Spazio di Claudia Zironi | Note a margine di un manifesto inespresso

 

In questi giorni, i post in Facebook di due poeti di alta caratura quali sono Christian Sinicco, il quale allarga poi il campo in un correlato articolo su Poetipost68 (qui i link al POST FB e a LA GIUNGLA DEL DIBATTITO), e Annamaria Ferramosca, la quale riporta un intervento che aveva in programma per un convegno romano sulle riviste e i blog di poesia (qui il link al POST FB), mi hanno dato modo di riflettere sull’ambito caotico nel quale ci muoviamo e di riordinare le idee in merito creando correlazioni tra cause, effetti e desiderata.

Non posso che essere d’accordo con Sinicco sul fatto che, come scrittori, siamo responsabili di prendere posizione per la difesa dei valori in cui crediamo i quali, tuttavia, non sono gli stessi per tutti. Quindi va da sé che ci sarà chi raccoglierà un invito ad aderire alla realtà o a preoccuparsi e indignarsi per l’Ungheria o per Israele/Palestina, ecc… e chi invece farà scelte scrittorie di tutt’altro tenore. Comunque, se davvero “esiste un tempo per…” (Ecclesiaste / Qoelet) ora io credo che sia il tempo per guardare al mondo, e che lo si debba vivere uscendo fuori dall’individualismo, per creare comunità aperte, consapevoli e resistenti, e sia, di conseguenza, anche il tempo di aprire gli occhi su noi stessi smascherando i giochini che giochiamo a beneficio dell’ego di genesi sistemica (questo ego ipertrofico stimolato dal consumismo che monetizza ormai tutto di noi, incluso il dissenso, e che si nutre di individualismo), in tutti i settori, compreso quello poetico. Non abbiamo la bacchetta magica per cambiare le cose, ma cominciamo a prendere atto che gli spartiacque generazionali (anche questi diretti derivati del divide et impera, testa d’ariete del neocapitalismo), la costituzione di lobbies attorno a centri di potere, l’illusione di fare la differenza come singoli individui, non aiutano di certo il progresso sociale in senso umanistico e umanitario.
Sinicco cita poi nel suo post i festival che non conferiscono rimborsi agli invitati e i sedicenti esperti di editoria che non sanno neppure richiedere una visura camerale. A mio avviso sono fenomeni come tanti altri che fanno parte del gioco della proliferazione dell’individualismo come sue manifestazioni o come forme di sfruttamento dello stesso: oggi plotoni e plotoni di poeti che si sentono i migliori del mondo, di tutte le età, mettono su ognuno il proprio festival, il proprio blog, la propria rivista, il proprio podcast, il proprio premio, il proprio corso di scrittura, la propria lobby, la propria collana editoriale, la propria casa editrice, la propria agenzia letteraria, scambiano favori, si recensiscono tra amici, fanno finta di non sapere che pubblicano a pagamento e via dicendo, sgomitando per far uscire un attimo la testa dal grande calderone che loro stessi hanno contribuito a creare.
Non a caso tutto questo, che già esisteva nel sommerso, coperto da pudore, è esploso nel periodo pandemico e post pandemico (che un giorno verrà indicato come spartiacque importante nella declinazione di tendenze e correnti poetiche del XXI secolo). Ma lascio che ad analizzare il fenomeno pandemico siano sociologi e psicologi.

Qui mi riaggancio al post di Ferramosca, la quale propone di creare una sorta di coordinamento tra riviste per promuovere e dare risalto ai poeti “veri” nel mare magnum che li sta sommergendo.

Poiché da undici anni sono tra i fondatori e nel direttivo di questa realtà che è Versante Ripido, e al contempo ho avuto modo di collaborare con la redazione della rivista Le Voci della Luna, e di fornire articoli per varie altre pubblicazioni online e in cartaceo, l’attuazione di tale proposta mi riguarderebbe da vicino.
VR, che qualche anno fa godeva di grandissima considerazione, oggi è stato sommerso, esattamente come accade alle voci poetiche meritevoli, dalla massa informe di blog, riviste, podcast, rassegne social, ecc… della cui origine parlavo sopra.
Se da un lato mi potrebbe far piacere il bel fermento attorno alla poesia – se non fosse che è un fermento autoriferito e purtroppo non esce dal mondo poetico che, per quanto oggi allargato, non riguarda che una minima parte dei lettori italiani – da un altro mi preoccupa la proliferazione di proposte di scarsa qualità – dovute, come dicevo, all’ego dei singoli promotori che non sono portati a collaborare con le realtà esistenti per farle crescere qualitativamente ma solo per sfruttarne la notorietà nei loro curriculum o per farsi l’esperienza necessaria a mettere su la loro piccola impresa a conduzione individuale o amicale, insomma a creare il proprio cortiletto: se ogni poeta ormai ha il proprio blog, la propria rivista, la propria rassegna, il proprio festival, il proprio premio di poesia… il tutto senza avere vere competenze critiche, chi ne risente è la qualità delle proposte. Non che sia tutto da buttare, beninteso, ma nella frenesia produttiva tanto di buono si perde nel caos del troppo.

