A tentoni nel buio di Paolo Polvani | Come gatti su tegole incerte, note di lettura a La poesia delle donne in Puglia (Tabula Fati, 2022)

 

È prassi consolidata, in ogni antologia che si rispetti, che i curatori dichiarino che la scelta è incompleta e si presta a critiche circa la selezione degli autori. La poesia delle donne in Puglia, edito da Tabula Fati nel 2022, non sfugge a questa consuetudine; propone un saggio della produzione poetica di undici poetesse pugliesi, selezionate secondo alcuni criteri esplicitati nella presentazione dal curatore Daniele Giancane, e modulati in base a un sistema temporale, poetesse veterane, di lungo corso e autrici affacciatesi alla ribalta in tempi più recenti. Per la categoria veterane e di lungo corso annoveriamo Ada De Judicibus, Elena Diomede, Rosalba Fantastico di Kastron, Marta Mizzi, Giulia Notarangelo, Grazie Stella Elia, Giulia Poli di Santo.  

La situazione della poesia in Puglia è naturalmente molto frastagliata e variegata, come credo dappertutto, e non è agevole per nessuno fissare in  una mappa quello che è in continua evoluzione, ed è così che tra le autrici pugliesi che vivono fuori regione non viene menzionata per esempio Lucia Cupertino, e tra quelle invece residenti e operanti in loco pesa l’assenza di Claudia De Palma e di Paola Mancinelli, entrambe giovani, molto brave e attive anche in territori artistici diversi dalla poesia.

Ma sicuramente sono sfuggite anche altre protagoniste della poesia in Puglia, e di tale mancanza non si può incolpare il curatore dell’antologia.

Qui mi interessa piuttosto individuare gli elementi di novità rispetto alla produzione poetica del passato.

 

 

Nella poesia di Teodora Mastrototaro sono i maltrattamenti inferti agli animali da allevamento a trovare voce, una voce cruda, diretta, sostenuta da immagini di grande forza espressiva, sulla scena le sofferenze degli animali condotti al macello; è un tema affrontato con grande coraggio, lucidità, e soprattutto efficacia estetica e certifica sia una grande sterzata tematica all’interno della produzione poetica, sia un nuovo modo di volgere lo sguardo verso la realtà,  e  comporta una scelta stilistica radicale, perché per risultare convincente l’autrice deve spingere sull’acceleratore della brutalità dell’esistente: “Ancora cosciente mi rivolti vivo nella vasca / l’acqua bollente rende tenera la morte”.

Nel corso di un’intervista rilasciatami in occasione dell’uscita del suo libro Legati i maiali, Teodora spiegava un importante aspetto: “Nella prima parte del libro sono gli animali a parlare, nella seconda ci sono i lavoratori del mattatoio o degli allevamenti, ma anche gli animali, perché loro, in quei luoghi, nascono, crescono, muoiono. Nella seconda sezione del libro il punto di vista si ribalta e affiorano altri dettagli, l’inferno è variopinto, si sa. Attraverso le parole dei lavoratori il sacrificio delle vittime si afferma. Nella seconda parte si afferma l’olocausto e l’innocenza animale:

“Ci sono storie di bovini / che cercano di scappare / infilando la testa sotto le grate / rimanendo incastrati/ Ci sono poi storie / di liberazione degli animali / quando l’unico modo / per salvargli la vita / è mozzargli la testa / mentre sono lì / ancora in vita.”

Il tema degli allevamenti intensivi di animali è interessante e attuale, perché investe il piano della sensibilità soggettiva, il versante etico, e sollecita una critica radicale per via degli enormi sprechi di risorse che comporta.

Lo storditore punta la pistola

all’altezza della macchia a forma di stella

sulla fronte del cavallo in fila.

L’occhio che schizza dalla cavità orbitale

lascia una scia luminosa di plasma

visibile per pochi secondi.

La stella è diventata una cometa.

Lo storditore esprime un desiderio

ammirando quel corpo celeste morente

che attraversa un pezzo di cielo.

 

(da: Legati i maiali, Marco Saya editore)

*

 

Di un’altra autrice interessante, Monica Messa, mi colpisce la leggerezza, il bagliore di un’agra ironia, utilizzata nella scelta dei titoli dei volumi fin qui pubblicati: Seppie ripiene, del 2018, e Il logorio della vita moderna, del 2021.

Prorompe qui uno sguardo che afferra la contemporaneità per le corna, affonda il rasoio affilato del verso nella carne viva dei rapporti umani, guarda in faccia la realtà: “Si può prendere il dolore / – quando è tanto – / e trasformarlo perfino in canto”.

