A tentoni nel buio di Paolo Polvani | Esserci è la notizia che percorre l’universo. Note di lettura a L’agguato della tenerezza, di Alessandro Cannavale (Besa Muci Editore 2023)
Quanto la biografia influenza il procedimento poetico? Quali strette, o larghe, connessioni tra la vita quotidiana e i versi che buttiamo giù? Me lo chiedo leggendo il libro di Alessandro Cannavale, L’agguato della tenerezza (Besa Muci editore 2023), perché conosco Alessandro e so che, da giovane ingegnere nonché ricercatore e insegnante all’università di Bari, da lungo tempo è pendolare. Quanto la pendolarità è riscontrabile nei versi? Perché la poetica di Alessandro oscilla tra una vocazione epigrammatica, deducibile non solo dalla brevità del testo, ma anche da una sua icasticità precisa, dal taglio netto con cui le parole s’incidono sul bianco della pagina, arricchita da un’eco moraleggiante, e una decisa spinta narrativa, dove il ritmo della vita quotidiana si fonde con la memoria, con i sentimenti, spesso familiari, e cede, di frequente, all’agguato della tenerezza. Un esempio del primo caso è questa poesia:
Tu ricorda che nasciamo
come naufraghi dal mare.
È sempre un salto la vita
dentro un buio
che trangugia luce.
Qui gli incroci fonetici tessono una trama dalla sonorità accattivante, dove la parola nasciamo nasconde in sé il rumore dello sciabordio marino, dove la sequenza delle u di buio, di trangugia e della stessa parola luce tracciano una sequenza che visivamente rende il movimento del nascere e morire, del sorgere dal mare e dello sprofondare poi in quel buio che diventa metafora del mistero che ci attende e della morte che trangugia la vita. Stessa risonanza morale nei versi finali di un’altra poesia: “la pancia di un paese / un grande pesce muto / che ingoia tutto e tace”. Per inciso c’è molta mediterraneità nella poesia di Alessandro, i flutti, le onde, l’idea del mare ricorre frequente: “Scrivo perché mia madre / il mare da cui provengo, / mi ha messo un’onda nel braccio”.
Il richiamo della narrazione è invece emblematico in questo testo:
Il suo civico è una panchina
quando passo per salutarlo
fa un gesto con il braccio
un invito ad accomodarmi
quasi a fare gli onori di casa.
La sensazione di pendolarismo ritorna nell’alternanza tematica, a poesie a tema civile, di respiro pubblico, seguono testi in cui sono gli affetti privati a prendere la scena. Così a un testo dedicato alla fiducia nelle forze dei giovani, nella loro energia innovativa, in cui afferma: – Preferisco i giovani / perché ad essi soltanto / è permesso sbagliare -, fanno da contrappunto testi in cui si mostra, in maniera discreta, compunta, la gratitudine per la madre, per il padre: – La lezione più grande / il silenzio operoso / delle vostre vite -.
La raccolta è ricchissima di squarci lirici improvvisi ed efficaci, riportarli tutti significherebbe proporre la totalità dei testi, mi limiterò a riportarne alcuni a titolo di esempio, come quel buio aguzzo che addenta i silenzi delle case vuote, e soprattutto, “il bel cataclisma di luce / che chiamiamo giorno”, e ancora, sempre legato al tema della luce, molto presente nei testi: “Guarda, è un filo la luna stasera: / un’unghia di luce sospesa”; in certi casi il tono si fa perentorio e moralista: “dietro ogni volto / c’era una volta un bambino”.
Inoltre le dediche a Scotellaro, a Salvemini, e quelle iniziali a Vito Teti e ad Angelo Vassallo denotano un indubbio interesse per tematiche legate al meridione.
Scrive Elisabetta Destasio Vettori nella prefazione: “In modo esplicitamente connesso, presente nei versi di Cannavale vi è un anello portante e fondante e che è rappresentato dalla terra madre, l’attaccamento ad essa, la riconoscenza per i luoghi che hanno generato la vita in tutte le sue prospettive, angolazioni, compresi i punti deboli, i difetti e le fragilità della catena di appartenenza. L’accettazione della morte, la sacralità e la benedizione delle nascite”.
Infine un’ultima notazione a riprova della validità e ricchezza di certe alternanze, che non costituiscono contrapposizioni, ma integrazione di valori: scrive Bifo a proposito del soggetto politico che potrebbe cambiare, rivoluzionare il mondo, considerato che non esistono più le masse operaie e contadine, protagoniste dei movimenti degli anni ’70, portatrici di esigenze di giustizia e di cambiamento; dunque ciò che servirà per cambiare il mondo, renderlo più giusto e più vivo, è l’alleanza tra l’ingegnere e il poeta. È da questa apparente contrapposizione, la precisione matematica da una parte, e la massima creatività, fantasia, dall’altra, che può nascere un mondo nuovo. Ora nel caso di Alessandro queste due anime, dell’ingegnere e del poeta, coesistono biologicamente, e i risultati dell’alleanza sono di evidente ottima qualità.
Amo le parole
che sgorgano reduci
da lunghi silenzi.
Solo per caso, senza cercare,
s’imbocca la via dell’incanto.
° ° ° ° °
Ricordo l’odore di casa
di tana e di pane buono,
il bianco delle pareti
misurato spanna a spanna
nei pomeriggi di noia,
e quel buffo orologio
che facesti in legno
con lancette di fortuna,
a forma di casetta
col tetto che spioveva
e un’enfia botte
davanti alla porta.
Il cielo che si sporgeva
dalla finestra
come una bestia curiosa.
La luce d’inverno
tagliava la stanza
fino in fondo,
fino al biondo
dei capelli di mamma.
I silenzi erano pieni d’ogni cosa:
nei vostri occhi
il giardino fioriva dell’età.
Eravate voi, allora, la rosa.
° ° ° ° °
Scrivo perché mia madre,
il mare da cui provengo,
mi ha messo un’onda nel braccio.
Scrivo per quelli che han visto
e glielo si legge in faccia.
Scrivo per chi ha il viso arso
dal giorno in cui si è perso.
° ° ° ° °
Esserci è la notizia
che percorre l’universo:
concepire l’infinito
in un palpito
conservarlo con cura
nell’ovatta di un sogno,
nascondere il dolore
in una bugia, se occorre.
Il tramonto accarezza
i ritardi sulle mie scadenze.
E ci sei tu
come accento nuovo
dentro la mia voce.
Alessandro Cannavale è ingegnere e ricercatore universitario nel settore della fisica tecnica. Allena l’anima nella palestra della poesia. Si occupa di Questione meridionale e di divulgazione scientifica; collabora con diverse testate, tra cui Il fatto quotidiano, Basilicata24, e La Repubblica. Ha scritto A me piace il Sud, con Andrea Leccese (2017), per Armando Editore. Finalista nella sezione poesia inedita al Premio Letterario Nabokov (2017). Con Les Flaneurs Edizioni ha pubblicato le sillogi Versi randagi (2019) e Il sarto dei piccoli strappi (2020), opera finalista al Premio Letterario Nabokov nel 2022.
07/04/2024 alle 22:38
Un riconoscimento autorevole si aggiunge alle voci che si sono espresse positivamente su questa raccolta e sul suo autore che conferma la qualità della sua poetica.
Uno studioso di scienza che non si trasforma in un dilettante quando scende dalla cattedra…