Il panier. Procedendo senza una prefissata direzione – come la vispa Teresa a caso dietro una farfalla – solo attratta da qualsiasi novità, all’improvviso sono capitata sull’idea del vestito gonfio. Per fare un azzardato paragone, come la visibility degli Indiani d’America era data da un dettaglio che evidenziasse la loro provenienza etnica, la mia visibility è a quel punto diventata l’occupazione esagerata dello spazio. Per fortuna, per quello che devo fare nella mia giornata, non ho l’obbligo di una tenuta seria. Le mie prime sottogonne sono state strati di tulle, poi strati di balze, poi cerchi e poi anche strutture miste e sovrapposte, ancora più ingombranti. Una forma un po’ diversa che ho trovato interessante è stata quella a panier, che non è una normale impalcatura a cerchi tondi, ma si sviluppa in orizzontale per allargare i fianchi. Ho pensato di modernizzarla e invece di servirmene come supporto classico di un vestito teatrale settecentesco e lungo, ne ho fatto un buffo vestitino corto ricoperto di volants e con qualche foglia e fiorellino colorato cuciti qua e là per interrompere la monotonia.
23/05/2021
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