In realtà ci sono persone che cercano di fare discorsi seri attorno alla critica poetica, ma sono poche e poco ascoltate. Dunque, la soluzione al problema di distinguere il grano dal loglio – dico a Ferramosca – non è coordinare le centinaia di riviste esistenti affinché identifichino i poeti meritevoli nel marasma in cui stiamo affogando, bensì è dare luce alla critica vera e imparziale, farla ritornare credibile, premiarla di considerazione e consentirle così di affrancarsi dalla dipendenza ideologica da chi le dà il sostentamento economico.

Vorrei ora aprire un capitolo a parte in cui parlare, nello specifico, del nostro Versante Ripido, figlio di un manifesto inespresso, soffocato a torto tra ricerca di leggerezza e pudore.

Innanzi tutto, VR è nato per diffondere la poesia presso i lettori e ponendosi trasversalmente rispetto alle realtà preesistenti, come in staff, raccogliendo nella fanzine i contributi di tutti coloro che avevano qualcosa di pregio da offrire attorno ai temi dati. Non esisteva un concetto di circoletto applicabile a VR.
Quando è nata l’associazione, per ufficializzare la nostra presenza nel mondo, evidentemente qualcosa ha dovuto cambiare in quanto si rendeva necessario offrire servizi per i soci. Quindi tuttora gli associati godono di un occhio di riguardo in alcuni contesti della divulgazione ma non c’è stata alcuna chiusura verso il resto del mondo né perdita di onestà intellettuale.
Negli ultimi anni abbiamo anche scelto di biforcare la strada della diffusione: abbiamo un blog con diversi redattori autonomi, tra i quali notevoli critici, che nelle loro rubriche trattano ciò in cui sono specializzati, in modo che il materiale proposto sia sempre di alta qualità, e abbiamo la fanzine/rivista cartacea e online, a uscita annuale, dove facciamo dialogare la poesia e altre arti con l’attualità, non per dare luce ai poeti ma per contestualizzare la poesia nel mondo vero e cercare così di interessare i lettori ed esperire, noi come redattori, forme di crescita intellettuale – cosa che potrebbe sembrare strana ma, visto che, al contrario di altre realtà, non monetizziamo il nostro impegno che è volontario, ci motiviamo e ci paghiamo con l’ampliamento della nostra conoscenza. Proprio essendo volontari e indipendenti, purtroppo abbiamo scarsi mezzi e oggi siamo stati sommersi, appunto, dall’onda proveniente dai cortiletti e dal mercato della piccola e grande editoria quindi la nostra nicchia di utenti si è sempre più assottigliata, invece che allargarsi.
Abbiamo fatto scelte sbagliate tenendoci lontani dalla creazione di PIL e dai centri di potere e rivolgendoci solo alla sete di sapere (e non di visibilità) del nostro utopico target di riferimento? Forse, ma sono scelte sicuramente coerenti, difendibili e resistenti.
Una cosa è certa, se dovessimo stringere gli accordi auspicati da Ferramosca non sarebbe di certo con le realtà da cortiletto, che sono tante, quindi è poco probabile che VR un giorno aderisca a un tale consesso.

Quanto detto subito sopra, su VR, non annulla però, e non si pensi a una contraddizione non voluta, la mia idea, espressa rispondendo a Sinicco, che si debba lavorare per costituire una comunità poetica allargata, transgenerazionale, che pensi alla poesia in modo civile, critico e scevro da individualismi. Dove la critica, la ricerca e l’arte non siano inquinate dal carrierismo e possano formare un proprio indice (qualitativo) che non abbia nulla a che vedere con il PIL. 
Perché in tempi di troppa poesia si deve tornare alla poesia.

Se un manifesto di VR fosse mai esistito, avrebbe recitato la nostra volontà di essere collettività libera e svincolata da interessi economici, ma stretta attorno alla ricerca poetica e umanistica, senza alcun confine dato dall’appartenenza a un genere scrittorio, a una discendenza, a un decennio di nascita o a uno status nel mondo poetico, allo scopo di uscire dall’autoreferenzialità portando buona poesia – criticamente accertata – in grado di scuotere e responsabilizzare le coscienze, di fare memoria, di spalancare mondi – ai lettori.

   

   

Consiglio la lettura di

  • Crescita qualitativa. Per un’economia ecologicamente sostenibile e socialmente equa di Fritjof Capra e Hazel Henderson, Aboca: International Lectures on Nature and Ecology, 2009. ISBN: 9788895642888
  • Respirare. Caos e poesia di Franco «Bifo» Berardi, Luca Sossella Editore, 2019. ISBN: 9788832231076
  • Versante Ripido nr.1 2023 Rumore bianco, KDP https://www.amazon.it/dp/B0BT6YHYPN