Spazio di Claudia Zironi | Note a margine di un manifesto inespresso
In questi giorni, i post in Facebook di due poeti di alta caratura quali sono Christian Sinicco, il quale allarga poi il campo in un correlato articolo su Poetipost68 (qui i link al POST FB e a LA GIUNGLA DEL DIBATTITO), e Annamaria Ferramosca, la quale riporta un intervento che aveva in programma per un convegno romano sulle riviste e i blog di poesia (qui il link al POST FB), mi hanno dato modo di riflettere sull’ambito caotico nel quale ci muoviamo e di riordinare le idee in merito creando correlazioni tra cause, effetti e desiderata.
Non posso che essere d’accordo con Sinicco sul fatto che, come scrittori, siamo responsabili di prendere posizione per la difesa dei valori in cui crediamo i quali, tuttavia, non sono gli stessi per tutti. Quindi va da sé che ci sarà chi raccoglierà un invito ad aderire alla realtà o a preoccuparsi e indignarsi per l’Ungheria o per Israele/Palestina, ecc… e chi invece farà scelte scrittorie di tutt’altro tenore. Comunque, se davvero “esiste un tempo per…” (Ecclesiaste / Qoelet) ora io credo che sia il tempo per guardare al mondo, e che lo si debba vivere uscendo fuori dall’individualismo, per creare comunità aperte, consapevoli e resistenti, e sia, di conseguenza, anche il tempo di aprire gli occhi su noi stessi smascherando i giochini che giochiamo a beneficio dell’ego di genesi sistemica (questo ego ipertrofico stimolato dal consumismo che monetizza ormai tutto di noi, incluso il dissenso, e che si nutre di individualismo), in tutti i settori, compreso quello poetico. Non abbiamo la bacchetta magica per cambiare le cose, ma cominciamo a prendere atto che gli spartiacque generazionali (anche questi diretti derivati del divide et impera, testa d’ariete del neocapitalismo), la costituzione di lobbies attorno a centri di potere, l’illusione di fare la differenza come singoli individui, non aiutano di certo il progresso sociale in senso umanistico e umanitario.
Sinicco cita poi nel suo post i festival che non conferiscono rimborsi agli invitati e i sedicenti esperti di editoria che non sanno neppure richiedere una visura camerale. A mio avviso sono fenomeni come tanti altri che fanno parte del gioco della proliferazione dell’individualismo come sue manifestazioni o come forme di sfruttamento dello stesso: oggi plotoni e plotoni di poeti che si sentono i migliori del mondo, di tutte le età, mettono su ognuno il proprio festival, il proprio blog, la propria rivista, il proprio podcast, il proprio premio, il proprio corso di scrittura, la propria lobby, la propria collana editoriale, la propria casa editrice, la propria agenzia letteraria, scambiano favori, si recensiscono tra amici, fanno finta di non sapere che pubblicano a pagamento e via dicendo, sgomitando per far uscire un attimo la testa dal grande calderone che loro stessi hanno contribuito a creare.
Non a caso tutto questo, che già esisteva nel sommerso, coperto da pudore, è esploso nel periodo pandemico e post pandemico (che un giorno verrà indicato come spartiacque importante nella declinazione di tendenze e correnti poetiche del XXI secolo). Ma lascio che ad analizzare il fenomeno pandemico siano sociologi e psicologi.
Qui mi riaggancio al post di Ferramosca, la quale propone di creare una sorta di coordinamento tra riviste per promuovere e dare risalto ai poeti “veri” nel mare magnum che li sta sommergendo.
Poiché da undici anni sono tra i fondatori e nel direttivo di questa realtà che è Versante Ripido, e al contempo ho avuto modo di collaborare con la redazione della rivista Le Voci della Luna, e di fornire articoli per varie altre pubblicazioni online e in cartaceo, l’attuazione di tale proposta mi riguarderebbe da vicino.
VR, che qualche anno fa godeva di grandissima considerazione, oggi è stato sommerso, esattamente come accade alle voci poetiche meritevoli, dalla massa informe di blog, riviste, podcast, rassegne social, ecc… della cui origine parlavo sopra.
