Angoli di poesia di Luca Ariano | Gianfranco Lauretano, Questo spentoevo (Graphe.it, 2024)

 

 

A distanza di sei anni (Rinascere da vecchi) dall’ultima raccolta di versi, Gianfranco Lauretano pubblica per Graphe Questo spentoevo. Lauretano, nella sua nota finale, confessa che questa raccolta è nata in seguito ad un periodo della sua vita durante il quale si è dedicato alla poesia di Giorgio Caproni. Il titolo potrebbe essere caproniano, ma è invece profondamente lauretaniano, di un poeta da sempre lirico, però con un’attenzione particolare a quello che accade attorno e alle vicende umane. Non ho scritto altro che d’amore è quasi una dichiarazione di poetica: “Non ho scritto altro che d’amore / non perché ne sia capace / ma perché percuote le mie ore.” Emerge in questo testo tutto il lirismo del poeta romagnolo (nativo della Campania), mentre nella poesia Questo spentoevo sta finendo (con in esergo versi di Montale) vi è un occhio attento a questa nostra disastrata epoca, a questo evo che spesso ci lascia spaesati e senza punti di riferimento: “Questo spentoevo sta finendo / in un evento che si desta / alza la testa e smette il sonno.” Questo testo riprende il titolo di una silloge del 2013 che però è stata riscritta tagliando molti versi. Non è evidentemente un caso la citazione di Montale, infatti questa raccolta così caproniana (sicuramente negli intenti) ci riporta anche all’ultimo Montale, quello da Satura in poi, sia nel linguaggio piano, sia per una certa ironia e disincanto. La bestia (forse il titolo più caproniano di tutto il libro) è un’invettiva al servilismo e alla piaggeria di molti personaggi pubblici di questo Paese: “Ringhia il servo del potere / non lo senti, sta in silenzio / bada alle apparenze /ma tu sta’ pronto, prepara / la cinghia. // Tra il bene e il male / solo esigue differenze. / Il male non lo vedi bene / si confonde nella vista / si camuffa con sapienza / quasi quasi come il bene / è un riformista. // La bestia incivilisce / cela il suo furore / esibisce buone maniere / pensa positivo / lo si vede tutte le sere / fa il conduttore televisivo.” Vi è dunque un’evidente musicalità che pervade tutta questa raccolta, infatti Lauretano, fin dai suoi esordi, presta molta attenzione alla metrica al pari del poeta genovese. Come già accennato, la tematica è lontana dalla “Bestia del poeta livornese ed è più vicina al secondo Montale. L’autore, in tutta la sua poesia, ha sempre evidenziato una tensione religiosa, un interrogarsi, una ricerca di conforto e anche in Questo spentoevo vi sono testi legati a questa tematica come Dio non c’è, ma, a differenza di Caproni, Lauretano non nega il divino, al contrario ne trae forza, conforto, fede e fiducia: “Dio non c’è, sta lavorando / se n’è andato dove / per crederlo non chiedono / le prove. Dio non c’è / perché si è spostato, non è / maleducato e non risponde / per forza, non impone / il suo stato a chi non fa un gesto / che non sia domandato.” In questi versi vi è forse una tensione legata al primo Betocchi (non quello scettico degli ultimi anni) e a Turoldo, ma il tono ha sempre quella lieve profondità tipica della poesia di Lauretano. Centrale nella raccolta il poemetto Risposta a Leopardi che è un’altra dichiarazione di poetica o forse di intenti e speranza: “Cara Beltà, perché succede ancora / l’emozione, l’inferno / della pulsazione / e tutto non sta fermo / se poi non è quello / l’assoluto, l’attimo.” In questi versi vi è tutto il Lauretano che ancora sa stupirsi, che ancora sa cogliere il bello nell’inferno quotidiano: “Cara Beltà, falla finita / di incarnarti in queste / occhiate e se non sei tu, / davvero tu, non essere / promessa della vita / in quello che ha virtù / di morte.” Chiude questa breve raccolta il poemetto Lo spirito della neve dove il poeta, giorno per giorno, da lunedì a domenica attende un nuovo avvento, il disgelo di questa epoca dove la neve diviene metafora dei rapporti umani e non solo: “Dietro le nubi persiste un sole / ma ama andarsene e tornare / seminare la storia un’altra volta.” Proprio in questa chiusa c’è tutta l’essenza di Questo spentoevo in cui il poeta si interroga non solo su se stesso, ma sul mondo e su quale direzione sta prendendo l’umanità. Libro, come detto, più caproniano nelle dichiarazioni dell’autore e in una certa musicalità, ma sicuramente aggiunge un altro tassello alla poetica ben consolidata di Gianfranco Lauretano, uno dei poeti più interessanti e fedele a se stesso della sua generazione.

Luca Ariano

Togliti dalla lontananza

Togliti dalla lontananza
vieni, entra nella stanza.
Fallo tu perché i muscoli
non rispondono, non riesco
a dare ordini e non ho più
ricordi di bellezza. Vieni
in virtù di queste braccia
tese, come una brezza
fanne ali stese, madre
mia ti supplico col residuo
di energia disperdi la paralisi
che mi strazia e tienimi in quel
grembo pieno di grazia.

 


Gianfranco Lauretano è nato nel 1962, vive a Cesena. Ha pubblicato i volumi monografici La traccia di Cesare Pavese (Rizzoli, Milano 2008), Incontri con Clemente Rebora (Rizzoli, Milano 2013), Guido Gozzano. Il crepuscolo dell’incanto (Raffaelli, Rimini 2016), Federigo Tozzi. Una rivelazione improvvisa (Raffaelli, Rimini 2020), Beppe Fenoglio. La prima scelta (Ares, Milano 2022), le traduzioni dal russo Il cavaliere di bronzo di Aleksandr S. Puškin (Raffaelli, Rimini 2003), La pietra di Osip Mandel’štam (Il Saggiatore, Milano 2014), alcune raccolte di poesia, tra cui Occorreva che nascessi (Marietti, Milano 2004), Di una notte morente (Raffaelli, Rimini 2016), Rinascere da vecchi (Puntoacapo, Alessandria 2018), Molitva tela (Free poetry, Mosca 2019) e il volume di critica letteraria sulla poesia romagnola Nekropolis, Romagna (CartaCanta, Forlì, 2023). Dirige la collana Poesia contemporanea e l’Almanacco dei Poeti e della Poesia Contemporanea (Raffaelli, Rimini), la rivista di arte e letteratura Graphie (Il Vicolo, Cesena) e la serie di volumi critici annuali sulla poesia contemporanea L’Anello Critico (CartaCanta, Forlì).