Omaggio ad Andrea Zanzotto a cento anni dalla sua nascita, a dieci dalla morte, attraverso i suoi versi. “Il logorante continuo confronto con un inizio”. Una selezione a cura di Silvia Secco. 5
Quinto giorno, Giovedì 14 ottobre
“Forse più vicino a uno scienziato eretico che a un mistico visionario”, Andrea Zanzotto, come scrive Stefano Dal Bianco nel già citato “La religio di Zanzotto tra scienza e poesia” resta nella memoria e nella letteratura poetica vivo per sempre e resta in quanto “testimonianza altissima di un puro interrogare.” “Come Hölderlin, Zanzotto è un “santo”, uno che ha saputo scavare nelle proprie imperfezioni e con l’aiuto della poesia ha saputo rivoltarle in visione superiore delle cose del mondo, in grazia dei bagliori che ha saputo intravedere nel divino della natura o nella natura del divino. Aveva tutti gli strumenti per fare il grande salto. Non lo ha fatto.” “Per amore della poesia, per un amore tutto umano, tutto terrestre, Andrea Zanzotto è rimasto con noi all’inferno. Di questa pusillanimità dobbiamo ringraziarlo”. (Pagg. 73 – 74).
Da Vocativo (1957), Idea
E tutte le cose a me intorno
colgo precorse nell’esistere.
Tiepido verde il nitore dei giorni
occulta, molle li irrora,
d’insetti e uccelli s’agita e scintilla.
Tutto è pieno e sconvolto,
tutto, oscuro, trionfa e si prostra.
Anche per te, mio linguaggio, favilla
e traversia, per sconsolato sonno
per errori e deliqui
per pigrizie profonde inaccessibili,
che ti formasti corrotto e assoluto.
Anche tu mio brevissimo nitore
di cellule mentali, tronco alone
di gridi e di pensieri
imprevisti ed eterni.
Ed esanime il palpito dei frutti
e delle selve e della seta e dei
rivelati capelli di Diana,
del suo felice dolcissimo sesso,
e, agra e vivida, l’arsura
che all’unghie s’intromette ed alle biade
pronte a ferire,
e il mai tacente il mai convinto cuore,
tutto è ricco e perduto
morto e insorgente
tuttavia nella luce
nella mia vana chiarità d’idea.
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