Se da un lato mi potrebbe far piacere il bel fermento attorno alla poesia – se non fosse che è un fermento autoriferito e purtroppo non esce dal mondo poetico che, per quanto oggi allargato, non riguarda che una minima parte dei lettori italiani – da un altro mi preoccupa la proliferazione di proposte di scarsa qualità – dovute, come dicevo, all’ego dei singoli promotori che non sono portati a collaborare con le realtà esistenti per farle crescere qualitativamente ma solo per sfruttarne la notorietà nei loro curriculum o per farsi l’esperienza necessaria a mettere su la loro piccola impresa a conduzione individuale o amicale, insomma a creare il proprio cortiletto: se ogni poeta ormai ha il proprio blog, la propria rivista, la propria rassegna, il proprio festival, il proprio premio di poesia… il tutto senza avere vere competenze critiche, chi ne risente è la qualità delle proposte. Non che sia tutto da buttare, beninteso, ma nella frenesia produttiva tanto di buono si perde nel caos del troppo.
In realtà ci sono persone che cercano di fare discorsi seri attorno alla critica poetica, ma sono poche e poco ascoltate. Dunque, la soluzione al problema di distinguere il grano dal loglio – dico a Ferramosca – non è coordinare le centinaia di riviste esistenti affinché identifichino i poeti meritevoli nel marasma in cui stiamo affogando, bensì è dare luce alla critica vera e imparziale, farla ritornare credibile, premiarla di considerazione e consentirle così di affrancarsi dalla dipendenza ideologica da chi le dà il sostentamento economico.
Vorrei ora aprire un capitolo a parte in cui parlare, nello specifico, del nostro Versante Ripido, figlio di un manifesto inespresso, soffocato a torto tra ricerca di leggerezza e pudore.
Innanzi tutto, VR è nato per diffondere la poesia presso i lettori e ponendosi trasversalmente rispetto alle realtà preesistenti, come in staff, raccogliendo nella fanzine i contributi di tutti coloro che avevano qualcosa di pregio da offrire attorno ai temi dati. Non esisteva un concetto di circoletto applicabile a VR.
Quando è nata l’associazione, per ufficializzare la nostra presenza nel mondo, evidentemente qualcosa ha dovuto cambiare in quanto si rendeva necessario offrire servizi per i soci. Quindi tuttora gli associati godono di un occhio di riguardo in alcuni contesti della divulgazione ma non c’è stata alcuna chiusura verso il resto del mondo né perdita di onestà intellettuale.
Negli ultimi anni abbiamo anche scelto di biforcare la strada della diffusione: abbiamo un blog con diversi redattori autonomi, tra i quali notevoli critici, che nelle loro rubriche trattano ciò in cui sono specializzati, in modo che il materiale proposto sia sempre di alta qualità, e abbiamo la fanzine/rivista cartacea e online, a uscita annuale, dove facciamo dialogare la poesia e altre arti con l’attualità, non per dare luce ai poeti ma per contestualizzare la poesia nel mondo vero e cercare così di interessare i lettori ed esperire, noi come redattori, forme di crescita intellettuale – cosa che potrebbe sembrare strana ma, visto che, al contrario di altre realtà, non monetizziamo il nostro impegno che è volontario, ci motiviamo e ci paghiamo con l’ampliamento della nostra conoscenza. Proprio essendo volontari e indipendenti, purtroppo abbiamo scarsi mezzi e oggi siamo stati sommersi, appunto, dall’onda proveniente dai cortiletti e dal mercato della piccola e grande editoria quindi la nostra nicchia di utenti si è sempre più assottigliata, invece che allargarsi.
Abbiamo fatto scelte sbagliate tenendoci lontani dalla creazione di PIL e dai centri di potere e rivolgendoci solo alla sete di sapere (e non di visibilità) del nostro utopico target di riferimento? Forse, ma sono scelte sicuramente coerenti, difendibili e resistenti.
Una cosa è certa, se dovessimo stringere gli accordi auspicati da Ferramosca non sarebbe di certo con le realtà da cortiletto, che sono tante, quindi è poco probabile che VR un giorno aderisca a un tale consesso.
Quanto detto subito sopra, su VR, non annulla però, e non si pensi a una contraddizione non voluta, la mia idea, espressa rispondendo a Sinicco, che si debba lavorare per costituire una comunità poetica allargata, transgenerazionale, che pensi alla poesia in modo civile, critico e scevro da individualismi. Dove la critica, la ricerca e l’arte non siano inquinate dal carrierismo e possano formare un proprio indice (qualitativo) che non abbia nulla a che vedere con il PIL.