Non conosco a fondo la produzione di questa autrice, tuttavia trovo che sia nei testi contenuti nell’antologia, sia in quelli letti in maniera sporadica in rete, sia percepibile l’adozione di un linguaggio disincantato e di uno sguardo obliquo che lascia filtrare un approccio di tipo ironico, la luce di una consapevolezza altra e alta, uno spirito, un atteggiamento che non mi risulta essersi manifestato precedentemente in autrici pugliesi.

Alcuni versi di Monica, di un componimento il cui titolo è Artigiani di parole, recitano: “Scrivo / con la penna e col rasoio / parole che nascono per caso..” ed è questa presenza del rasoio che credo costituisca una novità stilistica e programmatica interessante.

La mia specialità

A lasciare appassire i rapporti

sono bravissima, io.

Non coltivarli,

guardarli sfiorire

con ostentata inedia

è la mia specialità,

per tornare

alle mie piccolezze,

chiusa tra il dare e avere

con il caso e con Dio,

alla mia solitudine

che col tempo

ho chiamato libertà.

 

(da: Il logorio della vita moderna, 2021)

*

 

Una nuova luce di leggerezza e semplicità espressiva ritrovo anche nei versi di Maria Pia Latorre, attraversati dalla presenza di un refolo di sorriso, una corrente buona che riscontro persistente sul viso di questa insegnante appassionata e positiva, una bella coincidenza tra il sentimento che attraversa la sua produzione poetica e l’espressione del suo volto.

Trovo che il materiale di cui è intessuta la poesia manifesti una maggiore ricettività nei confronti delle incertezze, si predisponga meglio in presenza del dubbio, piuttosto che nello sbilanciarsi in affermazioni perentorie, così mi piace l’atmosfera interrogativa, trovo che le domande attivino una corrente empatica con il lettore, lo inducano a rendersi parte attiva, pertanto trovo stimolanti e poetici i versi: “sanno le nuvole / la strada del ritorno? / Quanto conta l’assenza?”.

Una novità interessante che riscontro nella poesia di Maria Pia è l’aver ridimensionato il tema dell’amore, averlo ricondotto in ambiti più umani e meno inclini al mito. Il tema dell’amore si è ramificato in mille rivoli, diventa qui la passione per il proprio lavoro inteso come missione, attenzione alle proprie radici, diventa l’attenzione ai temi della salvaguardia dell’ambiente (Maria Pia ha favorito la realizzazione di una bella antologia, L’isola di Gary, che ospita poesie ecologiste, inoltre è attivamente impegnata nello stimolare la sensibilità dei più piccoli verso questo tema, e a tener vivo il desiderio di ripristinare la salute del pianeta).

Montepiano

Scrutiamo il futuro

a passi felpati

come gatti su

tegole incerte.

Hai preso la mia vita

e ne hai fatto felicità.

Le nostre promesse

sollevate dal vento

tra i vicoli pietrosi

un tetto di carta

indorata

la quiete che ferma

il tempo

sulle nostre teste.

 

(da L’enigma dei crochi, Tabula Fati 2020)

*

 

Infine Mara Venuto rappresenta una bella scoperta! Una padronanza e sicurezza di stile prima di tutto, uno sguardo che sa attivare l’incantesimo della poesia, quella qualità che ci regala la sensazione di essere noi gli esatti destinatari di quelle parole, come se quei versi a lungo ci avessero atteso per risvegliarci a quello che avevamo momentaneamente dimenticato:

Passa

Non cambia niente,

dice un uomo che mi passa accanto

eppure, cambia l’ora

in staffette di secondi in fila,

cambia la stagione senza avvisare

e il colore dell’aria che respiro.

E anche il tempo cambia, si contrae

un singhiozzo nel petto annega

in un sorso d’acqua, e si spegne

con uno spavento bambino, nato

dalla mia paura di restare impassibile

inanimata carta fotografica,

mentre tutto passa.

 

(da: Gli impermeabili, Casa editrice & libraria 2016)

 

Ci sono splendidi contrasti, da una parte il caldo placido, la calma che addormenta i pomeriggi d’estate, “riconosco la quiete quando la vedo passare”, dall’altra una terra che sanguina papaveri, e bestie feroci dalle bocche urlanti, e una città che non insegna la sua lingua.

 

Mi tormenta la luce e il caldo placido

delle cicale enormi, le immaginavo altro

infinitesimi dolori nascosti nell’utero di un tronco.

Sono bestie feroci dalle bocche urlanti cantano

invece di piangere forte la calma

che addormenta i pomeriggi d’estate e gli uomini

sulle pietre aguzze dove atterra il riposo del collo,

congiunzione delle orecchie alle parole d’amore

senza nessuno a sentirle soffrire.

 

(da: Questa polvere la sparge il vento, Casa editrice & libraria 2019)

*

 

ph Francesca Woodman. Polka-Dots-5-Providence-Rhode-Island-1976-1977