poi/ l’eternità trascorre grata/ dentro un ventre nutrito.

 

E’ un amore venuto da sé, quello che canta la poetessa, anche nella seconda silloge (Ho dirti in segreto), dedicata al marito Beppe, nella gratitudine di un incontro che è accadimento di un giorno e di tutti i giorni dell’ incontro, nell’ascolto di un dolore che appartiene a un’ anima senza dimora, nel commuoversi verso un frutto invisibile, che unisce e offre la gioia dello stare assieme. Nell’insegnare il confine aperto la libertà nomade di andare, entrare, stare dentro. Perché non si possono conoscere tutte le carte, si può solo fare la propria parte. Nelle ore immerse/ in una grazia sconosciuta  l’amore non occupa il centro/ ma neppure un posto diverso. Un pensiero cattivo può avvelenare, lasciare amarezza nella lingua, versare ferro nel piatto:  Facciamo che quel che rovina/ non possa durare. E’ un amore verso chi ha l’umiltà, che si riceve se si accoglie. E’ raccogliere la sorpresa del respiro posandosi sull’altro: l’importante è dirsi sempre la verità. E in questa comunione niente è come sembra: le potature dell’anima e della carne, così come ogni foglia/ e parola vanno viste/ nel tabernacolo dei giorni. E’ un procedere sbadati, lenti, fra piante di limoni, ciliegi e prunus, fra ulivi, meli bassi, l’orto, le primule, le api e i grilli: uno sbilanciarsi nell’incontro con una luce desiderata verso una gioia bianca che si fa preghiera. Il tempo abbonda di spine: il corpo scavato sui dolori è  vinto da una fede che ha la voce della neve. Fra presenze umili che vorremmo/ appena intuire, tra fragili steli che danzano/ la meraviglia dei germogli. Si può offrire/ solo/ ciò che ci appartiene un volto vero da abitare: l’altro, come nel filosofo francese Lévinas, è il limite che ci interroga, sul quale inciampiamo, la rivelazione della trascendenza, l’epifania che ci apre al mondo.  Le mani dell’amato sono un continuo movimento con la matita o sull’argilla: il segno disegna le forme del vissuto, le mani le rendono plastiche, mentre i versi  si sfanno in una clessidra senza vetro: il dolore non detto va a rimuovere l’inchiostro delle parole: l’amore si fa movimento che ancora una volta trascorre e trasforma: Credo a questo cambiamento/ di sguardo pratico sulla vita e la morte/ in questo scarto scorre l’esistenza/ lasciando ribaltare nell’ora imprevista/ tutto ciò che non chiamo vita.

Dio disegna la totalità e impasta l’argilla degli uomini, si propone nell’amore e come amore, alla loro libertà: la resurrezione è all’opera.

 


Adalgisa Zanotto vive a Marostica (VI). E’ coniugata e madre di tre figli. La passione per la scrittura l’accompagna da sempre, “scompagina la sua vita, fa crescere la sua libertà, allunga i passi del suo cuore”. Suoi racconti e poesie sono inseriti in diverse opere collettanee.
Ha ricevuto vari riconoscimenti. Nel 2016 con FaraEdtore ha pubblicato “Celestina”, una raccolta di racconti. Nel 2017 al concorso Versi con-giurati ha ricevuto la pubblicazione premio di “Sussurri e respiri”, una raccolta di poesie contenente la plaquette “Scendo piano” di Edoardo Gazzoni. Nel 2018 ha pubblicato l’opera poetica “D’ora in poi” (FaraEditore) (Menzione d’onore al Premio Lorenzo Montano 2018 e Menzione di merito al Premio Di Liegro 2019), con prefazione di Gianni Criveller, premiata al Città di Forlì 2019. Nel 2020 ha pubblicato (sempre con FaraEditore) la raccolta poetica “Ho da dirti in segreto” (con prefazione di Pierangela Rossi e introduzione di Massimiliano Bardotti).