Perché in tempi di troppa poesia si deve tornare alla poesia.
Se un manifesto di VR fosse mai esistito, avrebbe recitato la nostra volontà di essere collettività libera e svincolata da interessi economici, ma stretta attorno alla ricerca poetica e umanistica, senza alcun confine dato dall’appartenenza a un genere scrittorio, a una discendenza, a un decennio di nascita o a uno status nel mondo poetico, allo scopo di uscire dall’autoreferenzialità portando buona poesia – criticamente accertata – in grado di scuotere e responsabilizzare le coscienze, di fare memoria, di spalancare mondi – ai lettori.
Consiglio la lettura di
- Crescita qualitativa. Per un’economia ecologicamente sostenibile e socialmente equa di Fritjof Capra e Hazel Henderson, Aboca: International Lectures on Nature and Ecology, 2009. ISBN: 9788895642888
- Respirare. Caos e poesia di Franco «Bifo» Berardi, Luca Sossella Editore, 2019. ISBN: 9788832231076
- Versante Ripido nr.1 2023 Rumore bianco, KDP https://www.amazon.it/dp/B0BT6YHYPN
24/10/2023 alle 08:54
Interessante, appare ben definita la posizione di V.R. e il modo in cui intende muoversi con gli altri gruppi (o singoli) poetici.
24/10/2023 alle 08:58
Gentile Isa, grazie per il passaggio e il commento positivo. Buona giornata
24/10/2023 alle 10:18
Grazie Claudia. Leggo con interesse. Dopo vent’anni o più di personale impegno con la poesia e la sua diffusione, le mie opinioni sono continuamente in evoluzione, si modificano, spesso diventano obsolete o anacronistiche, restano indietro rispetto al tempo che corre e complessivamente rende più complessa sia la vita che l’espressione artistica. Società e Arte sono una lo specchio dell’altra e mai come ora si sono persi misure e riferimenti, quindi mi pare che anche le analisi che cerchiamo di fare, la lettura che diamo a questo momento complesso resti piuttosto vana…
Grazie e buone giornate.
Valeria R.
24/10/2023 alle 10:27
Cara Valeria, grazie per l’opinione che fornisci. Probabilmente dare letture di situazioni in rapido mutamento e’ assolutamente vano, hai ragione. Ma credo che la ricetta ascolto della critica + creazione di una (ritrovata) dimensione collettiva sia comunque valida e asupicabile. Un abbraccio.
24/10/2023 alle 15:38
Sono un po’ di mesi che mi chiedo, davanti a quello che accade in Italia e nel mondo – tra guerre mondiali a rate e genocidi, a che cosa “serva” la poesia e a che cosa “servono” i gruppi di poesia sui social. Perché se esistono avranno una pure finalità? Una risposta in parte l’ho trovata in questa riflessione di Claudia Zironi che interpreto così: in questo momento gli strumenti di divulgazione della poesia riflettono l’individualismo imperante della società, l’impossibilità di declinare un noi.
In questo trovo una connessione con la riflessione fortiniana sulla poesia come parte di un tutto: “…è impossibile e suicida separare le condizioni della scrittura e della lettura dalla riproduzione materiale della esistenza biologica, dunque dal principio di realtà o, per essere meno chiari ma più allusivi, dai modi e dai rapporti di produzione.”(F.Fortini-Conferenza Università Ginevra maggio 1980).
Oggi nei post che si leggono sui social (ne ho scorsi 100 a ritroso su quello di VR ed è bastato arrivare al 26 settembre – una media di oltre tre al giorno…) spicca da una parte la pressoché assenza di interazione reale: pochissimi commenti e se ci sono si tratta di poche parole – “stupendo”, “bello”, “bellissimo” – con 43 like, per quello che contano (meno di “mezzo” a post). Dall’altra la mancanza di qualsiasi riferimento esplicito al reale, che sia la guerra o la crisi climatica: pare che i poeti vivano altrove, in un altra dimensione. Pare che ognuno sia impegnato a fare il suo “verso” sul palco dei social in maniera totalmente parallela e autonoma.
Allora concordo pienamente che quello che manca non è coordinare ma riattivare una funzione critica, anche sui social, che possa fare da filtro all’onda continua, con le parole efficaci di Zironi che sottolineo: “dare luce alla critica vera e imparziale, farla ritornare credibile, premiarla di considerazione e consentirle così di affrancarsi dalla dipendenza ideologica da chi le dà il sostentamento economico.”
28/10/2023 alle 16:16
Gentile Luca, grazie per la tua lettura. Sono felice che ti abbia fornito uno spunto di riflessione e di sentirti vicino alle mie stesse conclusioni. La citazione del maestro Fortini e’ quanto mai azzeccata. Un caro saluto
25/10/2023 alle 15:50
Un’analisi acuta ed equa.
Aggiungo che il panorama si sta ulteriormente complicando con l’ingresso dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’arte. Molti (soprattutto le generazioni dai quaranta in giù) la utilizzano già, senza dichiararlo apertamente e senza porsi troppi problemi, inseguendo il facile consenso che infarcisce maggiormente il proprio meschino narcisismo.
Ieri ho scritto che chi utilizza questa pratica cannibalizza la propria capacità espressiva, quindi se stesso, e non ha capito niente dell’arte.
Ho appreso di un editore che all’IA ha affidato le note di lettura di un volume.
Qui siamo al caos totale.
Non solo eserciti di pseudo-poeti ma tra questi pure gente che copia allegramente dal computer.
E allora?
Che si fa?
28/10/2023 alle 16:18
Cara Maria Pia, grazie per avere arricchito il contesto aggiungendo il riferimento all’AI. Poco tempo fa ho seguito un acuto intervento di Rondoni che proprio per difendere l’arte dall’avvento dell’AI riponeva nel ruolo della critica grandi speranze. Un abbraccio
26/10/2023 alle 07:03
Cara Claudia, dovremmo insorgere tutti contro Il Sistema che mortifica e marginalizza quasi sempre le voci importanti a vantaggio dei pensierini della sera. C’è una pratica perniciosa a sotterrare i bravi, anche da parte degli editori maggiori. Questo spiega il basso livello di tanti libri di poesia in Italia.Avete centrato il segno, interpretando il pensiero di molti. Tuttavia, non possiamo decidere o azzerare gli spazi ipertrofici della libertà. Possiamo però creare una zona di confronto per addetti ai lavori, un regno castale. Abbiamo bisogno della casta dei poeti. Non possiamo più annegare nell’indifferenziata. Casta non in senso deteriore, ma nel suo significato più aperto e positivo: persone che scrivono non per hobby, ma in risposta a un percorso serio di studio e profonda necessità emotiva. Gli hobbisti dei versi della domenica vanno tenuti fuori per non confondere il campo di chi ci mette tempo, cuore e sangue. Sono con voi. Sono stanca. Ma siamo la legione dei resistenti. Non capitoliamo! Troviamo nuove strade per la rinascita della poesia!
28/10/2023 alle 16:19
Cara Monia, non mi piace l’uso della parola “casta” ma comprendo il tuo punto di vista e l’anelito a fare rete salda tra chi non si improvvisa artista della parola. Spero che queste riflessioni abbiano un seguito concreto. Grazie e cari saluti
26/10/2023 alle 23:06
E ‘il 26 ottobre. Sarà questo clima di violenza bellica che stiamo vivendo, sarà la profonda amarezza di fronte all’insipienza umana per la mancata risoluzione di conflitti così rischiosi per l’umanità intera, sta di fatto che pensare alla situazione della poesia italiana per cercare di migliorarla mi sembra quasi un lusso da idealisti, da perditempo che inseguono nuvole. Eppure. Eppure molte delle risposte che sto ricevendo nel mio sondaggio sulla proposta che autoironicamente chiamerò ppp (poiein pro poiein) testimoniano il malessere generale attuale degli scriventi poesia (non chiamiamoci poeti, per favore! Lascimolo fare ad altri dopo un lunghissimo tempo postmortem, quando un larghissimo consenso confermerà il diritto a questo abusato nome).
Un malessere ben evidenziato dal post chiarificatore di Claudia Zironi nel suo noto blog Versante Ripido, https://blog.versanteripido.it/note-a-margine-di-un-manifesto-inespresso/ che giustamente estende il problema degli autori trascurati anche ai blog di poesia meritevoli, sommersi anch’essi dalla proliferazione di gruppi autoriferiti, rassegne, festival, miriadi di case editrici, scambi do ut des in varie forme, etc. Claudia giustamente stigmatizza l’illusione generale montante di “fare la differenza come singoli individui, che non aiuta di certo il progresso sociale in senso umanistico e umanitario”. E’ proprio questa smodata e pervasiva ansia individuale di notorietà, ottenibile con una prassi di cerchie amicali e opportunista che produce il marasma, l’indistinto che oscura quel “tanto di buono che si perde nel caos del troppo”.
Claudia Zironi, come anche Luca Chiarei, propone di far emergere la critica imparziale, farla ritornare credibile, cosa auspicabilissima ma altrettanto difficile da realizzarsi. Certamente bisognerebbe studiarne – con l’apporto di molti – metodi e prassi concrete per ottenere risultati accettabili, che non siano le solite indicazioni di libri estemporanee e mai sistematiche, che mai coprono tutto il nostro territorio, o le solite antologie, espresse da singoli, spesso lette solo da addetti ai lavori e per ovvii motivi limitate nonchè ogni volta per molti versi criticate.
Molte delle voci che si sono pronunziate nel dibattito ( su fb nel mio profilo) credono che solo dalla volontà e generosità di direttori e redattori di riviste che concordemente (prendendo le distanze da qualsiasi linea ideologica, personale o di dipendenza editoriale /economica) si dividano il pesante e delicatissimo compito di vagliare (secondo pochissimi ma universalmente accettati criteri ed esplorando tutto il territorio della penisola) possa venire un risultato ben più accettabile del ”meglio lasciar stare le cose come stanno” “salvare ogni libertà di giudizio” “preferire il caos come interruzione dell”ordine”.
Per passare al concreto, devo dire che ho pensato che questo sia compito delle riviste e non di singoli critici, perchè nella gran parte in esse operano in team di persone competenti, che conoscono e praticano il valore della collaborazione. Si tratterebbe di creare un gruppo numeroso, di certo variabile nel tempo, che esplori le aree geografiche nord, centro, sud-isole con cadenze temporali da definire (per es.1o 2 anni) per indicare opere (da definire nel numero, di certo modesto, rispettando quello degli scriventi poesia in ogni area ), con il fine di indicare le opere di massimo spessore da tutti riconosciuto salvando dall’oscurità opere valide non raggiunte dalla critica .
A volte un problema mostra soluzioni più semplici del previsto, soprattutto quando si vuol fare- insieme – qualcosa di prezioso in cui profondamente si crede. E qui si tratta del bene immateriale più alto, che ha a che fare con il pensiero- parola dell’umano offerto all’umano.
Il valore culturale di questa operazione sarebbe grande proprio perchè essa verrebbe realizzata su base volontaria e gratuitamente, e costituirebbe per i lettori un’indicazione autorevole perchè frutto di condivisione larga di esperti. Inoltre sarebbe un utile servizio culturale perchè fornirebbe materiale di base per un eventuale ulteriore studio da parte delle università.
Per restare ancora nel concreto, poiché da semplice autrice-lettrice di poesia non legata a nessuna rivista cartacea nè online non ho potuto di certo raggiungere tutti i soggetti potenzialmente interessati, chiedo a coloro che sentono di aderire a questa idea di diffonderla a riviste cartacee e online. Saranno poi gli interessati a collegarsi via via tra loro definendo dettagli e operatività. Da parte mia, non posso che augurare buon esito a questa impresa ancora non nata del “fare in favore della poesia”e ringrazio tutti coloro che hanno espresso consenso e coloro che lo faranno lievitare . Sono molto grata anche a coloro che hanno considerano utopica e impraticabile l’iniziativa perchè hanno motivato la convinzione con dichiarazioni che pure hanno un fondo di verità , come : ”linee e visioni inconciliabili delle riviste”; “ingovernabilità e incapacità di dialogo dei componenti del team”; “rifiuto di superere dinamiche opportuniste”. Dichiarazioni che supportano e rinforzano la necessità di seguire meccanismi alternativi pure possibili.
Credo in una imprevedibile dimostrazione che può esserci un più giusto poiein pro poiein, perchè la luce della parola autentica rischiari ogni buio.
***
Mi permetto di riportare qui per esteso la mia mail inviata a riviste e blog di poesia, come da post pubblicato qualche giorno fa nel mio profilo fb perchè da qui il link pare non funzionare, e ringrazio ancora Claudia Zironi per la sua partecipazione e per l’ospitalità del dibattito.
Annamaria Ferramosca
Alla cortese attenzione di direttori, redattori e collaboratori di riviste di poesia cartacee e online
…Riporto qui il testo della mia richiesta posta per iscritto, al tavolo dei relatori durante l’interessante incontro dal titolo “Riviste e blog. una galassia di sinapsi poetiche” tenutosi il 13 ottobre scorso a Roma nell’ambito della rassegna La Poesia, Lingua viva”, promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma, cui erano invitate sette riviste di poesia. A titolo di sondaggio, posto qui l’argomento della mia richiesta a direttori, redattori e collaboratori di riviste di poesia cartacee e on line, di un parere sulla fattibilità di un progetto collettivo di riviste in favore della poesia:
“Alla luce della volontà di collaborazione espressa oggi da tutti voi, direttori/ fondatori e redattori di riviste, vi chiederei, estendendo la domanda anche a tutti i redattori e collaboratori presenti, di esprimervi sulla possibilità di studio e realizzazione di un progetto comune tra riviste, volto a far emergere sul territorio nazionale le opere di poeti viventi che, pur essendo di spessore, rischiano oggi di essere sommerse dalla enorme massa degli scriventi e pubblicanti.
Credo infatti che questo compito, oggi quanto mai necessario e purtroppo in gran parte trascurato dalla critica sia militante che accademica, nonché da scelte editoriali spesso discutibili, possa attuarsi attraverso la collaborazione di un congruo numero di riviste cartacee e on line, seguendo procedure di rilevazione e di analisi concordate, con cadenze temporali costanti e coprendo tutto il territorio nazionale. Questa mia richiesta ha solo valore di sondaggio, per un possibile lavoro futuro di certo complesso e difficile, ma che potrebbe essere realizzato solo con uno sforzo collettivo e coordinato, con un carico equamente distribuito tra riviste, che insieme e fuori da interessi editoriali, economici, ideologici, potrebbero operare in limpidezza e completezza in favore della poesia. Grazie. Annamaria Ferramosca”
Chi tra voi fosse interessato al progetto, direttore o redattore o collaboratore, e si sentisse di promuoverlo e farlo proprio, è pregato vivamente di informarmi per mail o messenger.
Vi ringrazio per l’attenzione. Annamaria Ferramosca
29/10/2023 alle 00:24
In questi anni di attività credo che su VR abbiamo ospitato diverse centinaia di poeti, mirando sempre a offrire proposte di buona qualità. Questo mi sembra il modo migliore di fare critica, di separare il grano dal loglio come dice Claudia. Del resto l’obiettivo che ci eravamo proposti era appunto questo, far circolare la poesia di qualità, prescindendo dalle modalità stilistiche e dai riferimenti personali di ogni singolo autore, ma cercando sempre di riconoscere all’interno delle diverse espressioni il lavoro sottostante, il lavorio, la tensione, la fatica e il dolore a volte da cui nasce la buona poesia. Inoltre, se pur variegato, frantumato, dispersivo, credo che già esista una sorta di ambiente poetico aperto, nel senso che sulle riviste, nei premi, nelle letture pubbliche circola un certo numero di autori che non sono sempre e solo quelli ma spesso sono ricorrenti. Ora se non capisco male si vorrebbe creare un recinto? scrivere sulla lavagna i nomi dei buoni e separarli dai cattivi? e in base a quali criteri distintivi? e perché? Inoltre: è vero, assistiamo a un proliferare di proposte, a un’eruzione di nuovi blog, e tutto quello che dice Claudia, e spesso si tratta di tentativi velleitari. Quali sono secondo voi le cause? secondo me ci sono due motivi alla base di questo zampillare di nuovi autori, o aspiranti autori: il primo è la facilità con cui ci si può proporre, le autopubblicazioni sono un incentivo a sentirsi poeti e le pubblicazioni a pagamento sono un sicuro ed efficace fertilizzante per l’autoproclamazione al rango di poeta. Inoltre viviamo in un’epoca di grande disagio psichico, di confusione, di smarrimento, avremmo bisogno tutti di uno psicoterapeuta possibilmente tascabile, sempre a portata di mano. E la scrittura spesso se non sempre svolge questa funzione terapeutica di calmare le ansie, ammorbidire le tempeste e gli impeti, tenere a bada le paure. I tempi peggioreranno, e quindi il numero dei poeti e aspiranti poeti crescerà nel tempo. Come dice Bifo, per essere profeti è sufficiente saper leggere il presente, e il presente ci dice questo, che il disagio non si placherà, è destinato ad aumentare perché il lavoro scarseggerà sempre di più, perché la ricchezza e il successo saranno appannaggio di sempre meno persone, la competizione feroce spinge a isolarsi, a far perdere il senso di comunità e di solidarietà, e la solitudine non è una buona alleata. Che fare? rafforzare la rete di collaborazioni, stringere nuove amicizie, ma non ci sono ricette in grado di superare lo stallo. Scrivere cose migliori, alla fine la qualità paga, o almeno appaga il senso dei propri sforzi. Inventare iniziative che tendano a riunire le persone. Spingere perché il numero infinito di aspiranti autori divenga anche un infinito numero di lettori, e di acquirenti di libri di poesia. Non mi viene nessuna idea che rappresenti una novità, però credo che mettere barriere, dire io sì e tu no, questo blog è buono e lo tengo e quello lo mando al rogo non sia una buona idea. E che impegnarsi a stabilire una misura di giudizio universale non sia una buona idea. Una buona idea è invece cercare di superare ognuno i propri limiti e impegnarsi nel creare contatti proficui e operativi, inventare situazioni nuove. Ma forse con VR è quello che abbiamo fatto in questi dieci anni e passa? è quello che cerchiamo di fare ancora?
29/10/2023 alle 12:45
Il commento di Paolo cerca di indagare la caotica situazione attuale con un denso taglio sociologico che apprezzo, ma che lascia intatte come speranze i buoni soliti suggerimenti di comportamenti che da sempre invochiamo e che difficilmente vediamo concretizzarsi. Versante ripido, come altri blog di poesia, ha fatto negli anni e continua a fare un notevole encomiabile lavoro di conoscenza di tanti autori, ma verifichiamo che questo non basta a dare un orientamento il più possibile neutro e autorevole , che molti lettori chiedono, sulle opere valide, anche pochissime, tra le tante che via via affollano il mercato editoriale. Non si tratta di mettere barriere di nessun genere, di mandare al rogo nessuno, ma solo di dare indicazioni non attraverso giudizi individuali sparsi, e spesso inaccessibili al pubblico, ma attraverso l’espressione di una numerosa collettività di critici che abbiano concordato insieme gli aspetti sostanziali che fanno di una scrittura un’opera di poesia (vedi post e dibattito su fb). Chi , se non un gruppo molto largo di redattori che abbiano un lunghissimo chilometraggio di lettura può farsi carico di questa necessità? Certamente è un lavoro enorme , che avrebbe senso solo se coprisse le tre macroaree della penisola, non tralasciando opere che per vari motivi restano in ombra, un lavoro che può essere svolto solo se distribuito tra molti e poi confermato da tutti, con cadenze temporali anche lunghe, da definire. Ma soprattutto un lavoro in cui si crede, con la passione di trovare altissime luci nella mediocrità dilagante, e farlo ovviamente prendendo ogni distanza da qualsiasi opportunismo. Un’utopia? O non sarebbe finalmente una presa di posizione di altissimo vaolre culturale , un’inversione di rotta contro l’omologazione e lo svilimento del settore? Meglio lasciar montare il caos , lasciare che tutto prosegua per inerzia? (addirittura ritrovarsi – è già realtà – artefatti con l’apparenza di scrittura umana? ) Riflettiamoci, troviamo la prassi migliore con suggerrimenti utili e concreti, ma invertiamo la rotta!
15/11/2023 alle 08:06
Mi sarebbe piaciuto mettere un “mi piace” al tuo articolo, Claudia, ma non ho un blog e nemmeno una casa editrice, un festival ecc. Allora aggiungo che sono d’accordo con Paolo Polvani e che la mania di fare ordine nel caos del mondo è pericolosa. Lo dico da persona che viene da studi scientifici e che sa che un ecosistema più è complesso e più ha possibilità di sopravvivere. Io non temo la cattiva poesia: semplicemente la ignoro. Ma non voglio e non posso neppure impedire che un’anima semplice trovi un momento di felicità nella vita scrivendo versucoli… Un caro saluto